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IL PAGELLONE, Benatia, De Rossi e Gervinho zittiscono le chiacchiere da bar. Ma è Garcia l’eroe della stagione

(di Francesco Balzani – ForzaRoma.info) E’ tempo di bilanci di stagione e dopo quello del primo quadrimestre, ecco le pagelle finali per i protagonisti di una stagione fantastica che ha riportato la Roma in Champions entrando dalla...

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(di Francesco Balzani - ForzaRoma.info) E' tempo di bilanci di stagione e dopo quello del primo quadrimestre, ecco le pagelle finali per i protagonisti di una stagione fantastica che ha riportato la Roma in Champions entrando dalla porta principale.

DE SANCTIS 7,5: E’ lui il portiere meno battuto in Italia, è lui ad aver calmato le onde di una porta lasciata alle burrasche per troppo tempo. Il Pirata è arrivato da Napoli e qualcuno già pensava fosse venuto nella capitale per gustarsi la pensione. Niente di più sbagliato. Morgan ha tenuto la porta giallorossa inviolata per ben 21 partite, nessuno ha fatto di meglio in Europa e nella storia della Roma. E chi se ne frega se in più di un’occasione ha riportato a casa i guanti praticamente immacolati. Un grande portiere non si vede solo dalle parate, ma da come dirige la difesa. E a Trigoria conoscono bene le sue imprecazioni da record di decibel. Impagabile anche nelle dichiarazioni, a tratti sembrava un politico consumato. “Rialzerete la testa, statene certi”, aveva detto il giorno dell’Open Day. E’ stato di parola. Pochi i nei: la papera con l’Atalanta e una disattenzione con la Juve a Torino. Ha concluso con un infortunio e un’operazione che lo rimetterà a nuovo per fine luglio.

SKORUPSKI 6,5: L’unica nota lieta del finale di stagione. Se De Sanctis è il presente, questo polacco dalle spalle larghe è il futuro. Lo ha dimostrato tutte e 4 le volte che è stato chiamato in causa e nella prossima stagione c’è da scommettere che giocherà ancora di più visti i tanti impegni. Ottimo senso della posizione, bravo tra i pali e pronto nelle uscite. In teoria non gli manca nulla.

MAICON 7,5: Volto d’attore, carattere da supereroe. Quando è arrivato c’è chi lo vedeva grasso, chi pensava fosse solo una scommessa e chi aveva già dimenticato che razza di fenomeno era ai tempi dell’Inter (nemmeno troppo lontani) dell’Inter di Mourinho. Ci ha messo poco il Colosso a far ricredere tutti e a consegnare alla Roma quella dose di esperienza e cattiveria mancata nelle ultime due stagioni. Sulla fascia destra è comparso l’asfalto con su scritto il suo nome. Trentuno partite, 2 gol e tanti assist (alcuni mal sfruttati) hanno convinto anche Scolari a portarselo al Mondiale dei Mondiali. Ora la vera scommessa è ritrovarlo così motivato anche dopo il torneo brasiliano.

TOROSIDIS 6,5: La riserva perfetta. Non pretende, non si lamenta e quando scende in campo dà il massimo come un gladiatore nell’arena. Non a casa è nato in Tracia, nelle terre di Spartacus. Impiegato tanto a destra quanto a sinistra, il greco ha alternato prestazioni eccellenti (soprattutto in coppa Italia) a qualche passaggio a vuoto. Ha chiuso la stagione con 2 gol, un assist e la giusta convocazione al Mondiale. Uno così serve sempre.

BENATIA 9: C’è un piazza a Roma, chiamata Piazza della Suburra. Si trova a Rione Monti e lì campeggia il bar più antico del mondo, quello dove una volta si andavano a rinfrescare i gladiatori usciti dal Colosseo. Ce lo immaginiamo lì Mehdi, il gigante venuto dal Marocco. In tutta Roma invece troviamo tanti altri bar (alcuni anche rinomati) dove appena 10 mesi fa tanti presunti esperti di calcio (o meglio di pallone) decretavano: “Ma se ponno spenne 13 milioni per Benatia. Non può gioca co Castan uno così”. Ora quei bar sono mezzi vuoti, e tutti sono corsi a rendere omaggio a Benatia, alla Suburra. Solo Samuel tra i difensori della storia della Roma ha avuto un impatto così devastante tanto da dimenticarsi la faccia di Marquinhos e da attirare le avances di mezza Europa. Un leader vero che ha conquistato il terzo grado da capitano, un difensore completo, un guerriero mai domo capace pure di segnare 5 gol. Resterà? Forse. Sarebbe un rimpianto? Sicuro.

CASTAN 8: Le luci della ribalta se le è prese Benatia, ma sulla stessa linea di trincea c’è un soldato che non si è mai tolto l’elmetto (35 presenze, più di tutti nella Roma) e che ha cancellato con un colpo di spugna la brutta annata con Zeman. Una dimostrazione di come l’assetto tattico cambi il modi di giocare di un difensore che in Sudamerica aveva già vinto tutto e che avrebbe meritato di andare al mondiale. A guardarlo sembra uno dei personaggi del film “Warriors, i guerrieri della notte” ma lui bella figura l’ha fatta anche di giorno. Altro elemento fondamentale dell’annata da record della difesa giallorossa.

TOLOI 6,5: Cinque presenze, qualche complimento e la certezza di aver fatto tutto il possibile per convincere la dirigenza a tenerlo a Roma. Questo ragazzone di origini italiane è arrivato a gennaio su volere di Sabatini che lo voleva già ai tempi del Palermo. Si è dimostrata una buona riserva prendendosi gli applausi dell’Olimpico nella difficile gara contro il Milan, l’ultima vinta dalla Roma in questa stagione. Buon senso della posizione, cattiveria giusta anche se non ruba l’occhio come i due capi servizio della difesa. Non si sa se resterà.

BURDISSO 6: L’ultima del Bandito (ceduto a gennaio) merita almeno una menzione. Anche per lui 5 presenze e la sensazione di essere fuori luogo in un gruppo che l’ha comunque sempre considerato una guida. Ha salutato per giocare di più, buona fortuna.

ROMAGNOLI 7: Lo paragonavano a Nesta, e già era pesante di per sè come paragone. Poi è stato impiegato in un ruolo non suo (terzino di sinistra) in un momento caldissimo della stagione. Alessio da Anzio, 19 anni e poca esperienza in serie A, si è fatto trovare pronto, anzi prontissimo e ha affrontato le curve piegando poco, con lo sguardo sicuro e una semplicità non comune per uno della sua età. Ha sbaragliato la concorrenza di Dodò, ha colpito Garcia, si è guadagnato un posto nella Roma che verrà. Un predestinato. L’unico errore, contro il Napoli in campionato, non è costato il sorpasso degli azzurri.

JEDVAJ 4: Chiariamo subito, tutti lo abbiamo visto poco e quindi il giudizio non è solo tecnico. Ma uno che arriva a Roma, pagato 5 milioni, con la possibilità di sfondare a soli 18 anni e si brucia tutto per qualche uscita di troppo e una indisponenza a tratti irritante è da bacchettare sulle mani e mettere in castigo. Garcia lo ha fatto concedendogli solo l’ultima, inutile partita col Genoa. Deve crescere tanto, lontano dalla capitale per ora.

BALZARETTI 7: E’ banale dire che il suo gol al derby è stata la vera svolta dell’anno? Forse, ma è così. Quelle lacrime, quella corsa sotto la Sud coi capelli al vento sono l’immagine più bella, l’emblema della rivincita. Come dice un proverbio però: “La felicità a volte urla così tanto da svegliare invidia e tristezza”. Federico ha pagato il conto con una maledetta pubalgia che l’ha tenuto fuori per più di metà stagione facendogli saltare pure il mondiale. Non se lo meritava, ma almeno ha mandato di traverso la birra ai laziali.

DODO' 6: Diciotto presenze, due assist e ancora tanti punti interrogativi al cospetto di un terzino che non è ancora un terzino. Come detto lo scorso anno: la tecnica è buona, le motivazioni pure ma gli manca quel qualcosa che Garcia ha provato a dargli riuscendoci solo in parte. Meglio dello scorso anno, ma il ragazzo ancora non è pronto per il grande salto in Champions.

TADDEI 7: Rodrigo entra in punta di piedi, dispensa consigli a bassa voce senza disturbare, tiene alto il morale e  non fa una smorfia per le troppe panchine. Lui che ne ha passate tante con questa maglia, belle e brutte. Poi gli si chiede di tornare protagonista. Dove? Dove serve, come sempre ovvero in ogni zona del campo. Non solo tappa i buchi ma si ritrova a essere l'eroe di fine stagione con due gol e una pazza corsa sotto la curva, forse l'ultima dopo 9 anni. La più bella di certo.

DE ROSSI 8: Altro argomento caldo per i frequentatori di bar dello sport la scorsa estate. C’è chi ne chiedeva la cessione anche per pochi spiccioli, chi con la solita classe ne denigrava vita privata e presunti comportamenti. Daniele ha reagito da campione. Silenzio, sudore, fiducia in Garcia e un’annata quasi perfetta iniziata con la sassata di Livorno che ha dato il via alle 10 vittorie di fila della sua Roma. Una muraglia davanti alla difesa, il vero segreto di un reparto che Capitan Futuro è riuscito a saldare a stagno lontano dalle idee strampalate di asturiani in cerca di gloria e maestri un po’ arrugginiti. Tralasciamo i discorsi retorici sul suo amore per questa maglia (a tanti ormai non interessano), un De Rossi così non si vedeva dai tempi di Spalletti. Ora buon mondiale al fianco di Prandelli che non gli ha perdonato l’unico errore di questa stagione, quello schiaffo a Icardi da evitare.

STROOTMAN 8,5: L’infortunio al ginocchio è servito solo a una cosa: ad evitare che a Roma troppi bambini si chiamassero Kevin. Era dai tempi di Falcao che uno “straniero” non riscuoteva un giudizio così unanime. Strootman è stato l’emblema della rinascita romanista, la lavatrice in grado di pulire non solo i palloni ma l’immagine da sfigati che si era costruita il club negli ultimi anni. A 24 anni è già un top player, l’elemento che ogni allenatore vorrebbe a disposizione, che ogni compagno vorrebbe al suo fianco. Rendimento costante impreziosito da 5 gol e frenato solo da quel maledetto crack del San Paolo. Un immagine? Quello “shut up” a Balotelli, finalmente qualcuno gliel’ha detto.

PJANIC 8: “Toglietemi tutto, ma non Miralem”. Garcia era stato chiaro a inizio stagione e alla fine ha avuto ragione. Dopo due annate così così, il pianista ha tolto i guanti e ha iniziato a suonare sul serio rendendo più leggero un reparto pesante e trasformando in poesia la dura prosa romanista. Un libro, quello scritto da Miralem quest’anno, che ha regalato poche pause e tanti momenti da brividi. 35 pagine (le presenze) e 6 capitoli (i gol). Gli eurogol con Verona e Milan sono da copertina, la firma sul rinnovo da epilogo felice.

NAINGGOLAN 7,5: Quando sbarchi a Civitavecchia dalla Sardegna ti ci vuole un po’ di tempo per ambientarti al clima affascinante ma pesante di Roma. Non per Radja. Arrivato a gennaio come crack del mercato invernale italiano, il belga si è trovato subito a suo agio in un reparto che da lì a breve ha dovuto fare a meno di Strootman. Il tredicesimo cavaliere si è dovuto tramutare immediatamente in titolare inamovibile con quei tatuaggi e quello sguardo orientale che lo fanno assomigliare a un guerriero Inca più che a un Ninja. Ha messo il timbro sulle vittorie di Bologna e Firenze, ha dato il turbo finale alla Roma. Gli contestiamo una cosa sola: usi meno Twitter.

BRADLEY 6: Meriterebbe 10 per aver fatto incassare tutti quei soldi alla Roma e per aver messo a segno quel gol da brividi al Friuli che ha permesso ai suoi di non interrompere la cavalcata da record. L’americano si è dimostrato professionista esemplare, ma di sicuro non ha lasciato rimpianti.

MARQUINHO 5: A Verona ha trovato la sua dimensione, a Roma era inutile. Undici presenze senza mai lasciare il segno, senza mai farci capire in quale cavolo di ruolo si trovava meglio.

GERVINHO 9: Nove gol, non pochi per uno che “non sa calciare”. Dieci assist, tanti per uno “simpatico, ma scarso”. Non si contano invece le centinaia di miglia percorse su e giù per il campo, passate ad ubriacare avversari e rendere ridicole le difese di mezza Italia. L’ivoriano è stata la sorpresa più eclatante di questo campionato dimostrandosi calciatore atipico, d’altri tempi. Rasta al vento, fronte alta e passo Raeggae Gervinho ha risolto gran parte delle gare della Roma e restituito la fiducia al maestro Garcia. Inamovibile, inimitabile. E’ unico, anche quando sbaglia i gol e quando inciampa. Un Paperoga con la cattiveria di Gamba di Legno.

DESTRO 7,5: Tredici gol in 19 partite è una media da bomber di razza, e se sono così “pochi” è solo per colpa di un maledetto infortunio che lo ha tenuto ai box 4 mesi e di una squalifica assurda (rimediata proprio nel giorno della sua prima tripletta in serie A) che gli ha impedito di giocare 4 partite. Mattia si è rialzato da terra, ha rimesso gli scarpini i piedi e ha iniziato subito a segnare (alla Fiorentina) per non fermarsi più e correre fino a Coverciano. Finito l’elogio, passiamo alle critiche. I numeri sono dalla sua, ma troppo spesso si ha la sensazione di vedere uno studente con tante qualità e ancora poca voglia di sfondare. Deve diventare più cattivo, più “Inzaghi”. Pronto per la Champions? Forse sì, ma per non rischiare affianchiamogli un altro attaccante.

TOTTI 8,5: Quando pensi di aver visto tutto, arriva lui. Che ci stupisce da più di 20 anni, che ci sperare nell’immortalità. Nell’anno in cui si ritira un’altra bandiera come Zanetti, lui resta lì al suo posto e non per riconoscenza. Il capitano ha dimostrato ancora una volta di essere fondamentale per gli equilibri di una squadra che senza di lui in qualche occasione è andata in affanno. Trequartista (miglior assistman di stagione), centrocampista (ricordate l’avvio del terzo gol contro l’Inter?), attaccante (8 gol). Ha fatto tutto neanche avesse 18 anni. Ha staccato Nordhal, ha raggiunto Del Piero e messo in saccoccia il settimo secondo posto di una carriera tanto bella quanto sfortunata. Prandelli capirà di aver sbagliato, e in quel preciso istante qualcuno riderà. Gli è mancata solo la doppia cifra, colpa di quel maledetto infortunio al gluteo.

LJAJIC 6: Arrivato a Roma all’ultimo istante per sostituire Lamela, il serbo si è presentato subito bene per poi eclissarsi e finire spesso e volentieri tra le riserve. Sei gol e 5 assist non è roba da buttare via, ma spesso a vederlo l’impressione è che sia lui a buttare al vento tanto di quel talento che gli basterebbe per diventare uno dei migliori giocatori del nostro campionato. La faccia cupa con cui entra a Napoli, in una delle gare più importanti dell’anno evidenzia una maturità ancora non acquisita. Verso la fine si è ripreso, segno che la cura del bastone e carota di Garcia funziona. Ora vuole giocare o va via, beh a Roma si è pianto per molto meno.

BASTOS 5,5: Quando a gennaio Ghoulam finì al Napoli e Bastos alla Roma, tutti celebrano l’ennesimo colpo di Sabatini. Stavolta però la sensazione è che sarebbe stato molto più utile il terzino francese. Bastos, infatti, è arrivato da un campionato dove a pallone giocano anche i dilettanti e la differenza con il calcio vero si è vista lasciandoci solo una fotocopia scolorita del gran giocatore che fu. Terzino, centrocampista, ala: il brasiliano non ha mai trovato collocazione in campo e il suo unico lampo è stato il gol di Reggio Emilia al Sassuolo. Un po’ poco per sperare di restare.

FLORENZI 7,5: Un corridore da 100 metri più che da maratona. Alessandro parte fortissimo anche in questa stagione e a metà annata è uno dei capocannonieri della Roma oltre ad essere uno dei più impiegati da Garcia. Proprio come con Zeman però l’esterno di Vitinia per il troppo sacrificio consuma l’ossigeno nelle bombole e finisce in calo. L’ultima gioia è quel gol a tempo scaduto al Torino sotto la Sud, la più bella quella rovesciata al Genoa celebrata come migliore rete dell’anno. Meritava di essere almeno tra i 30 di Prandelli, ma forse è meglio così. Può tirare il fiato per ripartire a razzo il prossimo anno.

BORRIELLO 6: E’ suo il gol da record contro il Chievo. Unica gioia per quest’attaccante stimato da tanti, ma che ultimamente riesce a incidere poco. Tornerà tra un mese dopo un’esperienza negativa a Londra, chissà stavolta che fine farà.

RICCI 6,5: Garcia lo ha sempre nominato segno che il giocatore c’è, lui ha lavorato in silenzio cercando di rubare segreti e consigli ai compagni più grandi e facendosi trovare pronto quando è stato impiegato (con Atalanta e Genoa). L’amicizia con Gervinho è tra le stranezze più simpatiche di quest’anno. Un anno in prestito per testarne le qualità potrebbe servire.

GARCIA 10: Fenomeno. In campo, davanti ai microfoni, tra i tifosi, nello spogliatoio, sul mercato. Il francese più amato de Noantri è arrivato sulle note di un Porompompero da mani tra i capelli ed è uscito dall’Olimpico con la musica dell’Aida. Da vincente. Dopo aver messo al bando i contestatori e difeso anche chi era indifendibile (Osvaldo), ha rigenerato una squadra al tappeto convincendo De Rossi e Pjanic a restare, Totti a stupire ancora e i nuovi a farsi da trascinatori. Poi ha “rimesso la Chiesa al centro del Villaggio”, superato il super Napoli di Benitez, infranto record e dubbi della piazza generando un’empatia con l’ambiente che non si respirava da anni, forse da mai. La folle corsa alla Juve si è interrotta per la manifesta superiorità bianconera e per qualche aiutino nemmeno troppo inaspettato. Anche la guerra dialettica con gli avversari si è sempre rivelata intelligente e la gestione dello spogliatoio ha raccolto ovazioni da primato. Lunga vita a Rudi, alla Roma chiaramente.