Condanna confermata e rinvio ad una diversa Corte d'Appello di Milano solo per la rideterminazione della pena accessoria, ovvero la durata delll'interdizione dai pubblici uffici. Silvio Berlusconi non esce vincitore dalla sentenza pronunciata al Palazzo di Giustizia di Roma: viene rigettato il suo ricorso e di conseguenza confermata la condanna per frode fiscale. Ma per il momento non viene tagliato fuori dalla politica attiva: un piccolo contentino che tuttavia non influirà sulla sentenza di colpevolezza. I giudici della Suprema Corte, dopo circa sette ore di camera di consiglio, hanno dunque avallato il doppio pronunciamento con cui il patron dell'azienda del Biscione è stato ritenuto il deus ex machina dell'azienda e, in quanto tale, il responsabile e l'ideatore del sistema di frode fiscale legato all'acquisizione di diritti tv dagli Stati Uniti. Confermata anche la condanna degli altri imputati.
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Berlusconi, confermata la condanna “Interdizione da ridefinire”
Condanna confermata e rinvio ad una diversa Corte d’Appello di Milano solo per la rideterminazione
LA NUOVA UDIENZA - La corte d'Appello di Milano dovrà essere dunque riconvocata (in una diversa sezione rispetto a quella che si è espressa due mesi fa) ma solo per definire una nuova durata dell'interdizione dei pubblici uffici, sostanzialmente dell'impossibilità di fare ancora politica attiva, che in prima istanza era stata determinata in 5 anni. La decisione dei giudici era stata in qualche modo preannunciata e lo stesso pg aveva fatto notare l'anomalia dei 5 anni inflitti in secondo grado, perché per questo tipo di reato la pena accessoria prevede un periodo che varia da uno a tre anni. Il leader del Pdl era stato condannato lo scorso 8 maggio in appello a 4 anni di reclusione per frode fiscale e, appunto, a 5 di interdizione dai pubblici uffici.
ACCUSA E DIFESA - La settimana è stata caratterizzata dal match finale in Cassazione. Mercoledì era stata la giornata delle difese. Il professor Franco Coppi e l'avvocato e deputato Niccolò Ghedini hanno chiesto l'assoluzione di Berlusconi e hanno contestato l'esistenza stessa del reato. Martedì invece il procuratore Antonio Mura, dopo aver definito l'ex premier «l'ideatore del meccanismo delle frodi fiscali», aveva chiesto il rigetto dei ricorsi delle difese degli imputati (e quindi la conferma delle condanne).
IL PDL - La tensione sul caso Mediaset, al di là delle dichiarazioni di circostanza, è altissima. Nel Pdl i «falchi» minacciano «riflessi» sulla tenuta del governo; le «colombe» assicurano che «ripercussioni non ce ne saranno» e rilanciano la palla nel campo del Pd. «Berlusconi ha fatto delle dichiarazioni molto esplicite su quale sarebbe stato il suo comportamento in caso di condanna, anche se chi lo circonda, secondo me danneggiandolo, ha invece detto esattamente il contrario, "faremo saltare tutto, andremo via dal Parlamento": mi pare francamente poco accettabile» dice Gaetano Pecorella, ex avvocato di Berlusconi ed ex parlamentare Pdl, ai microfoni di Radio Città Futura.
IL PD - Il Partito democratico rifiuta la polemica diretta con il Pdl, preferendo attendere il verdetto della Cassazione. «Ci aspettiamo che qualunque sia il verdetto il Pdl rimanga concentrato sulle priorità del Paese e non sulle vicende di una persona, anche se è il suo leader. A nessuno serve ribaltare il tavolo, pagherebbe il Paese», commenta tra gli altri il viceministro dell'Economia Stefano Fassina, intervistato daRadio Capital, dicendosi anche «fiducioso che il governo vada avanti».
FONTE: corriere.it
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