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(repubblica.it- A.Pontani) Se qualcuno ancora non se n’era accorto, beh, ieri ha capito.

Redazione

(repubblica.it- A.Pontani) Se qualcuno ancora non se n'era accorto, beh, ieri ha capito.

Tutti hanno capito com'è ridotto il calcio, e finalmente non sembra più normale, o almeno non troppo, che chi lo organizza, gestisce, indirizza possa fare scempio quotidiano anche delle più elementari regole civili.

Il ridicolo di cui ieri parlava Franco Baldini, a proposito delle oscene liti scoppiate sul recupero della giornata saltata per lutto, è molto più che una nuova fermata nel viaggio insensato che la Lega calcio ha intrapreso da mesi, da anni, da quando ha tutto cancellato in nome dei soldi, peraltro una montagna di soldi spesi talmente male da portare le squadre italiane nella periferia dell'Europa. Quell'accapigliarsi scalmanato in nome di miserabili interessi, non si capisce se sportivi (meglio giocare prima con questo che con quello) o economici (meglio non infastidire la tv che vuole quel posticipo invece di quello) è il capolinea di un gruppo che ha smarrito il senso della realtà, che non è più in grado di aprire gli occhi, guardarsi in torno, capire che il mondo di cui si credono e sentono padroni è ormai nauseato. Da loro.

E' un capolinea morale, certo: la zuffa sulle spoglie dell'eroe morto, qualcosa che da millenni l'uomo ha messo al bando, codificandone l'inumanità. Ma è anche il capolinea di un'organizzazione, la Lega calcio, non soltanto delegittimata, come ha detto Baldini, ma ormai dissolta, inesistente, grottesca. E soprattutto senza un capo, a meno di non voler continuare a raccontare alla gente che Maurizio Beretta è davvero un capo: un signore che in cambio dei 30 mila euro al mese che riceve accetta l'umiliazione di non essere neppure consultato quando qualcun altro decide di sospendere il campionato che teoricamente lui organizza, un signore incapace di prendere un decisione che eviti la devastante figura fatta ieri, un signore che sta lì esattamente far fare ciò che fa: niente. In modo che gli altri, i padroni dei club, possano spartirsi soldi, spazi, potere a proprio piacimento, senza regole, controllo, criterio altro che non sia l'arroganza. Ci diranno che no, che è stato un equivoco, che figuriamoci, che tutti erano disponibili a trovare un accordo su come recuperare la giornata, che è stata solo una questione tecnica, che sarà onorata la memoria di Morosini e che il calcio si unirà per ricordarlo al meglio e aiutare la famiglia. Non importa, non serve, è troppo tardi. Basta quello che è successo domenica per rendere l'idea dell'abisso, con l'Italia che piangeva, in tutta Europa si giocava con lutto, e loro si telefonavano urlando per guadagnare qualcosina dalla situazione: un infortunato recuperato, una squalifica da scontare contro un avversario più debole, una manciata di punti di audience da garantire alla pay tv, tre ore di riposo in più rispetto alla rivale. Piccole miserie da sbrigare, prima di andare tutti ai funerali di Morosini, con i loro vestiti di buon taglio e gli occhiali scuri. Ecco, l'abisso.

Abete e Petrucci ci dicano se si può sperare di cominciare a tirarcene fuori, magari evitando le solite frasi di circostanza del genere: la Lega è una grande organizzazione che saprà trovare un accordo collegiale.

Perché l'unica cosa sensata da dire oggi andrebbe detta a Beretta: grazie, è ora. Vattene.