(Panorama) A Parigi non c'era calcio e ora c'è più del calcio. Carlo Ancelotti in panchina, Leonardo (al secolo Leonardo Nascimento de Araújo) a fare il mercato, 10 giocatori comprati in un anno, un centinaio di milioni spesi davvero e altrettanti solo sui titoli dei giornali.
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Panorama: Dietro l’acquisto del Paris Saint Germain c’è una strategia precisa di Sarkozy
(Panorama) A Parigi non c’era calcio e ora c’è più del calcio. Carlo Ancelotti in panchina, Leonardo (al secolo Leonardo Nascimento de Araújo) a fare il mercato, 10 giocatori comprati in un anno, un centinaio di milioni spesi...
I nomi di David Beckham, Kaká, Alexandre Pato, Carlos Tevez, trattative, sondaggi, offerte, proposte. Non è solo pallone: dietro al Paris Saint-Germain e ai suoi movimenti di quest'ultimo anno ruota un bel pezzo di potere francese.
Questa è una storia che fa dello sport qualcos'altro. C'è una strategia precisa, intorno al Psg: sport, affari, politica, diplomazia, relazioni internazionali. Tutto intrecciato e tutto interconnesso. Perché mai uno sceicco che ha tanta liquidità, Tamim bin Hamad al-Thani, avrebbe dovuto investire in un calcio minore come quello francese? Parigi era l'unica capitale d'Europa a non avere una squadra di livello internazionale. Il Paris Saint-Germain è l'unica di una metropoli europea a non essere da Champions league. Qui lo sport c'entra fino a un certo punto. C'entra a parole, c'entra come diversivo. È un cavallo di Troia. Il disegno è chiaro, adesso: il Psg deve diventare un top team per portare Parigi a sedersi al tavolo del potere sportivo europeo. Serve alla città, serve alla Francia, serve all'Eliseo, serve alla rete di rapporti che il presidente Nicolas Sarkozy vuole stringere sempre più. Serve a concretizzare uno scenario che ha come obiettivo quello di portare una coppa al Parco dei principi. Il calcio è un palcoscenico, i soldi permettono di comprare gli attori.
Ecco, allora: il Psg era in vendita e a comprarlo, alla fine della scorsa primavera, fu la Qatar sport investment (Qsi), braccio sportivo del fondo sovrano del Qatar fondato nel 2005 dallo sceicco al-Thani, principe ereditario di questo piccolo emirato affacciato sul Golfo con 1,7 milioni di abitanti. Ricchissimo il suo fondo, ricchissimo il suo paese, ricchissimo lui, che in Francia è di casa: Tamim fu il leader straniero a essere invitato a Parigi subito dopo l'elezione all'Eliseo di Sarkozy. Leader, neanche capo di stato: a guidare il paese è suo padre, lui sarà il successore perché suo fratello più grande ha rinunciato al trono. Ecco, un erede all'Eliseo prima di Hosni Mubarak, prima di re Abdallah di Giordania, colonne portanti della politica araba di Jacques Chirac. Non fu una scelta casuale né il frutto di un caso. C'è che Sarkozy voleva dimostrare al mondo quali fossero i suoi rapporti privilegiati. Per ribadirlo un anno fa al-Thani fu nominato dall'Eliseo grande ufficiale della Legion d'onore. Non è strano, quindi, che qualche mese dopo sia diventato il proprietario del Psg: 50 milioni di euro in contanti per comprare il 70 per cento del club, altri 85 per la prima campagna acquisti (la metà dei quali spesi per prendere dal Palermo Javier Pastore, acquisto più costoso della storia del calcio francese).
L'idea è semplice: inondare di denaro un campionato che finora non aveva grandi risorse e così prendere i migliori per vincere, arrivare in Champions e contare. E Sarkò? Il presidente ha benedetto tutto: tifoso del Paris Saint-Germain e soprattutto interessato a stringere ancora di più la sua alleanza con il Qatar, tanto da sfiorare la crisi di governo quando la ministra dello Sport, Chantal Jouanno, criticò l'ingresso dell'emirato nel club parigino. Le cronache di quei giorni raccontano di un Sarkò infuriato con Jouanno al punto da arrivare a sventolarle in faccia lo spettro delle dimissioni. Libération ha scritto: «Il presidente è il 12° uomo del Psg». Il suo ruolo nell'acquisizione è sempre stato negato dall'Eliseo, ma i suoi consiglieri hanno comunque fatto capire che Sarkò non è stato indifferente all'operazione: «Certo che il presidente ha seguito da vicino la trattativa. Anzitutto perché si tratta di uno stato straniero che investe in Francia, e poi perché lui è un tifoso» disse Frank Louvrier, uno dei suoi consiglieri. «Il presidente ha incontrato più volte al-Thani prima che l'accordo fosse concluso. Se ci sono fondi stranieri che possono aiutare lo sport, lui è favorevole». Padrino, insomma.
D'altronde, secondo molti Sarkozy sarebbe stato molto attivo anche nei giorni in cui il Qatar cercava di ottenere dalla Fifa l'organizzazione dei Mondiali del 2022. Secondo il mensile Sofoot, il presidente francese si sarebbe speso parecchio per caldeggiare la candidatura del Qatar: a novembre 2010 avrebbe convocato con lo sceicco Tamim anche il presidente dell'Uefa, Michel Platini, per chiedergli di superare le sue diffidenze. Smentite le pressioni, ovviamente. Mai smentito l'incontro, però. Si videro tutti e tre, a Parigi. Mister Qatar da un lato, mister calcio europeo dall'altro, Sarkozy in mezzo. E a distanza di pochi giorni da quell'appuntamento il Qatar ottenne l'assegnazione del mondiale. Coincidenze... Come il resto, per esempio il fatto che molti gruppi imprenditoriali francesi (da Alcatel a Le Meridien, ad Accor, quello di Sofitel e Novotel) saranno coinvolti nel grande business legato all'organizzazione del primo mondiale arabo. O come i rapporti sempre più stretti fra Doha e Parigi. In Libia, nella guerra di Sarkò, per esempio, il Qatar è stato l'unico paese arabo coinvolto. I suoi aerei partivano per i raid con quelli della Nato. E che aerei erano? Mirage, ovviamente, francesi. Affari e diplomazia, quindi. Come sempre, come per il più importante settore dell'economia qatariota: il gas. Le infrastrutture per lo sfruttamento degli immensi giacimenti naturali sono in mano a due società, una è giapponese, l'altra è la francese Technip. Nodi su nodi. Con il calcio a fare da ponte. Il Paris Saint-Germain è quindi un dettaglio di una partita molto più ampia.
Un dettaglio importante: è la squadra che conta più tifosi celebri in Francia. I salotti parigini sono entusiasti della nuova proprietà araba: è ricca, è illuminata, è detestata dal Front national di Marine Le Pen, quindi per la proprietà transitiva dev'essere amata per forza persino dalla Parigi radical chic. Quella che non ama per niente Sarkò ma che vive con terrore l'avanzare nel sud del paese della destra più dura incarnata da Le Pen. Soprattutto, comunque, i nuovi padroni del Psg piacciono perché investono: il contratto con cui hanno portato a Parigi Ancelotti poche settimane fa ne è la prova. L'assalto fallito al milanista Pato ne è un'altra. A volte non importa riuscire, basta essere protagonisti. E quest'anno il Paris Saint-Germain lo è: si trascina un pezzo di Francia, tutto il Qatar e l'intreccio che ne consegue. Dietro la squadra c'è un mondo, riguarda anche la tv. L'asta per i diritti del campionato di Ligue 1, la serie A francese, se li è aggiudicati quest'anno Al-Jazeera, emittente del Qatar, un network sempre più forte a livello planetario. Altri 90 milioni di euro sganciati per prendersi un altro pezzo di Francia. Novanta milioni per un campionato che vale meno adesso, ma che in prospettiva dovrebbe essere molto più prezioso. Un investimento sicuro. Garantito, dice qualcuno. Da chi?
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