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Fallimento Dahlia, cause e soluzioni

Perché si chiamano diritti televisivi? Tanto per cominciare sarebbe opportuno modificarne la denominazione. Diritti per chi? Non certo per gli utenti.

Redazione

"Perché si chiamano diritti televisivi? Tanto per cominciare sarebbe opportuno modificarne la denominazione. Diritti per chi? Non certo per gli utenti.

Da oligarchia a bipolarismo, sembrerebbe questo l'esito del fallimento di Dahlia Tv che è stata costretta a oscurare i canali del digitale terrestre a 600mila abbonati di cui 270 mila a squadre di serie A, e a mandare in cassa integrazione 150 dipendenti della Filmmaster.Ancor più triste l'epilogo per i 25 lavoratori dell'indotto che ruotava attorno a Dahlia Tv: si tratta di dipendenti che non godono di nessuna tutela contrattuale e non potranno usufruire nemmeno del palliativo della cassa integrazione. Fatali 50 mila mancati abbonamenti che avrebbero consentito alla piattaforma digitale di chiudere il bilancio annuale in pareggio ed eludere il rischio fallimento. Invece il 10 Gennaio scorso la società che faceva capo a un gruppo svedese, Airplus, è stata messa in liquidazione fino alla scadenza del termine ultimo fissata per il 24 febbraio.

Dahlia Tv, che garantiva la visione di tutte le gare di otto squadre di serie A, Cagliari, Catania, Cesena, Chievo, Lecce, Parma, Sampdoria e Udinese e il meglio della serie B, aveva perso per strada due importanti veicoli trainanti: Palermo e Fiorentina, che fino alla stagione 2009-2010 rientravano tra le squadre assegnate alla piattaforma digitale svedese. Alla fine il 12-8 a favore della concorrente Mediaset Premium, che oltretutto vanta dalla sua Inter, Milan, Juventus, Roma e Napoli, ha sancito il fallimento senza diritto di replica per Dahlia.

 

"L'oligopolio ha lasciato spazio a un duopolio, almeno in apparenza. Ma se distinguiamo tra tv satellitare, leggasi Sky, e digitale terrestre, si potrebbe davvero parlare di monopolio assoluto nell'immediato futuro. Il gruppo RTI, in altri termini Mediaset Premium, è interessato a rilevare il pacchetto azionario di Dahlia Tv e sembra in vantaggio sulle concorrenti, Europa 7 e Imove. L'offerta in busta chiusa che potrebbe determinare l'acquisto del pacchetto, sarà basata su un gioco al ribasso. Da quest'anno la vendita dei diritti televisivi non è stata trattata dai singoli club ma è finita in mano alla Lega Calcio. La dicotomia centralizzazione – decentralizzazione, è una vecchia questione di difficile risoluzione. La Lega Calcio distribuisce i proventi derivanti dalla ripartizione dei diritti televisivi, centralizzando il sistema di vendita che fino allo scorso anno veniva gestito individualmente (decentralizzazione) dai club, chiamati a negoziavare direttamente coi network televisivi. La svolta epica della vendita collettiva ha suscitato il malcontento dei grandi club, appagati dalla 'Legge Melandri' con una fetta del 30% degli introiti in base al bacino di utenza.

"Ai problemi che il presidente della Lega Calcio, Maurizio Berretta, deve fronteggiare quotidianamente per mediare tra club blasonati che rivendicano un trattamento ad hoc e provinciali che predicano uguaglianza. si è aggiunto il caso – Dahlia, non proprio un fulmine a ciel sereno... Che tradotto in cifre significa 23 milioni di euro in meno per le otto società di A che avevano stipulato un contratto con la suddetta piattaforma digitale. Una grana in più da risolvere in tempi brevi e cercando di non ledere nessuna delle parti in causa. L'idea più suggestiva era quella di attuare una soluzione interna: una piattaforma digitale gestita direttamente dalla Lega di serie A. Ma in Italia le buone idee vanno a morire ancor prima di nascere e, complice l'ingombrante questione dei diritti della serie B, la Lega di A si è tirata indietro.

"Airplus, gruppo svedese che aveva rilevato il 7 marzo 2009 il pacchetto azionario detenuto da La7 Cartapiù, ha cercato di sanare la voragine, contribuendo con 100 milioni di euro ma per procedere a una effettiva ricapitalizzazione, attendeva il salvagente di Telecom Italia Media, società che aveva in mano il 10% delle azioni di Dahlia e avrebbe dovuto partecipare attivamente al riassetto economico, versando una cifra vicina ai 90 milioni di euro. Telecom Italia Media non se l'è sentita di accollarsi il piano di salvataggio e le trattative tra Filippo Chiusano, amministratore delegato di Made e azionista di Dahlia, ha scaricato sulla società commerciale le colpe del fallimento, dovuto sia al mancato 'salvagente' che alla gestione precedente, basata su costi esorbitanti per la concessione della banda trasmissiva. Ovviamente a farne le spese sono gli onesti cittadini che avevano effettuato un investimento annuale, sottoscrivendo un abbonamento. La cessazione dell' attività di un'impresa comporta una declinazione da ogni responsabilità economica, in termini di risarcimento, nei confronti degli utenti abbonati. L'amministratore delegato di TI Media, Giovanni Stella, dichiarò che la società avrebbe rimpiazzato Dahlia trovando altri clienti quando il crac finanziario era ancora in fieri.

"Ma ad oggi la situazione è piuttosto controversa. Osservando superficialmente la situazione, la soluzione sembrerebbe dietro l'angolo: Mediaset pregusta la possibilità di acquisire i diritti della serie B e delle otto squadre di A, approfittando dei 'saldi di stagione'.Ma se per i diritti del campionato cadetto, che Dahlia deteneva in esclusiva, la trattativa sembra più agevole, il discorso per la serie A è molto più ingarbugliato di quanto sembri.Se RTI acquistasse i diritti televisivi delle fantomatiche otto squadre 'oscurate' a cifre irrisorie, potrebbe abbattersi l' ira di Sky sul 'Biscione'. Il magnate australiano Rupert Murdoch, proprietario della piattaforma televisiva satellitare, ha acquisito i diritti di serie A, B e Champions League a cifre da capogiro (1149 milioni di euro per il prossimo biennio), ben più elevate di quelle che si appresta a sborsare il gruppo RTI. La Lega Calcio ha già tanti problemi e se dovesse accettare la proposta di Mediaset, potrebbe incorrere in una vera e propria rivolta da parte di Sky. Una soluzione senza ombra di dubbio più democratica, sarebbe quella percorribile da TI Media, che potrebbe conservare i multiplex di Dahlia, cioè il sistema di diffusione di segnali televisivi digitali, e ripartire con una nuova piattaforma. Al di là della controversa questione, dei milioni di milioni di euro, delle grandi imprese e della Lega, alla gente interessa una sola equazione composta da tre dolorosi elementi: abbonamento a inizio stagione, soldi spesi e canali oscurati. La realtà è questa e purtroppo la soluzione appare lontana. Diritti...Alla gente “d'Idahlia' questo vocabolo non è concesso.

"(itasportpress.it)