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Coronavirus, Boniek: “Il taglio stipendi deve essere naturale. Ripresa? Ognuno pensa per sé”

L'ex giallorosso: "Il fair play finanziario allunga le distanze tra club forti e deboli. Il calcio fa parte della vita quotidiana, è una macchina che produce denaro. Dovrà riprendere anche lui"

Redazione

L'ex giallorosso e ora presidente della Federcalcio polacca, Zibi Boniek, è stato intervistato ai microfoni di Centrosuonosport, rilasciando dichiarazioni in merito all'emergenza coronavirus, le possibili soluzioni al problema e il suo impatto sul mondo del calcio. Di seguito le sue parole.

In Polonia le cose sembrano andar meglio?

In confronto all’Italia siamo con pochi morti e pochi casi. Il nostro governo con molto anticipo ha fatto rigide leggi: hanno chiuso tutto in anticipo. I casi ci sono sempre di più ma riusciamo a controllarli. E questo è molto importante. Anche noi poi abbiamo un limite di respiratori e di posti per accogliere i pazienti. Non bisogna oltrepassare la soglia. Finché non tocca ai nostri familiari guardiamo la situazione con distanza, ma ho amici a Bergamo che mi raccontano cose terribili.

Il calcio deve ricominciare per evitare il tracollo finanziario?

Il calcio fa parte della vita quotidiana. E’ una macchina che produce denaro. La vita deve ricominciare per tutti e anche per il calcio. Il dilemma ora è: come riprendere la vita dopo il coronavirus? Finché non trovano il vaccino ci sarà sempre un piccolo fuoco che non si spegne. Dobbiamo trovare le regole per poter vivere insieme a questo virus. Quanto tempo pensi che possiamo rimanere chiusi?

E che soluzione si trova? Stadi chiusi?

Sarebbe già un grossissimo vantaggio. Siamo un organizzazione straordinaria, poi se dal punto di vista ambientale si possono radunare le persone sarebbe bello giocare con i tifosi. Le perdite ci sarebbero comunque. Per ritornare come prima ci vogliono anni. Se io entro in un ascensore mi giro perché ho paura che gli altri con me siano infetti. Ci vogliono anni per poter ricominciare da dove eravamo rimasti.

Per quanto riguarda il campionato italiano, i dirigenti parlano di riprendere subito con partite compresse.

E’ chiaro che qua ognuno pensa per sé. Chi gestisce queste situazioni non deve avere il pensiero rivolto a una società o a una squadra: è chiaro che la Lazio vuole riprendere per vincere lo scudetto. Nella nostra federazione abbiamo deciso che si può giocare fino al 28 giugno. Giocare a luglio o agosto non serve, a questo punto si ricomincia un altro campionato. Bisogna capire perché le società vogliono prolungare campionati e leghe, perché così possono evitare le perdite di diritti televisi, marketing etc. Il grosso guaio è che tutti speculano.

La Uefa?

La Uefa se potesse anche a luglio finire le coppe lo farebbe ben volentieri e hanno ragione. Torniamo al discorso terra terra, tutti cercano di uscire da questa crisi, che si è trasformata in un grossissimo problema economico e finanziario. Anche per questo si cerca di finire le competizioni.

Lei crede sia giusto il taglio stipendi dei calciatori?

Non lo so, non ho un’idea chiara. Qua si può fare tutto. I calciatori sono una razza rivilegiata, con i loro ingaggi mi sembra un atto dovuto tagliare. Loro dovrebbero essere i primi a capire. Una società vive grazie ai tifosi e alla realtà che gira intorno. Tagliare mi sembra normale per salvaguardare la tua azienda. Gente che viene cacciata tutti i giorni avrebbe pagato per tagliare qualcosa ma continuare a lavorare. Per me il solo errore è trovare una legge, questa dovrebbe essere una cosa che viene naturale. Non si può fare una legge ad hoc: non si può abbassare in Serie C il 50% degli stipendi come in Serie A. Bisogna trovare una soluzione amichevole e condivisa. Diventa sennò difficile dal punto di vista giuridico. Anche con tutte le aziende che rinunciano alle sponsorizzazioni all’improvviso, ci sarà una battaglia legale immensa alla fine della crisi sanitaria.

Si possono allargare le maglie del fair play finanziario con le difficoltà?

Non ho mai capito come funziona questo fair play. Quando se ne parla io mi giro e non sento. Se io sono proprietario di una società, la guido bene e poi mi viene a trovare il fisco è difficile. Capisco che è un’idea giusta, non la critico, ma preferisco parlare di altri argomenti di cui ho conoscienza. Alla fine il fair play finanziario allunga le distanze tra i forti e i deboli. Se io ho una società come la Roma e voglio diventare come il Barca ecco allora che trovo maggiori difficoltà ad emergere.

E se ti chiamassero come dirigente, amministratore delegato o per un ruolo operativo nella Roma?

Vedo che avete ancora le idee confuse, quando le avete messe a posto ci risentiamo (ride, ndr).