Una lettera aperta ai ministri Gualtieri e Franceschini e al Presidente del Consiglio Conte, con l'obiettivo di sollecitare un intervento mirato sul rifacimento degli impianti sportivi. Coni, FIGC e Lega Calcio, attraverso il messaggio congiunto dei loro massimi rappresentati Gianni Malagò, Gabriele Gravina e Paolo Dal Pino, hanno sollevato ancora una volta il delicato tema degli stadi. La questione dell'iter burocratico eccessivamente lungo è stata certamente tra quelle sottolineate con maggior forza, così come il tema del confronto impietoso con la modernità e la velocità di edificazione degli impianti sportivi nel resto d'Europa.
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Coni, FIGC e Lega scrivono allo Stato: “Rifacciamo gli stadi, con Europa confronto impietoso”
L'appello di Malagò, Dal Pino e Gravina: "Le case dei nostri tifosi non sono più accoglienti"
Di seguito, i punti salienti della lettera: "Dobbiamo evidenziare e denunciare lo stato obsoleto e carente delle infrastrutture sportive del nostro Paese, imparagonabili rispetto agli stadi presenti in Europa. Il confronto con il contesto europeo è impietoso, l’Italia si pone alle spalle di Inghilterra, Germania e Spagna in termini di ricavi medi da gare, spettatori, modernità degli impianti, numero di nuovi stadi costruiti negli ultimi vent’anni.
Le case per i nostri tifosi non sono più accoglienti, necessitano di un rinnovamento profondo non più procrastinabile e richiesto a gran voce da molte società, fermate da una burocrazia che impedisce loro di investire e rinnovare, anche a beneficio dell’intero sistema sportivo italiano. I tempi medi per ottenere l’autorizzazione ad erigere un nuovo impianto in Italia variano tra gli 8-10 anni, dato sensibilmente superiore rispetto al benchmark europeo che si attesta a 2-3 anni".
Presente nel documento anche una sezione, con relativi dati, contenente le richieste avanzate al Governo: "E' necessario ridurre il numero di autorità competenti coinvolte nel processo autorizzativo, attualmente 6, allineandoci alle best practice di mercato (in Germania, vengono coinvolte 1/2 autorità a seconda dei casi); comprimere il numero di fasi previste dall’iter autorizzativo, attualmente 7, avvicinandoci alle best practice europee (sempre in Germania, 2 fasi) o alla media europea (5 fasi); rimuovere i vincoli legislativi relativi alla destinazione d’uso delle strutture, in particolare per quanto riguarda il divieto ex-ante di prevedere opere residenziali (limite presente esclusivamente in Italia)”.
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