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Calcioscommesse, Pesoli: “Il mio gesto di protesta non è servito a nulla”

Intervenuto ai microfoni di Teleradiostereo Pesoli, il difensore del Siena, che nei giorni scorsi si era incatenato davanti alla Figc a seguito della squalifica per il Calcioscommesse, ha detto:

Redazione

Intervenuto ai microfoni di Teleradiostereo Pesoli, il difensore del Siena, che nei giorni scorsi si era incatenato davanti alla Figc a seguito della squalifica per il Calcioscommesse, ha detto:"Sono tornato da ieri a casa sotto consiglio dei medici. Ringrazio la mia famiglia e miei amici che mi hanno sostenuto, ma purtroppo il mio gesto di protesta non è servito a niente. Io chiedevo un confronto con palazzi, con Carobbio e con chi mi accusa, ma ho avuto solo la possibilità di parlare con Abete (domani ndr) e di ricevere l'appoggio di Albertini e Valentini della Figc"

"Una volta risposi ad una telefonata che poi ho scoperto essere Gervasoni, nella quale voleva sapere nella gara Varese-Piacenza chi avrebbe giocato, se avremmo giocato alla morte ed una serie di domande strane..."

E i contatti con Carobbio?

"Inventati. Palazzi ritenendo Gervasoni e Carobbio attendibili, ha creduto a quanto gli hanno detto, ossia che io abbia chiesto a Gervasoni chi potesse essere utile, del Siena, per combinare la partita. Gervasoni mi avrebbe dato il contatto con Carobbio, che io avrei contattato. E Carobbio mi avrebbe detto detto che non era possibile combinare Siena-Varese. Cose completamente inventate".

Secondo te perché Gervasoni ti ha tirato dentro?

"Potrei pensare a una sua vendetta, una volta che capì che non avrebbe con me trovato terreno fertile. Oppure che ha scelto di fare così perché più persone tirava dentro, meno pena avrebbe scontato. E l'assurdo è che per questa vicenda lui ha preso tre mesi, io tre anni".

Cosa chiederesti a Palazzi?

"Con lui non ho mai parlato. Vorrei che mi concedesse un confronto diretto con Gervasoni e Carobbio, i due miei accusatori. Voglio difendermi, ne va della mia vita. Non posso difendermi, dal momento in cui Gervasoni e Carobbio sono stati ritenuti attendibili".

Secondo l'accusa, miravi a ottenere soldi dalla combine?

"Non è stato provato che io potessi ottenere soldi. Ho fatto sedici anni di gavetta per arrivare in Serie A, prendendo solo quattro cartellini rossi. A trentuno anni mi sveglio e decido di combinare una partita? Da solo? Senza coinvolgere altri compagni? E' assurdo. Non chiedo la grazia. Ma semplicemente un confronto. Sono un uomo e un calciatore pulito. La mia unica colpa è stata quella dell'ingenuità. Avrei potuto denunciare i contatti con Gervasoni? Purtroppo non sussiste nei contatti neanche il presupposto per una denuncia".

Come immagini il confronto con Abete?

"Ad Abete parlerò col cuore in mano, piango ogni giorno, lo guarderò negli occhi, so che non può fare nulla, se non darmi un appoggio morale. Però mi chiedo perché la Federcalcio permetta che qualcuno rovini ragazzi per bene per accuse infondate. La giustizia sportiva va rivista, è un sistema ormai vecchio".

Cosa faresti se ti concedessero il confronto con Gervasoni e Carobbio?

"Dovrei mantenere la calma. Perché la calma può anche essere smarrita quando ci si trova davanti a due scorretti come quei due. Potrei non rispondere delle mie azioni se non mantenessi la calma".

Stai pensando di rivolgerti alla magistratura ordinaria?

"Intanto aspettiamo l'appello del 20 agosto. Se andasse male ci rimetteremmo al TNAS. Comunque dovrei farmi sei mesi di squalifica. Poi ovvio che con i miei legali stiamo valutando ogni possibilità".

Tu dal Siena andresti al Verona?

"Dove c'è il Direttore sportivo Sogliano che mi ha avuto a Varese e con cui c'è un rapporto eccezionale, anche economicamente sono per paradosso un privilegiato. Perché oltretutto avrò anche la possibilità di allenarmi, dal nuovo contratto collettivo risulta che le società possano non pagare gli stipendi a tesserati condannati. Ci sono tre strade: o ti congelano lo stipendio. O te li pagano finché non si completa l'iter processuale, o semplicemente i contratti diventano carta straccia".

Mai pensato di patteggiare?

"Mai. Chi sa di avere ragione va fino in fondo, non decide di pagare pene lievi solo per uscire in fretta da una vicenda che lo riguarda".