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Zeman: “La mia Roma meritava lo scudetto”

(repubblica.it – T. Testa) – Il viso abbronzato, la mascella serrata, le lunghissime pause, lo sguardo sornione mentre osserva le geometrie dei suoi ragazzi sul prato verde o i loro salti sui gradoni degli spalti. Zdenek Zeman è...

Redazione

(repubblica.it - T. Testa) - Il viso abbronzato, la mascella serrata, le lunghissime pause, lo sguardo sornione mentre osserva le geometrie dei suoi ragazzi sul prato verde o i loro salti sui gradoni degli spalti. Zdenek Zeman è sempre lo stesso.

Il suo Pescara - 86 gol all'attivo, secondo posto in campionato - sente aria di serie A: servono tre punti nelle prossime due giornate per la promozione matematica. Ma lui assicura che non cerca rivincite rispetto al sistema calcio. E che l'importante è solo divertirsi giocando.

Al Poggio degli Ulivi, l'impianto a pochi chilometri dalla città dove la squadra si allena, sembra di essere al parco giochi: corsa, velocità, pressing, verticalizzazioni e un modulo che è quasi un credo per il tecnico boemo: il 4-3-3. Zeman conclude l'ora e mezzo di preparazione con la squadra sotto la pioggia e accetta di rispondere a domande su tutto: parla dei rimpianti, in primo luogo quello di non aver lavorato in un grandissimo club; delle polemiche con la Juve, che dice di aver pagato a duro prezzo; ma anche del rapporto con la famiglia e con la politica. Con il solito stile asciutto e senza prudenze diplomatiche.

Si è appena concluso un campionato di serie A con gli stadi spesso semivuoti. Qui a Pescara, all'Adriatico, è invece caccia al biglietto. Merito più del bel gioco o dei risultati ottenuti quest'anno?"Certo i risultati aiutano a far venire la gente. Ma penso che il pubblico in generale apprezzi il bel calcio e le mie squadre, sia quando vincono che quando perdono, cercano di far vedere uno spettacolo ai tifosi".

Come spiegherebbe, a chi magari si intende poco di pallone, il 4-3-3?"La disposizione sul campo è per me una questione geometrica, di distanze giuste e di triangoli uguali. Ma tutti i moduli sono perfetti se vengono eseguiti bene. Io conosco questo, magari negli anni ho cambiato qualcosa, comunque sono contento del mix ottenuto".

E qual è giocatore più zemaniano che ha allenato?"Beppe Signori. Peccato...".

Lei è in panchina dagli anni Settanta. Cos'hanno di diverso i ragazzi di oggi? Gattuso giorni fa ha detto che le nuove generazioni si montano subito la testa."Una volta c'era più passione. Ora nello sport si è perso qualcosa. Ad alti livelli si guarda più ai soldi che alla voglia di migliorarsi".

C'è un giovane di 19 anni cresciuto nel Pescara, Marco Verratti, che è stato chiamato in nazionale con Prandelli. Che consiglio gli ha dato?"Ha talento, ma è anche un bravissimo ragazzo. Io vorrei che rimanesse per sempre come è oggi. Magari andando in nazionale, o in un grande club, potrebbe cambiare. Beh, questo mi dispiacerebbe". [...]

Com'è cambiato il lavoro di un allenatore in questi anni? I suoi colleghi, da Guardiola a Guidolin a Luis Enrique, parlano di stress e di stanchezza."E' un problema che non mi riguarda. A me interessa solo il divertimento, anche se poi in campo qualche volta ti arrabbi. Magari posso capire Guardiola, perché lì effettivamente si giocano ottanta partite all'anno". [...]

Che peso hanno avuto i soldi nella sua vita professionale?"Ne ho guadagnati tanti anch'io. Per ora non mi servono. Spero possano essere utili ai miei figli".

Mentre tutti discutono della terza stella juventina, lei ha detto che i veri scudetti bianconeri sono al massimo 22-23. Non finirà mai questa contrapposizione con la Juventus? E pensa che abbia danneggiato la sua carriera?"Mi ha danneggiato tanto. Vedo che la Juve mette la terza stella senza chiedere il permesso a nessuno, ma se qualcuno pensa che Calciopoli sia nata nel 2005 e morta nel 2006 si sbaglia di grosso".

Pensa di aver ottenuto meno di quanto meritava?"Io penso di aver avuto squadre - la Lazio e la Roma - che giocavano da primo posto ma che non hanno ottenuto il primo posto".

Dopo diversi anni lontano dalla A, la possibile promozione con il Pescara è per lei una rivincita rispetto a chi l'ha definita un perdente?"Io non cerco rivincite, mi interessa solo poter fare il calcio che mi piace e qui a Pescara mi hanno dato questa opportunità. E poi mi definiscono un perdente perché non ho vinto uno scudetto, ma sono solo 4-5 quelli che l'hanno fatto in Italia negli ultimi 20 anni".

Il prossimo anno cambierà panchina? Si parla di un corteggiamento da parte della Fiorentina."Ci restano due partite per la promozione, il resto sono chiacchiere. A fine campionato, se ci saranno cose concrete, ne riparleremo"

Il Pescara ha avuto un deferimento per responsabilità oggettiva. Da paladino del calcio pulito, si sente imbarazzato?"Questo riguarda il campionato dello scorso anno, in cui io non c'ero. Comunque, leggendo le carte, ho capito che il deferimento è stato per omessa denuncia. Io in passato ho fatto due denunce di cui non si è saputo più niente. Viene da domandarsi perché farle, se poi finiscono nel cestino".

Nell'ultimo filone del calcioscommesse sono emerse minacce di ultrà - quelli del Bari - nei confronti di calciatori. E anche possibili raid punitivi contro giornalisti. E' questa l'ultima frontiera del calcio violento?"Questo non c'entra col calcio. Sono fenomeni di delinquenza comune. Accadono nel mondo del pallone solo perché qui girano tanti soldi".

Lei ha sicuramente un grande carisma, ci sono suoi sostenitori che la seguono qualunque squadra alleni. Le hanno mai offerto una candidatura in politica?"Diverse volte, sia a destra che a sinistra".

E non è mai stato tentato?"No, non ancora. Sono nato con lo sport e vorrei finire così".[...]

La sua famiglia non l'ha seguita in Abruzzo, è rimasta a Roma. Come mai questa scelta?"Per molti anni hanno viaggiato con me. Loro non si sono mai lamentati, ma io ho capito di aver commesso un errore. Di averli strappati alla scuola, ai professori, agli amici. E' difficile affezionarti a qualcuno se poi d'estate devi lasciare tutto per andare altrove".

Suo figlio Karel in realtà allena il Fano in Lega Pro. E' uno zemaniano?

"Beh, lo portavo con me da quando aveva due anni. C'era sempre la madre di qualche giocatore che lo accudiva. Avrà visto 750 delle mie 800 partite..."

Ma lo porterebbe con sé nel ruolo di secondo, sulla scia di quanto ha fatto Prandelli in nazionale con il figlio che è un preparatore atletico?

"Secondo me è meglio evitarlo. E poi penso che debba fare la sua strada, senza essere influenzato".

Guardando indietro, la più grossa soddisfazione della sua carriera?

"Quando perdevo le partite e il pubblico applaudiva la mia squadra. E poi i tanti giovani arrivati in nazionale".

E il rimpianto?

"Non aver mai allenato una grande squadra, con un club più strutturato. Beh, penso sia una cosa diversa".