Il gol è bello, senza dubbio. Per qualche verso anche più bello del cucchiaino al Sassuolo perché racchiude tenacia, potenza e classe. Ma c’è qualcosa di ancora più convincente della girata da terra di Zaniolo col Torino. Accade pochi secondi dopo il boato dell’Olimpico. Nicolò, infatti, urla, salta col pugno alzato e ride. Tutto qui. Niente balletti alla bandierina, mani dietro le orecchie, mosse da finto attore o idiote imitazioni. Un’esultanza libera, spontanea. Che ci riporta alle corse di Pruzzo sotto la Sud, ai salti di Voeller e alle prime gioie di Totti. Sì, eccolo il paragone che ritorna. Chi lo vuol scacciare non dà una mano né a Zaniolo né a Totti, perché di paragoni è fatta la vita. Che poi sia un paragone ancora tutto da dimostrare e difficilmente ripercorribile è tutto un altro discorso. Ed è Nicolò il primo a sapere che sarà (quasi) impossibile emulare le gesta del più grande calciatore italiano del Dopoguerra insieme a Baggio. Ma dicevano lo stesso di Totti quando a inizio carriera era paragonato a Rivera.
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Zaniolo, la vittoria della semplicità
Nicolò segna ed esulta trascinato dalla gioia, senza voler apparire, senza voler fare rumore. Esulta forte, ma parla piano. Corre tanto, ma pretende poco. Ecco, una pretesa la avanziamo noi: la Roma lo blindi e lo faccia diventare una bandiera
Torniamo all’esultanza. Perché da certi gesti si comprende il carattere delle persone. E Nicolò è proprio così: semplice. Una dote, sì lo è in certi casi, che è stata perduta nell’era in cui la complessità fasulla è diventata la bandiera del successo. In cui devi essere gossip, a volte trash. In cui Corona compare una volta sì e l’altra pure sui giornali italiani, o in cui calciatori come Balotelli o Pogba sono diventati “campioni” più per gli atteggiamenti (o le esultanze) che per le prestazioni. Ci mettiamo in mezzo pure Nainggolan, che in questo paragone deve essere tirato in ballo necessariamente. Chiariamo: il Ninja è (o è stato?) un gran centrocampista, ma l’affare lo ha fatto senz’altro la Roma. Zaniolo è l’opposto di Radja, e che Dio lo mantenga così. “Sputa sangue”, come dice il papà. E ha provato sano imbarazzo quando la mamma è scoppiata in lacrime di fronte a Totti. Esulta forte, ma parla piano. Corre tanto, ma pretende poco. Ecco, una pretesa la avanziamo noi: la Roma lo blindi e lo faccia diventare una bandiera. Perché la gioventù è bella, ma è ancora più bella vederla trasformare e vincere dentro casa.
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