Si sta ritagliando sempre più spazio, Nicolò Zaniolo. Dopo l'esordio in Champions League, è arrivato quello da titolare anche in campionato con la Fiorentina. Contro il CSKA ha avuto subito un buon impatto e il suo approccio è piaciuto. La sua crescita è sotto gli occhi di Di Francesco, che ne segue e ne guida l'evoluzione. Il centrocampista giallorosso ha parlato in un'intervista a "L'Ultimo Uomo". Ecco uno stralcio delle sue parole.
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Zaniolo: “Dalle giovanili alla Champions, il rischio era perdere la testa. Il mio futuro è da mezzala”
Il centrocampista giallorosso: "Il mio idolo era Kakà, ma nella Roma mi sento pronto anche a fare l'esterno. Il meglio deve ancora venire"
"Che avrei giocato contro il Real Madrid, l’ho saputo la mattina quando c’era la riunione tecnica, il mister mi ha preso da parte e mi ha detto che era giunto il mio momento. Non me lo aspettavo minimamente. La cosa più difficile è stata preparare la partita. Alle 11 ho saputo che avrei giocato, e la partita era alle 21. Tutto il giorno a pensare che la sera avrei giocato contro dei campioni che fino a pochi giorni prima usavo alla PlayStation. È stato un sogno, fino a quando non entri in campo. Poi quando sei in campo non pensi a quello che hai attorno ma a quello che sai fare e che devi fare. Di Francesco mi aveva chiesto di fare la mezzala, quindi di curare le due fasi, difensiva e offensiva, e ovviamente buttarmi dentro quando c’era la possibilità".
Sul salto dal campionato giovanile alla Serie A e alla Champions.
Il problema a un livello così è che è tutto ridotto. Il tempo è ridotto e lo spazio è ridotto. Devi pensare la giocata prima e il contrasto fisico è differente. Il salto è grande.
C'era il rischio di bruciare le tappe.
Il rischio era di perdere la testa e di perdere gli stimoli. La mia famiglia è stata fondamentale, standomi vicino, dandomi consigli.
Il papà Igor era un calciatore e l'ha aiutato.
Anche nei momenti più difficili può aiutarti, ti può dire come comportarti, gli atteggiamenti che devi tenere nello spogliatoio, perché ci è già passato. Ci sentiamo 3 o 4 volte al giorno. Ci confrontiamo spesso. Mi ha detto che dove sono ora è solo un punto di partenza. Che non bisogna montarsi la testa perché si fa prestissimo ad andare in alto e a tornare sotto.
La Fiorentina l'aveva scartato.
Loro volevano mandarmi in prestito, io ho preferito farmi lasciare il cartellino e scegliere io dove andare, anche perché non ero mai stato al centro del progetto della Fiorentina. Se avessi fatto male all’Entella rischiavo di dover rimanere a giocare nella categorie inferiori. E neanche ora mi sento ancora un professionista.
Con la Roma una trattativa veloce, legata alla cessione di Nainggolan all'Inter.
Non ci ho pensato due volte a dire di sì e la trattativa si è conclusa in una settimana. Il mio volere era forte, come quello della società, quindi ero e sono contentissimo. Sono arrivato tardi, a metà agosto, e ho pensato solo ad allenarmi bene. Chi mi ha impressionato di più? De Rossi, Dzeko e Kolarov sono giocatori di un altro livello. È un onore allenarmi con loro. Daniele, il capitano, è il compagno che mi dà più consigli. A Madrid mi ha detto di stare tranquillo, che era una partita difficile ma che avevo le qualità per fare bene.
È più un giocatore fisico o tecnico?
Sinceramente più un giocatore fisico, ho una buona tecnica ma devo migliorare su molte cose. Nel calcio di oggi essere strutturati fisicamente è fondamentale. In Champions League non ci sono squadre con giocatori piccoli, e i giocatori piccoli che ci sono sono dei fenomeni. La fisicità è la cosa principale. Oggi la cosa più importante è fare bene la fase difensiva e la fase offensiva, allo stesso modo, perché se non fai bene la fase difensiva la squadra ne risente e fa male anche quella offensiva.
Sul suo idolo non ha dubbi...
Kakà: aveva un cambio di passo che lasciava dietro due o tre avversari alla volta. Aveva una potenza e una tecnica fuori dal normale. Il gol all’Old Trafford è quello che per me lo rappresenta meglio.
Dove mi vedo?
Come mezzala, che è il ruolo che penso sarà nel mio futuro. Quando sono arrivato all’Inter mi mancavano tante cose e William Vecchi è riuscito a colmarmele e devo ringraziarlo tanto. Lui è stato il primo a dire che dovevo fare la mezzala. Da trequartista devi fare meno fase difensiva e quando hai palla devi essere sempre determinante; la mezzala deve fare entrambe le fasi bene e con la palla deve pensare a fare cose meno decisive. Nella Roma nei due mediani forse ancora non mi vedo, ma l’esterno potrei farlo.
Sulla Nazionale.
Mancini mi ha chiamato in Nazionale A perché mi ha visto all’Europeo, che è stata una vetrina importante. Quelli che hanno fatto la finale oggi giocano tutti in Serie A e in Serie B. Mi ha detto di stare tranquillo perché se mi aveva chiamato in Nazionale c’era un motivo. È difficile pensare di essere parte del progetto della Nazionale. Non penso a un’eventuale convocazione all’Europeo. Penso solo a giocare e a divertirmi. Il meglio deve ancora venire.
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