(lettera43.it-G.Colarusso) Convincere gli italiani che investire in una banca sia affare vantaggioso non è cosa facile di questi tempi. Raccogliere 7,5 miliardi di euro per la ricapitalizzazione lo è ancora meno,
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Unicredit, patria e capitale
(lettera43.it-G.Colarusso) Convincere gli italiani che investire in una banca sia affare vantaggioso non è cosa facile di questi tempi. Raccogliere 7,5 miliardi di euro per la ricapitalizzazione lo è ancora meno,
anche se si è il principale istituto di credito italiano. E così Unicredit, alle prese con l'aumento di capitale, ha messo in campo denari e cervelli per riuscire nell'impresa, riscoprendo anche un fervido patriottismo.
UNA GRANDE BANCA PER UN GRANDE PAESE. «Investite in una grande banca per far crescere un grande Paese», è lo slogan della pubblicità che da giorni riempie le pagine dei maggiori quotidiani nazionali, gli spazi per gli spot nelle stazioni, le affissioni in tutte le filiali, gli avvisi dedicati sugli Atm. Sui manifesti, la bandiera di piazza Cordusio è affiancata dal tricolore. Un richiamo all'italianità che Marco Ferri, copywriter di ConsorzioCreativi, l'agenzia di comunicazione che ha ideato e realizzato la campagna insieme con Publicis Italia, spiega così: «Unicredit è la principale banca italiana. Il successo di questa operazione coincide con il successo del Paese. La partecipazione all’aumento di capitale è un'azione concreta che rafforza l’intero sistema Italia».
SPOT MILIONARI CON PICCOLO E D'ALATRI.Piazza Cordusio ha investito più di 5 milioni di euro nella campagna pubblicitaria, concepita e realizzata nel mese di dicembre da un team di creativi ai quali Publicis ha messo a disposizione la struttura produttiva. Oltre ai manifesti. sono stati prodotti anche spot televisivi e radiofonici, protagonista l'attrice Ottavia Piccolo: «Una bella persona di sesso femminile, non il solito cliché della velina», spiega Ferri. «In un Paese in cui le donne vengono discriminate, scegliere Ottavia ci è sembrato il miglior modo per valorizzarle». Regista della campagna televisiva è invece Alessandro D'Alatri, mentre a supervisionare l'operazione di marketing e comunicazione è Maurizio Beretta, responsabile della struttura Identity and communication di Unicredit. Vita dura quella dell'ex direttore di Confindustria. Eh già, perché oltre a curare la comunicazione di piazza Cordusio, dove è entrato nel marzo 2011, Beretta è anche, ancora, presidente della Lega calcio Serie A. «Non intendo mantenere il doppio incarico, ma ho dato la disponibilità a non abbandonare il campo finché non sarà trovata una soluzione», disse il manager quando fu chiamato a ricoprire l'incarico in Unicredit. Dieci mesi dopo, però, la soluzione non è arrivata e Beretta continua a barcamenarsi tra titoli che crollano, capitali che non ci sono, inchieste sul calcioscommesse, scioperi dei calciatori, partite truccate. A dicembre del 2011, interrogato dalla stampa, il manager double face è tornato sulla questione doppio incarico, ribadendo la disponibilità a lasciare la Lega solo quando le società avranno trovato un accordo «su un successore che le soddisfi e che possa travare un largo consenso. «Aspetto un segnale», ha spiegato Beretta, «per convocare l'assemblea elettiva».
TRA INCHIESTE E CROLLI IN BORSA. Il segnale però non arriva e, nonostante sul tavolo della Lega circolino diversi nomi per la presidenza, di fatto non c'è stato nessun passo avanti per la nuova nomina. L'ex giornalista di RaiUno continua dunque a dividersi tra calcio e azioni, un doppio incarico non proprio compatibile, visto che Unicredit è la banca che ha venduto la Roma al miliardario Thomas DiBenedetto, con la mediazione della Lega Calcio, presieduta da Beretta.E Unicredit è anche la banca che più di altre in questa fase ha bisogno di rifarsi il look e investire molto sulla sua immagine e sulla comunicazione. Non sarà semplice per Beretta tenere insieme i due fronti, considerato anche l'annus horribilis che la Lega calcio ha vissuto tra scioperi e inchieste e che sembra non essere ancora terminato.
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