(di Francesco Balzani - ForzaRoma.info) - A caduta libera, in cerca di uno schianto”, i versi della canzone dei Subsonica sembrano inquadrare alla perfezione l'attuale destino della creatura partorita da Baldini e Sabatini. La Roma da due anni non gioca in nessuna competizione europea (non accadeva dal1997), ha incassato 11 gol in un anno solare dall'odiata Juve, perso due derby in una stagione, collezionato record negativi uno dietro l'altro, mantenuto (sembrava impossibile) la tragica media punti della scorsa stagione e rischia di vivere l'ennesimo ribaltone tecnico a soli due mesi dall'inizio del campionato. Colpa di Zeman? Colpa di Luis Enrique? Colpa di De Rossi? Colpa della stampa? Può darsi, ma il pesce puzza sempre dalla testa che in questo caso ha due facce. Quella del ds Sabatini e quella del dg Baldini, acclamati un anno e mezzo fa come Santoni infallibili e oggi (per molti) già da dimissionare. Per restare agli aforismi tanto cari a Baldini basterebbe citare Cicerone “Sbagliare può succedere a tutti, ma è solo dell'insipiente perseverare nell'errore”. E di errori in questi primi 15 mesi di Roma americanizzata (a proposito con DiBenedetto e Pallotta presidenti si è toccati una media punti inferiore solo a quella della Roma di Ciarrapico) ne sono stati fatti e ne vengono compiuti ancora tanti, tantissimi. Abbiamo provato a citarne qualcuno suddividendoli per categorie.
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Tutti gli sbagli della dirigenza: dalla ‘pigrizia’ di Totti, alla campagna acquisti smantellata
(di Francesco Balzani – ForzaRoma.info) – A caduta libera, in cerca di uno schianto”, i versi della canzone dei Subsonica sembrano inquadrare alla perfezione l’attuale destino della creatura partorita da Baldini e Sabatini.
DICHIARAZIONI: Stavolta ci rifacciamo a Goethe: “Chi sbaglia la prima asola non si corregge abbottonandosi”. E così pronti via e mentre la Roma si ritrova tra i monti del Sud Tirol per preparare la prima stagione a stelle e strisce, ecco dichiarazioni pesanti come macigni rilasciate da Baldini a La Repubblica: “Totti deve liberarsi della sua pigrizia e di chi usa il suo nome, anche a sua insaputa. Deve smettere di lasciar fare, più leggero sarà, più lontano andrà col pallone”. Insomma: il primo problema della nuova Roma è Totti. Sì, lui: il terzo marcatore in assoluto del calcio italiano, il capitano indiscusso, il giocatore più forte della storia della Roma. Gli fa eco in maniera più educata Sabatini (“Totti è come il sole al tramonto sui tetti di Roma”). A smentirli è bastato poco e oggi, senza Totti, il famoso “percorso” sarebbe un campo minato. Settimane di silenzio, poi il dietrofront. E amici come prima. Amici mai invece con Borriello definito “un problema” in conferenza stampa da Sabatini e poi schierato nei preliminari di Europa League precludendo ai club che lo volevano di utilizzarlo nelle coppe. Risultato? Borriello non lo ha voluto più nessuno a settembre e a gennaio è andato gratis alla Juve per aiutare i bianconeri nella rincorsa al titolo.
Poi l'era Luis Enrique e l'utilizzo di parole auliche quanto incomprensibili nel mondo del calcio mixate a citazioni tratte dai testi della Mannoia ai versi di Coelho passando per Shakespeare e lo snobismo nei confronti dell'Italia (“Non mi è mancato nulla di questo paese, in Inghilterra si sta meglio”). Può darsi abbia ragione, ma perchè tornare? Alle prime sconfitte poi le contraddizioni diventano quasi quotidiane. L'ultima: “Luis Enrique resta, piuttosto me ne vado”. Come è finita? Luis Enrique se ne è andato, Baldini è rimasto. Anno nuovo, intervista nuova e per Baldini “La Roma non è abituata alla vittoria e nemmeno le manca, probabilmente”. Dirlo prima di Juve-Roma non ha fatto bene alla squadra. Un mese fa, infine, per smentire il titolo apparsa su un quotidiano che volevano Baldini vicino al Tottenham, il dg convocò addirittura una conferenza stampa in cui attaccò l'ambiente “destabilizzato dalla stampa”. Non dai risultati negativi, chiaro.
CALCIOMERCATO: Ventiquattro giocatori in entrata in due anni. Se non è un record poco ci manca, ma oggi quali sono gli acquisti già pienamente da promuovere in casa Roma? A bocciarne 6 ci ha pensato la società smantellando per metà la prima campagna acquisti (Bojan, Angel, Borini, Kjaer,Heinze e Gago). Insomma dateci pazienza, ma noi non ne abbiamo. Numeri a parte ci sono contraddizioni evidenti, cerchiamo di metterle in ordine. La prima riguarda gli esterni di difesa: sia il gioco di Luis Enrique che quello di Zeman fanno dei terzini di spinta il loro punto di forza. Sulla fascia destra, su 24 acquisti, si conta solo il nome del semi-sconosciuto Piris. A sinistra si è buttato un anno dietro a Josè Angel (con Crescenzi in casa) poi si è puntato sul povero Taddei che pur di giocare accetterebbe anche di stare in porta.
Oggi ci sono Dodò e Balzaretti, una scommessa e una realtà. E se lo scorso anni De Rossi e Perrotta si sono addirittura prestati a fare i difensori centrali (a gennaio non è stato acquistato un difensore pur sapendo dell'infortunio di Burdisso e dei problemi fisici di Juan) oggi l'unica alternativa maggiorenne a Castan e Marquinhos è Burdisso. Passiamo al centrocampo. A Zeman serviva un regista e non è un segreto che il nome prescelto dal boemo fosse Verratti. Il talento del Pescara però è andato al Psg e non per 100 milioni. Per 12, molto meno di quanto la Roma ha speso per Destro attaccante numero sette della campagna acquisti di Sabatini arrivato al posto di un esterno (Borini) che avrebbe fatto comodo eccome al 4-3-3 zemaniano. Oggi Destro scalda la panchina e Verratti è uno degli idoli di Parigi mentra la regia giallorossa è affidata a Tachtsidis. Sono ben 25 invece i milioni rifiutati per Pjanic. Oggi il bosniaco è la quinta alternativa a centrocampo e chissà quei soldi come potevano essere spesi.
Passiamo ai pasticci effettuati con le comproprietà: Florenzi è stato ricomprato a 5 volte il suo valore iniziale, Caprari rischia lo stesso percorso. I meriti? Ce ne sono: Osvaldo e Lamela stanno dimostrando di valere gli oltre 30 milioni spesi, Castan è un buon difensore da 5,5 milioni. Tutto qui. Insomma nessun affarone (vedi Pogba e Pirlo a zero euro alla Juve, Lulic alla Lazio per 3 o El Shaarawy a sette). Detto in parole povere: non serviva Sabatini per prendere due ottimi calciatori a 30 milioni . Infine i cartellini regalati con tanto di buona uscita: Pizarro, Rosi, Borriello,Juan e Perrotta (che per fortuna ha rifiutato). Non gli ultimissimi della classe.
SCELTA ALLENATORI: La Juve investe su un giovane italiano, e vince. Il Napoli si affida a Mazzarri, e vince. Il Milan, con tutti i problemi economici del caso, va dritta su Allegri e comunque mette in cascina scudetto e partecipazione alla Champions. La Roma ha Montella e Stramaccioni, e che fa? Li manda via. In nome dell'esotico, del progetto, dell'emulazione alla catalana. Dopo aver consultato una decina di tecnici più o meno improbabili (da Pioli a VillasBoas passando per Deschamps e Guardiola) punta su Luis Enrique, allenatore del Barcellona B. In molti lo ricordano ancora calciatore di successo, in pochi anzi pochissimi lo riconoscono come allenatore.
Lucho si presenta con uno staff degno della Nasa, importa girotondi e acchiapparella, e si conquista la simpatia del pubblico perchè umanamente non si discute. Per allenare in serie A però non basta essere una brava persona e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Intanto Montella diventa l'allenatore rivelazione della serie A e Stramaccioni conquista la panchina dell'Inter. Prima chance sbagliata, ma nella vita ci si può sempre rifare. Altre fiches in mano e altre scommesse da fare. Baldini sonda Villas Boas, ma ottiene un rifiuto. La palla passa a Sabatini: prima il no di Guidolin, poi quello di Bielsa. In mezzo Montella. La trattativa è a un passo dalla firma, ma i dirigenti ( che a Luis Enrique avevano permesso di tutto e di più) si imputano su un paio di richieste del tecnico napoletano e l'affare salta. Cosa fare? La piazza invoca Zeman e forse la cosa più facile da fare è accontentarla. Un parafulmine in tempi burrascosi, fa sempre comodo.
SCELTA COLLABORATORI: Basta con la gestione casareccia, sembra questo lo slogan iniziale della nuova Roma. E allora che fare se non prendere a capo della comunicazione l'opinionista di una radio. Arriva Daniele Lo Monaco, ma i rapporti coi media non cambiano e se possibile peggiorano. Colpa anche di una dicotomia con l'Open Gate, l'ufficio stampa degli americani. Capitolo Tancredi: il portiere del secondo scudetto torna a Roma dopo anni, ma a fine stagione viene cacciato come l'ultimo dei magazzinieri (con rispetto parlando). Da signore qual'è non fa polemica, ma lo sgarbo resta e le motivazioni sul perché ancora latitano. Passiamo alle alte sfere: la presidenza passa da Cappelli a DiBenedetto a Pallotta mentre nel ruolo di amministratore delegato si alternano Pannes e Fenucci. Ma almeno di questo, Baldini e Sabatini non sono responsabili.
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