Niente, la storia non cambia mai. Passano gli anni, ma il copione è lo stesso. Contro certi avversari, in certi contesti, l'idea di poter giocare alla pari è pura e semplice utopia. Due fronti distinti, due essenze agli antipodi. Da una parte il potere. Dall'altra l'opposizione, la resistenza, l'alternativa. La Roma, semplicemente. Per anni ostacolo (quasi ossessione) di chi ha avuto in mano lo scettro del comando. E quindi puntualmente vessata, colpita, affondata. E' successo anche ieri, allo Juventus Stadium. Stesse procedure, chirurgica precisione nel mettere a punto lo scherzetto beffardo, l'esecuzione spietata. Anche se stavolta, il signor Rocchi ha persino esagerato nella mancanza di discrezione.
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Turone, l’inizio di tutto
La Roma, sin dall'era Viola, ha scelto di stare all'opposizione. Pagandone puntualmente le conseguenze
Due rigori inesistenti ed un gol irregolare. E qui c'è tutto il risultato. Un 3-2 valido per gli almanacchi, ma fasullo secondo i regolamenti. C'è di più. L'espulsione di Garcia, reo di un gesto più ironico che polemico, nel luogo medesimo in cui Conte, negli anni, si è esibito in isterici show personali di ogni tipo, è sembrata a dir poco pretestuosa. Il giallo a Totti è rimasto un mistero. Colpevole, il Capitano, di aver festeggiato un gol sotto il settore dei suoi tifosi. Si può ovunque, nel mondo. Allo Juventus Stadium no. E poi, dulcis in fundo, il minuto di recupero a fine primo tempo che d'incanto è stato raddoppiato, anzi triplicato. Un bonus aggiuntivo per consentire agli indaffarati padroni di casa, appena trovatisi sotto di un gol, di darsi una mossa e conquistare una punizione poi "trasformata" in rigore. Cose che nemmeno ai tempi di Moggi si son viste. Roba da barzellette, da tipici luoghi comuni sul mondo Juve. Ma qui altro che ironia, simpatia e battute. Realtà. Storia. Fatti. E soprattutto classifica.
Il "post evento" è una malinconica replica. C'è chi ha persino il buon gusto di festeggiare l'avvenuta truffa (oltre al danno, la beffa). C'è chi dovrebbe far comunicazione onesta, raccontando la storia di una partita ignobilmente falsata, e che invece fa finta di niente, tra ammiccamenti e sorrisini in primo piano. E poi c'è il nostro mondo. La Roma che sceglie il basso profilo e lo stile (che nel calcio e nella vita, almeno in Italia, non pagano mai quanto la strafottenza e l'arroganza), lasciando campo libero al solo Totti, forte di spalle larghe ed esperienza, che gli consentono di sopportare le pernacchie di un pubblico orgogliosamente disonesto e presentarsi davanti ai microfoni con freddezza e lucidità. Lui che le ha vissute tutte, lui che può raccontarle, lui che in teoria potrebbe anche sentirsi stanco di dover sfidare l'eterno uomo in più dei rivali a strisce verticali. E che invece stanco non è. Tutt'altro.
Avete presente Turone? Ecco. Turone non è soltanto un cognome, una parola. Turone è un mondo. L'inizio di un mondo. I primissimi anni '80, la nascita di una Roma diversa, finalmente ambiziosa e non più "etta". Subito punita, castigata al volo per la sua grandezza, con quel gol annullato che ha segnato un'epopea. Quel mondo va avanti ancora oggi. Viola, Sensi, ora gli americani. Colpiti sistematicamente. La loro colpa? Voler fare della Roma qualcosa di grande e vincente. Missione ardua, quasi suicida in Italia, dove il potere è uno e se lo scambiano, a turno, le tre nobili strisciate. Per alzare qualcosa al cielo, si è sempre andati oltre. Si è dovuti arrivare alla costruzione del massimo: la Roma di Liedholm e la Roma di Capello. Due squadre uniche nel loro genere, le più forti in Italia nelle rispettive epoche. Eppure, non si è andati al di là di uno scudetto a testa. Sull'opposta sponda, il turn over. La Juve, il Milan, l'Inter. Un'unica entità: il ponte di comando. Che ha martoriato e spento le ambizioni di chi ha semplicemente cercato di competere sul campo ad armi pari. Senza giochi loschi. Provando a fare sport.
La storia è storia, non ci si inventa niente. La Roma ha (quasi) sempre scelto di stare all'opposizione. Un'eterna, orgogliosa condanna. Altro che partite singole (anche se quella di ieri è forse unica ed irripetibile), qui si parla di campionati. 2003-2004, 2007-2008, 2009-2010, 2013-2014. Solo per citare gli ultimi. Tornei in cui alla Roma è stato tolto tutto. Mai un caso contrario, mai una volta in cui le cose (per l'umana legge dell'alternanza) sono andate male per gli altri e bene per noi. Lo scudetto del 2001? L'unica effettiva conquista di un gruppo palesemente superiore al resto della compagnia. Costruito non per vincere, ma per stravincere. Così superiore da non poterlo proprio buttare via, lo scudetto. La splendida creatura di Garcia non è ancora in grado di essere nettamente la più forte di tutte. Si "limita" ad essere forte, fortissima. Ma ciò non le sarà sufficiente. Perché in Italia, se vuoi battere il potere, ti devi dissanguare. Devi andare oltre. Non è incoraggiante, siamo d'accordo. Ma di fronte a questo tipo di realtà consolidata, è più bello essere dalla parte giusta. Quella che non truffa, non bara. La sola idea di essere come chi ieri festeggiava, sbavando e digrignando i denti, è ripugnante. Mai saremo come loro. Ed è questa la nostra vittoria più bella.
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