news as roma

Totti, De Rossi e l’orgoglio romanista: “La Roma è la nostra missione. Non siamo eroi, siamo solo innamorati…”

I due simboli giallorossi si sono raccontati a Sports Illustrated, il più prestigioso periodico sportivo al mondo, mostrando tutto il loro amore per questi colori

Redazione

Domani sera inizierà ufficialmente la stagione della Roma e per l'ennesima volta a guidarla avrà i suoi due gladiatori: Francesco Totti e Daniele De Rossi, quasi certamente per l'ultima volta in campo l'uno al fianco dell'altro. Entrambi sono all'ultimo anno di contratto, il numero 10 appenderà gli scarpini al chiodo, Danielino potrebbe rinnovare o tentare l'esperienza all'estero, magari negli USA. Francesco Totti e Daniele De Rossi, negli ultimi anni i migliori ambasciatori di Roma e della Roma in Italia e soprattutto nel mondo. Una romanità verace, genuina, che sarebbe pronta a dare la vita per difendere le proprie origini e la propria fede. Da qualche anno il club capitolino con l'arrivo di James Pallotta ha iniziato a diffondere il proprio brand in giro per il mondo e soprattutto in America. In particolare l'ultima tournée tra Boston, Saint Louis e Montreal ha costituito l'occasione perfetta per i due capitani giallorossi insieme a Baldissoni per affermare con fierezza ed orgoglio il proprio retaggio.

"Sono sempre stato molto, molto orgoglioso- è la parola corretta - andando in giro per il mondo -. Io sono di Roma, io sono della 'fottuta' Roma. E' parte di me. Io sono parte di Roma", ha esordito il dg dei capitolini, romano e romanista doc, a Sports Illustrated. Il periodico sportivo americano, il più prestigioso del mondo, ha voluto dedicare un lungo approfondimento sui colori giallorossi, sui suoi simboli e la leggenda della città Caput Mundi. "Se tu pronunci queste parole e ti senti come Giulio Cesare, allora vuol dire qualcosa", continua Baldissoni. "Girando per la città, puoi respirare lo stesso senso di trionfo degli imperatori che costruirono il mondo. E' qualcosa di speciale".

"Non sarei mai potuto nascere in un'altra città, ognuno di noi è nato con questa passione, con questo destino". Inizia così invece la dichiarazione d'amore di Daniele De Rossi alla sua patria e al suo popolo, un amore che lo ha portato a sposare in maniera totale e incondizionata i suoi colori, sebbene avesse ceduto alle lusinghe dei top club europei avrebbe potuto sollevare molti più trofei. "Tutto questo mi passa per la mente. Ma è quelcosa che ho scelto tanto tempo fa. Sta tutto qui. Ogni tanto sul divano penso, 'Se non fossi nato a Roma, non sarei mai stato un tifoso della Roma. Non avrei sentito questo senso di appartenenza, questo dovere, verso i miei tifosi, la mia gente, la mia città", le parole di DDR. "Per me che comunque sono un buon giocatore, sarebbe stato sicuramente più semplice. Ma l'altra faccia della medaglia è che io ho sempre amato stare qui. Amo rendere felice la mia gente, che sia per una partita sola o anche per tre. Amo vederli felici".

"Puoi trovare i tifosi anche al Chelsea, al Real Madrid o al Manchester United, ma io qui ho i miei amici. I miei amici in tribuna e anche persone che non conosco", continua De Rossi. "Però loro sono un po' come i miei amici perché hanno la mia stessa passione, la mia stessa fede. Abbiamo la stessa storia. Pangiamo per le stesse partite, siamo stati tristi per le stesse ragioni. Condividiamo le nostre emozioni anche se non ci siamo mai conosciuti". All'orizzonte per Daniele potrebbe esserci un'avventura negli States, anche con il gradimento della famiglia e con un amico come Andrea Pirlo con il quale è sempre in contatto. De Rossi però vuole giocare il Mondiale 2018 e questo potrebbe giocare a favore di una permanenza in Serie A. L'unica cosa certa però per il 33enne di Ostia è questa: "Il solo sentimento più grande dell'orgoglio che provi quando giochi per la Roma è la tristezza che proveresti senza la Roma". E qui Daniele lascia più di uno spiraglio aperto per almeno un altro anno, oltre a quello che sta iniziando, in giallorosso: "Certo non sarebbe giusto verso i tifosi lasciare sia io che Francesco nello stesso anno".

Quel Francesco Totti che è giunto alla 23esima stagione con la stessa maglia da quell'esordio con i grandi. "E' un figlio della città - dice Baldissoni del 'Pupone' -. Non è solo un giocatore. Non è solo il migliore. Non è solo un idolo. E' uno della famiglia. E' un fratello. E' un figlio del popolo. Per noi romanisti in particolare, c'è un legame speciale con la città e i nostri colori".

Ed è qui che prende la parola il capitano: "Non mi definirei un'icona, ma un cittadino di Roma che è da sempre e per sempre innamorato della sua città. Ora avrei forse in bacheca più medaglie d'oro, quelle del vincitore, e avrei sicuramente giocato più semifinali o finali di Champions League. Ma io provo un enorme senso d'orgoglio nell'aver indossato la maglia della Roma per così tanti anni e nel sapere di aver dato tutto me stesso per la mia squadra", ribadisce Totti. "Io e Daniele abbiamo vinto il Mondiale con l'Italia da giocatori della Roma e abbiamo vinto pochi altri trofei qui. E chi lo sa se magari ne vinceremo ancora un altro".

"La Roma si affida alle tradizioni per conquistare il calcio moderno". Questo è il titolo dell'articolo su SI, che concentra al meglio la celebrazione dei simboli giallorossi con un occhio al futuro. Di certo c'è che la proprietà americana quest'anno sta facendo gli straordinari sul mercato, ma sta cercando di dare alla Roma una dimensione internazionale a livello di brand e di capacità di farsi riconoscere. "Per competere con i grandi club, dobbiamo cercare di far provare agli altri lo stesso sentimento che i romanisti provano per la Roma, o almeno dobbiamo diventare la seconda squadra preferita di tutti".

In quest'ottica De Rossi ha provato anche a fare una sorta di confronto tra la presidenza Sensi e quella americana: "Era tutto diverso, prima eravamo più come una famiglia. Quando tutto stava cambiando, ho cominciato a pensare che sarebbe stato meglio dal punto di vista economico. Però sarebbe stato tutto un po' meno 'umano'. Una proprietà diversa, una lingua diversa. Ma dopo un paio di mesi ho potuto facilmente capire che la passione che ha spinto la nostra vecchia proprietà era simile a quella dei ragazzi che ora sono al comando della Roma".

E anche Mauro Baldissoni perora la causa americana: "Noi stiamo ricostruendo la storia in termini di manufatti e cimeli. Abbiamo raccolto 900 manufatti dai collezionisti. Siamo stati in grado di recuperare 70mila foto del club dal 1927 al 1998. Prima non avevamo foto".

Continua De Rossi: "Possiamo sempre condividere la nostra storia con tutte le altre popolazioni, paesi o città. Ma sarà sempre diverso quello da che prova la gente di Roma. Non siamo spaventati dal condividere. Forse questa passione potrà portare un ritorno economico che renderà il club più ricco e più forte e magari in grado di vincere presto qualcosa di importante".

Sports Illustrated sottolinea in ogni riga lo sforzo profuso dalla società nel costruire qualcosa di davvero importante, dal grande lavoro sui social network fino all'ambizioso progetto stadio. Certo è però anche che niente è in grado di dare un ritorno immediato a livello economico e di immagine come la Champions League. "Non siamo così lontani dal poter competere con le squadre migliori del mondo - afferma Pallotta -. Non mi sento come se non fossimo competitivi in nessun aspetto. Ci sono molti giocatori giovani e bravi. A Luciano (Spalletti, ndr) piace la squadra".

Quello messo in atto dalla Roma è un progetto a lungo termine e molto probabilmente né Totti né De Rossi riusciranno a vederne il compimento, perlomeno in campo. Per loro però non ci saranno rimpianti, ma solo l'orgoglio di aver donato amore incondizionato ai propri colori."E' una questione di ambizioni, capisci. - spiega Daniele -. Per me il denaronon è qualcosa che mi può far spostare dalla Roma al Chelsea. Prenderei più soldi al Chelsea, ma prendo soldi anche qui alla Roma. Quindi non c'è differenza. In altre squadre posso guadagnare di più ma questo 'di più' non mi interessa. E' tutta una questione di ambizioni. E' più ambizioso un giocatore che vuole andare a vincere la Champions League con il Real Madrid o uno che invece vuole vincere il campionato con la Roma? La Roma non ha mai vinto molti scudetti. In 90 anni ne ha vinti tre ed è stata dura. Penso che una grande ambizione può anche essere provare a vincere dove nessuno è mai riuscito. Questo è più difficile".

Il numero 16 giallorosso spazia dal passato al presente, dal calcio giocato alle ambizioni e alle motivazioni che lo hanno spinto a rimanere fedele. Sempre al centro però c'è il tifoso. Anzi, il tifoso della Roma, che come diceva Ago, è tutt'altra cosa. "Quando sei un bambino, è diverso da come poi sarai un tifoso della Roma da adulto. Gli adulti vivono adesso con questa pressione, questa ansia. E' come un lavoro. I tifosi della Roma hanno dei problemi a causa dei soldi, per i loro figli, e magari un altro problema può anche essere la Roma. E' questa l'altra faccia della moneta, tutti questi problemi, queste ansie, queste preoccupazioni per le sorti della Roma. Però noi viviamo con un orgoglio, quello di essere tifosi della Roma. Loro si riconoscono in noi, in me e Francesco".

E Totti non può che sottoscrivere: "Non lo chiamerei un obbligo e penso che Daniele la pensi allo stesso modo. La vedo più come una missione che entrambi abbiamo portato avanti con passione e senso di responsabilità".

Un assaggio di quello che il numero 10 rappresenta a Roma lo sperimenta spesso anche il presidente James Pallotta: "Francesco non può camminare a Roma. E' pazzesco! Se vado a pranzo con lui da qualche parte e pensiamo di averla fatta franca, quando abbiamo finito ci ritroviamo almeno 120 persone davanti".

Totti conferma e aggiunge: "Ho sempre detto che mi piacerebbe fare una passeggiata al centro senza essere riconosciuto. L'ultima volta che ci ho provato è stato un pandemonio. In ogni caso non mi sento oppresso dalla mia città. Sono innamorato delle sue strade, dei monumenti e delle borgate".

I campioni dell'antica Roma si esibivano al Colosseo, non lontano da Porta Metronia, il quartiere dove è cresciuto Totti. Pallotta si chiede se il suo capitano da grande sia mai stato al Colosseo. Evidentemente no, dal momento che non ci sono stati 'pandemoni' a Roma negli ultimi 1500 anni. Ma secondo Pallotta Totti la farebbe un'eccezione, un viaggio speciale, se la Roma dovesse vincere lo scudetto un'altra volta. "Mi ha detto che quando vinceremo lo scudetto, una mattina al Colosseo ci entrerà di nascosto".

Sarebbe perfetto: i due più scintillantisimboli di Roma che chiudono il cerchio della sua storia.