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Tommasi: “Per diventare dirigenti in Italia servono relazioni e soldi invece del merito”

Il presidente dell'AIC: "La partita di Torino, al di là degli episodi, aveva detto che la Roma aveva raggiunto il livello della Juve. Purtroppo si sta prolungando un rendimento che non è all'altezza di quella squadra a cui ci eravamo abituati"

Redazione

Damiano Tommasi, ex centrocampista della Roma, oggi presidente dell'Associazione Italiana Calciatori, è intervenuto ai microfoni di Teleradiostereo:

Sei stato a Collecchio ieri. I giocatori hanno alla fine accettato di dimezzarsi lo stipendio pur di condurre a termine la stagione. L'accordo è stato trovato?

Sì... diciamo che è tutto ancora sospeso. Entro il 30 (Aprile ndr) dovranno consegnare questo piano di esercizio provvisorio per arrivare a fine anno. La volontà dei giocatori di affrontare questo esercizio provvisorio senza avere quello che gli spetta c'è. Manca tutto il resto per rendere appetibile il Parma: parlo del debito sportivo, della situazione contrattuale per le prossime stagioni e di una classifica che comunque determinerà l'acquisto di una società da iscrivere alla Serie B e tutto ciò che ne consegue. Per arrivare a giocare a calcio a certi livelli la professionalità e i meriti devono esserci, per essere dirigenti a quei livelli invece non servono. Servono le relazioni, i soldi, e a volte si pagano mancanza di professionalità e spirito da parte di dirigenti che creano queste situazioni. In questo momento c'è il Savoia che non sa neanche se riesce ad organizzare una partita. Il Monza sta disputando un campionato senza conoscere il proprio futuro. Il Varese. Tutte situazioni in cui si parla di professionismo. Ma per fare il professionista calciatore devi avere dei meriti. Per essere dirigente no e quindi ci sono figure che creano danni a tutti quanti.

Può essere una sorta di anno zero per il mondo manageriale? 

Abbiamo vissuto anche delle elezioni federali quest'anno e sappiamo come sono andate. Non so se questa nuova classe dirigenziale possa esprimere qualcosa di meglio. Purtroppo è un'amara considerazione ma penso che dobbiamo lavorare molto sulla base, e che si debbano avvicinare anche persone che vogliano fare calcio, nel loro paese o nel loro quartiere, in maniera positiva. E invece il calcio in Italia è uno status. Chi cerca visibilità, consenso sociale, una posizione all'interno del proprio micro-mondo sociale, prende la squadra di calcio fa vincere due campionati  diventa elettore federale o comunque esprime poi ciò che è vertice nazionale. E' un discorso complesso ma credo che la classe dirigenziale attuale dovrebbe fare un passo indietro e non so se lo farà.

Per la Roma doveva essere anno della conferma. Di conferme ne sono arrivate ben poco. Una tua impressione su questa fatica della Roma?

Il campionato scorso e le basi poste facevano ben sperare. La partita di Torino, al di là degli episodi, aveva detto che quella Roma quel livello l'aveva raggiunto e che ci si giocava alla pari le partite contro chi sta dominando e ha dominato negli ultimi anni. Ora rimane che fortunatamente la Roma non è scivolata al decimo posto: si sta lottando per il secondo posto e purtroppo la condizione e le prestazioni degli ultimi mesi parlano di una fatica a riprendere la marcia giusta e a tornare quelli di inizio anno. I giocatori comunque sono quelli di inizio anno. Bisogna dire che alcune pedine importanti sono rimaste infortunate per molto tempo e hanno forse tolto un po' di sicurezza alla Roma. La Roma sta facendo il massimo comunque, e ha fatto un'ottima prima parte di stagione. Il cammino in europeo poteva certo essere migliore e dare migliori risultati. Può capitare un calo di forma o un partita in cui non si riesce a giocare al proprio livello. Purtroppo si sta prolungando quest' rendimento altalenante che non è da Roma alla quale eravamo abituati.