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Stekelenburg, orange “numero uno” della nostra storia

(di Matteo Luciani) E venne il giorno del primo olandese a Roma. Maarten Stekelenburg è ormai un giocatore giallorosso dopo settimane di rinvii, smentite, e tensioni sull’asse Roma-Amsterdam.

Redazione

(di Matteo Luciani) E venne il giorno del primo olandese a Roma. Maarten Stekelenburg è ormai un giocatore giallorosso dopo settimane di rinvii, smentite, e tensioni sull’asse Roma-Amsterdam.

L’interesse della Roma per il portierone orange è stato forte sin dall’inizio di questa estenuante trattativa e, seppure la chiusura per l’estremo difensore camerunense dell’Espanyol Kameni fosse realmente ad un passo, il vero obiettivo a cui affidare le chiavi della porta giallorossa è sempre stato Stekelenburg.

 

Questo gigante olandese, 1.97 m per 84 kg, ha debuttato nel 2002, a soli vent’anni, nell’Ajax allora allenato da Ronald Koeman e da lì non si è mai mosso. Tantissimi gli attestati di stima e di interesse nei suoi confronti da parte dei più importanti club europei nel corso degli anni, lo United di Sir Alex Ferguson su tutti, che, prima dell’acquisto dell’under spagnolo 21 De Gea dall’Atletico Madrid, questa estate aveva puntato gli occhi proprio su Stekelenburg. Il dato statistico che incuriosisce riguarda la sua nazionalità e il legame con il mondo romanista. Strano ma vero, mai, infatti, un olandese ha vestito la casacca romanista, eppure le occasioni in cui questa possibilità è stata concreta e ad un passo dalla chiusura sono state diverse.

La trattativa che torna subito alla mente dei sostenitori giallorossi non può che essere quella riguardante il forte nazionale olandese del PSV Gerard Vanenburg, nell’estate del 1989. Divenuto Campione d’Europa con l’Olanda negli Europei in Germania dell’88, quelli dello storico gol-capolavoro di Van Basten in finale contro l’URSS per intenderci, Vanenburg era un’ala destra della quale l’allora presidente Viola e il ds Mascetti si erano calcisticamente innamorati. Per giorni sui principali quotidiani nazionali la trattativa fu data per conclusa, con le parole del presidente Viola che tranquillizzava tutti sul buon esito dell’affare. In realtà alla fine sfumò tutto proprio quando sembravano non esserci più dettagli da limare per dare l’annuncio del trasferimento del calciatore alla Roma. Dopo aver lasciato partire Koeman, in direzione Barcellona, infatti, la società olandese decise di ritirare dal mercato Vanenburg, facendogli addirittura firmare, pochi giorni dopo il fallimento dell’affaire Roma, un contratto di otto anni. A quel punto fu chiaro a tutti come la mossa di Vanenburg fu soltanto un’abile, e poco corretta, strategia di mercato per ottenere il nuovo contratto dal PSV Eindhoven, per la rabbia della dirigenza e dei tifosi romanisti.

I casi più eclatanti riguardanti l’ultimo ventennio, invece, sono senza dubbio tre: Clarence Seedorf, Ruud van Nistelrooy ed Edgar Davids. Tre momenti distinti in cui la Roma di Franco Sensi si trovava dapprima ad essere un team in cerca di affermazione a livello nazionale e poi, dopo lo scudetto del 2001, ad essere ritenuta un vero e proprio punto di arrivo nella carriera di un calciatore, ma andiamo con ordine.

Clarence Seedorf è stato veramente ad un passo dall’arrivare a Trigoria nell’estate del 1999. Era la prima stagione dell’era Capello, quella che si sarebbe conclusa poi con un deludente sesto posto, e Franco Sensi sembrava voler aprire i cordoni della borsa in maniera importante per soddisfare le richieste dell’allenatore di Pieris e lanciare la Roma nell’elite del calcio europeo. Ha già acquistato casa a Roma”, “Sbarcherà tra poco a Fiumicino”, queste erano le frasi più ricorrenti nel panorama radiofonico romano in quelle giornate di 12 anni fa. Il resto è storia: Clarence Seedorf rimase al Real Madrid per poi passare nel mercato di riparazione del 2000 all’Inter di Massimo Moratti, con alterne fortune, e infine al Milan dove ha vinto tutto il possibile per un calciatore.

Ruud van Nistelrooy, invece, seppur per poco tempo, si era sentito a tutti gli effetti un giocatore della Roma. Anche qui bisogna andare molto indietro con la mente, inizio del nuovo millennio, anno 2000. I giallorossi sono alla ricerca di una punta pesante, quel bomber che Fabio Capello non riesce ad identificare con l’aeroplanino Vincenzo Montella, il quale spesso, e malvolentieri, viene richiamato in panchina nel corso della sua prima stagione alla Roma. Troppo poco forte fisicamente Montella per poter rappresentare nell’ideale di calcio capelliano il centravanti pronto a far salire la squadra e a fare a sportellate con i difensori avversari. In questo contesto nasce l’interesse, e la conseguente chiusura della trattativa per il bomber allora militante nel PSV Eindhoven. Il calcio però è strano e, proprio all’inizio di quell’anno, accade che van Nistelrooy resti vittima di un gravissimo infortunio al ginocchio che manda in fumo tutto il lavoro fatto dalla dirigenza giallorossa. La Lazio stava per vincere il secondo Scudetto della sua storia e Franco Sensi decise di non voler badare a spese, spendendo 70 miliardi delle vecchie lire per acquistare Gabriel Omar Batistuta, centravanti del terzo tricolore romanista, dalla Fiorentina di Cecchi Gori. Poco male per van Nistelrooy, il quale l’anno successivo passò al Manchester United per poi proseguire la sua carriera, piena di successi personali e di squadra, nel Real Madrid allenato proprio da Capello.

L’ultimo interessamento di rilievo riguardante un tulipano a Roma ci porta all’estate 2002. I giallorossi sono reduci da una stagione post-Scudetto conclusa al secondo posto, con un possibile bis tricolore gettato letteralmente alle ortiche tra Lecce e, soprattutto, Venezia. Capello chiede a gran voce rinforzi dopo gli arrivi, tutti a parametro zero, di Bombardini, un Guardiola ormai a fine carriera e Sartor. Dalle pagine dei principali quotidiani nazionali rimbomba il grido di allarme di Don Fabio: “Siamo da quarto posto”. Il capitano Francesco Totti si accoda alle richieste del suo tecnico nei confronti del presidente Sensi e reclama lo juventino Davids, obiettivo dichiarato di quel mercato estivo romanista, per far fare il salto di qualità al centrocampo giallorosso. Un’ennesimo tentativo andato in fumo: anche in questo caso infatti, dopo mille proclami, Davids deciderà di rimanere alla corte di Marcello Lippi, vincendo peraltro lo scudetto nella stagione 2002-2003, mentre la Roma, invischiata in una miriade di polemiche arbitrali e riguardanti il Palazzo, finirà ottava.