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Spinazzola: “Mentalmente mi sento giovanissimo. Mourinho è unico”

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Il terzino giallorosso ha rilasciato una lunga intervista a StarCasinò Sport: "Da piccolo segnavo ma la mia testa diceva sempre di fare assist"
Redazione

Leonardo Spinazzola è stato intervista nel nuovo appuntamento Q&A di StarCasinò Sport. Un lungo racconto che parte dai primi passi nel mondo del calcio, fino ad arrivare nella capitale. Ecco le sue parole:

Da poco hai compiuto 30 anni, è una bella cifra. "È una bella cifra, mentalmente mi sento giovanissimo, però erano meglio i 18anni. Un bilancio? Stiamo bene, abbiamo figli stupendi, moglie stupendi, genitori e sorelle tutti bene. A livello di carriera ottimo".

Gli infortuni, hai mai pensato di non farcela o sei sempre stato ottimista?"Nono, ci sono stati parecchi mesi ma di non farcela nel senso che ritorno a giocare ma non come avrei voluto, quello è il non farcela, il non essere tornato me stesso. È il mio dono e il mio difetto che la pazienza è poca, io voglio risultati immediati e quindi è un dono e un difetto".

Sei stato paziente, hai fatto la gavetta, cambiando diverse squadre? "Si perchè sono duro. Io do molte testate. Dopo c'è un momento che cado e quello mi da la scintilla per rialzarti e superare".

Quando hai capito di avercela fatta? "A livelli alti da quando ho cambiato ruolo che prima facevo l'esterno alto, il quinto. Ai livelli alti quando ho giocato a quattro da terzino. Li ho detto posso arrivare in alto in questo ruolo".

Segnavi da piccolo. "Si però la mia testa diceva sempre di fare assist, sempre, però segnavo perchè ero uno dei più forti e segnavo molto. Poi dopo mi hanno spostato più esterno e già li ho segnato meno gol, facevo molte più corse, assist. Più salivo di livello e più mi dicevano vai indietro che è meglio".

Zambrotta era il tuo modello? "Ce ne sono tanti. Zambrotta, ma anche Marcelo che non reputo un 10. Non sono terzini, sono registi, fanno tutto. Maicon, Marcelo, Dani Alves che vedeva la giocata prima. Io mi sono allenato molto col sinistro dopo il crociato. Poi avevo Mandzukic e Ronaldo, dovevo fare i cross perfetti. Mi dicevo che dovevo migliorare, non potevo sbagliare i cross con loro. Questo mi spingeva a tenere alto il meglio. Sulle diagonali e il colpo di testa posso migliorare".

La partita che rigiocheresti tra quelle andate bene? "La mia prima in Champions. Una serata perfetta, sia per me che per la difficoltà del risultato. Juve-Atletico, la prima in Champions. La perfezione".

Come è stato il cambiamento Torino-Roma? "Sono totalmente diverse. A Torino non ti fermano in molti, ti lasciano tranquilli. Giorgio Chiellini andava in giro in monopattino, poi è più piccola e a misura d'uomo. Roma è più caotica. Non sapevo gli orari del traffico e rimanevo imbottigliato e io impazzivo. Un'ora e mezza per dieci chilometri. Venivo da realtà diverse, più piccole. Roma è un altro mondo".

Quanto ti danno i tifosi? "Tanto, uno stimolo in più".

La festa per la Conference League? "Me lo immaginavo. Ci sono video passati, so che qui sono 'matti', completamente. Quel giorno me l'aspettavo e non abbiamo fatto tutto il giro".

Più impressionante la festa per la Conference o per gli Europei? "Quelli per la Roma, un casino così... E non abbiamo finito il giro. L'Europeo lo ricorderemo per tutta la vita, è nazionale e non di una città".

Perché Mourinho è Special? "Perché sotto il livello caratteriale ci serviva e ti dà qualcosa in più. Durante gli allenamenti si sente poco, poi quando si deve far sentire con tutti si fa sentire. Ti fa capire dove sbagli e dove fai bene. È unico. Sotto l'aspetto della gestione Allegri è molto simile, ma sono molto diversi".

Il legame con Gianluca Mancini? "Abbiamo fatto insieme Perugia, Bergamo e Roma. Sei anni insieme. Dopo i primi due giorni a Perugia ci siamo attaccati. È un'amicizia che porteremo anche dopo che smetteremo di giocare a calcio".

Col calcio è stato colpo di fulmine? "Si giocavo dalla mattina alla sera, prima si giocava. Magari in mezzo c'era il nascondino, ma erano altri tempi e un'altra vita. E tanti bambini stavano a giocare. Ho capito subito che volevo fare questo. Anche se stavo da solo mi mettevo lì a fare battimuro, papà mi guardava. Giocavo anche con i videogiochi delle macchine con mamma, poi ho fatto sempre giochi di guerra, il calcio mi annoiava. Prendevo magari Real Madrid e Barcellona, il City".

La tua giornata tipo? "La mattina allenamento, poi mi riposo con mia moglie mentre la piccola dorme. Poi vado a prendere mio figlio e se è bel tempo andiamo al parco. Poi cena e ninne. Molto tranquillo".

Hai un posto del cuore a Roma? "A passeggiare vado in centro, più cena con mia moglie e relax. Però non mi riconoscono tanto, ci sono tanti stranieri. È diverso il centro città da fuori. Altrimenti resto a casa, preferisco fare una passeggiata con i miei figli".

Il tuo prossimo tatuaggio? "No, basta. Stop. Vorrei farmi tutte le gambe, ma poi è troppo. Al massimo un 'maori' su tutta la gamba. Sono quattro tatuaggi, devo fare il quinto, devono essere dispari".

Hai due sorelle più grandi. "Una di 44 e una di 42. La maggiore aveva 14 anni, l'adolescenza, poi lei è un po' pazzerella. Era quella più distante da me. La seconda è stata sempre quella che stava accanto alla culla o al passeggino insieme a mia mamma. C'erano sempre loro tre, mamma, papà ed Elisabetta, la sorella di mezzo".

Come va col romanesco? "Bene. Non dico tante volte 'Daje'. Più 'annamo', a mio figlio".