Non è rimasto più nulla. Ci guardiamo intorno come in quei film di guerra quando fischiano le orecchie per l’esplosione di una bomba e la telecamera si muove all’impazzata per far capire il senso di panico provato dall’attore. Alle 8,30 di mattina, di un'anomala mattina di metà maggio, è caduto l’ultimo ordigno sulla passione dei tifosi romanisti. L’ultimo atto della deromanizzazione iniziata dieci anni fa si è concluso. Via l’ultimo capitano, strappato l’ultimo pezzo di cuore, ammainata l’ultima bandiera. Useremo spesso la parola ultimo, e non ce ne vogliano Florenzi o Pellegrini. Daniele De Rossi, DDR, Capitan Futuro giocherà le sue ultime due partite con la Roma e poi dirà per sempre addio alla maglia che ha indossato senza sosta dal 2001 ad oggi. Vincendo poco e chiudendo contro il Parma, la squadra contro la quale la Roma ha festeggiato l’ultimo scudetto. Lo ha festeggiato anche lui, da tifoso. Quello che è sempre stato, quello che sempre sarà. L’ha vissuta così lui questa sua unica carriera. Se ne avesse avuta un’altra ha sempre sostenuto che l’avrebbe rigiocata con la Roma. E ci crediamo.
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SIAMO SOLI
Via l’ultimo capitano, strappato l’ultimo pezzo di cuore, ammainata l’ultima bandiera. Daniele De Rossi, DDR, Capitan Futuro giocherà le sue ultime due partite con la Roma e poi dirà per sempre addio alla maglia che ha indossato senza...
Ha iniziato coi capelli lunghi e la faccia slavata. Ma sempre con quella vena di passione, sempre con quegli occhi azzurri d’amore. Sembra di rileggere gli editoriali su Totti. L’addio più doloroso ma almeno in quel caso ci avevano avvisato della malattia incurabile. La morte sportiva rappresentatadall’addio di De Rossi ci ha colti all’improvviso, ci ha scossi perché volevamo ancora credere che le indiscrezioni dei giornali fossero solo fantasie. E invece De Rossi, il nostro numero 16 è stato scaricato. Con un comunicato scritto dall’altra parte del mondo, a Boston. O almeno così è firmato. L’ennesima fiammata da Drakarys che incendia quel poco che era rimasto nel cuore di tifosi stanchi, depressi, nemmeno più incazzati. In 10 anni sonoarrivati trofei ZERO. E questo per una società che non si chiama Real potrebbe anche starci. Magari non per De Rossi che ha creduto per primo alle promesse degli americani rifiutando il Manchester City per provare l’ebbrezza di uno scudetto vinto a Roma. Lui che appena un mese fa riapriva il sogno Champions col gol alla Samp e che contro il Barcellona aveva dato la carica. Nell’unica partita veramente indelebile della gestione Pallotta. Niente da fare.
Accanto a lui sono apparsi campioni, buoni giocatori e mezze cartucce. E si sono volatilizzati tutti nell’arco di pochi mesi. Il vero problema è che in questi 10 anni sono arrivate pure le seguenti amarezze: il 26 maggio, il benservito a Totti con tanto di esclusione dalla rosa, lo stravolgimento dello stemma, il declassamento di Bruno Conti, gli insulti agli ultras, le cessioni di simboli come Nainggolan e Strootman, il cambio della data di nascita del club. Abbiamo pianto più di tristezza che di gioia. A chiudere il cerchio ecco l’ultima beffa. Perché De Rossi non ha deciso di abbandonare il calcio nonostante i problemi fisici. Daniele continuerà la sua avventura da calciatore altrove. Con un'altra maglia. Chi se ne frega se ha le stelle e strisce o se è di un altro club europeo. Vederlo senza quei colori addosso farà male. Vedere questa Roma che quasi non sembra più la Roma fa peggio. Una Roma che ricorre ai video di ex giocatori, che per strappare applausi deve invitare Cafu all’Olimpico. A quell’elenco ora ci sarà pure De Rossi, prima del tempo. Ciao Daniè, il FUTURO è tuo.
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