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Santiago, figlio di Walter Sabatini: “Se Ranieri chiamasse non ci penserebbe due volte”

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Il figlio dell'ex ds giallorosso ammette che il papà tornerebbe di corsa a Trigoria: "Ma deve rimettersi in forma. A Roma lui era un robot, si svegliava e beveva il caffé come dirigente, non come Walter Sabatini. È geloso di non esserci più"
Redazione

La Roma in mano a Claudio Ranieri. In questo momento i Friedkin si sono affidati in maniera importante a lui, con il compito anche di scegliere il prossimo allenatore e magari un altro dirigente. Tanti nella piazza giallorossa non hanno dimenticato per niente Walter Sabatini, protagonista dell'ultima grande Roma che ha strappato applausi. Della situazione giallorossa e di un eventuale romantico ritorno dell'ex ds, ha parlato proprio Santiago Sabatini, figlio di Walter, in diretta su 'TvPlay':

La situazione Roma come la vedi? "A Roma è mancata negli ultimi anni l'umanità, quel sentore che fa andare avanti il calcio. E questa mancanza ha fatto fare scelte sbagliate anche in dirigenza. La scelta di Ranieri la vedo bene, come rimettere la chiesa al centro del villaggio. Romano, romanista, ma soprattutto una persona di calcio che può fare le scelte razionali per il bene della Roma. Lo vedo come un ritorno alla normalità, almeno momentaneamente. Se avrà poteri decisionali sono fiducioso che la Roma possa cominciare un progetto fondato su uomini di campo e di calcio, magari anche vecchio stile. Potrei dire mio padre, ma sarei troppo di parte. A me piacerebbe Tony D'Amico, che magari non si mostra tanto davanti alle telecamere ma è uno che sta lì, conosce tutto nel centro sportivo".

Se Ranieri dovesse chiamare tuo padre? Accetterebbe? "Neanche rispondo, è ovvio, non ci penserebbe neanche due volte. Il suo più grande sentimento 'contro' la Roma da quando se n'è andato è stato la gelosia di non avere la Roma. Quindi anche sbagliare, ma dice 'voglio sbagliare io e starci dentro io, non vedere gli altri che sbagliano'. Se c'è anche solo un 1% di possibilità si deve rimettere in forma, non che sta a letto ad aspettare". Ho vissuto papà alla Roma che ero piccolo, l'ho sempre voluto rivedere in forze nel suo ufficio, soprattutto con la percezione che ho ora del calcio. Io vorrei fare il suo lavoro, quindi vorrei vederlo nella mia squadra, come pensa e ragiona. Lui alla Roma era diventato un robot, era della Roma 24 ore su 24. Non era più Walter Sabatini, ma il direttore sportivo della Roma. Si svegliava come ds della Roma, prendeva il caffé come ds della Roma, anche se non andava mai a dormire. E da lì era solo quello. Lui pensava a chi prendere, agli allenamenti, ai ragazzi, che doveva parlare con Iturbe che aveva un problema, che doveva andare in ufficio e chiamare Frattesi per dirgli che diventerà un grande giocatore sennò lo bastono, doveva mettere una clausola, chiamare Antenucci. E io non l'ho vissuto così papà, vorrei rivederlo per questo in certe vesti".

Il colpo a cui è più legato? "Lui cambia sempre un po' versione, dipende dal contesto. Spesso dice Dzeko, che non era una scoperta, ma per l'operazione e i costi. Ma soprattutto lui dice 'la gioia che mi ha messo prendere Dzeko e vedere tutte quelle persone felici non me l'ha mai data nessuno'. C'erano 3000 persone all'aeroporto. Lui è legatissimo anche a Marquinhos, fu una bella intuizione. Lui mi insegna sempre che per fare questo lavoro bisogna ascoltare sempre le persone. Lui era in ufficio, poi è entrato Simone Beccaccioli e gli dice di dare un'occhiata a un giocatore che aveva fatto un recupero fuori di testa. Lui lo ha visto e ha detto 'io questo lo prendo', così è andato in Brasile e lo ha preso. Poi anche a Ederson è molto legato".

Sui Friedkin. "Sono sempre stato molto critico, ma tutto ciò che è passato dopo papà l'ho sempre criticato. Quindi il mio giudizio è condizionato. Ma all'inizio come facevi a criticare i Friedkin? Ti portano la Conference, Mourinho, tanti soldi. Pallotta dicevano che non capiva di calcio, ma si è sempre circondato di persone competenti. Monchi non l'ho mai sopportato, lì ha sbagliato, ma era un dirigente internazionale, non l'ultimo arrivato. A posteriori non si può dire che Pallotta ha fatto un brutto lavoro. Negli ultimi due anni è venuta a mancare l'umanità. Ho saputo di licenziamenti di persone 'normali'. Se mancano certe cose poi il calcio si sfalda. Quando manca l'umanità non può funzionare, il calcio non è freddo ma umano.