The History Maker. L'artefice della storia. Si chiama Francesco, a molti sembra sempre un ragazzino, invece l'anagrafe (malvagia) dice 38. Mamma quanti. Tanti davvero. Non ce ne rendiamo conto, perché per noi vederlo giocare ai livelli più alti è un'abitudine ormai consolidata. Come il cappuccino a colazione, il piatto di pasta a pranzo, la fetta di carne a cena. Se c'è la Roma, c'è Totti. Binomio indissolubile. Pura e dolce consuetudine, da vent'anni a questa parte. Secondo la nostra percezione immediata, fa tutto parte della normalità. E' tutto così meravigliosamente ripetitivo. E invece normale non è.Non può essere.
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San Francesco, Sua Eternità
L'ultimo capolavoro di un campione infinito, che a 38 anni scrive nuovamente il suo nome nel libro della storia
Marcatore più anziano della storia della Champions League. Totti supera Giggs, non uno qualsiasi. Francesco che ad anni 38 scrive un altro capitolo del suo manuale eterno. E non lo fa dentro l'arcinoto GRA, e nemmeno all'interno dell'ormai stantio Stivale, il cui livello calcistico globale rasenta sempre più il penoso. No, Francesco per brindare al suo primo gol stagionale ha scelto il palcoscenico migliore. Etihad Stadium, Manchester. La casa dei campioni d'Inghilterra. Il paese che mai, prima d'ora, l'aveva visto andare in gol con la maglia della Roma. La trentottesima perla europea del Capitano, diciassettesima in Champions, è stata la perfetta sintesi del suo infinito percorso sportivo: l'intelligenza nel saper leggere l'azione, la scaltrezza nel partire in posizione regolare sull'assist di Nainggolan, la freddezza davanti al portiere, la classe immensa nell'esecuzione. Sintesi. Storia. Poesia.
Il condimento al gol è stata la sua partita. Strepitosamente completa. Regista offensivo, faticatore d'eccezione, luce eterna in mezzo al campo. Doppietta sfiorata, altre perle esibite qua e là sul manto erboso dell'Etihad. Sino alla sostituzione, accompagnata dai (pochi) fischi ingenerosi di qualche giovanotto inglese a cui i colori del City evidentemente si addicono, e dagli applausi (tanti) di chi non può far finta di niente di fronte ad un'istituzione del futbol. Giusto così. Impossibile non restare perlomeno incantati dall'ultimo artista della sua generazione. Vieira, Shevchenko, Nesta, Ballack, Van Nistelrooy, Seedorf, Ronaldo. Volti e immagini della storia. Leggende viventi che però, nel calcio, hanno già detto tutto. Da tempo. Sono tutti classe 1976. Come Totti, che certe cose in campo le fa ancora. E le rifarà.
Il mondo lo celebra, l'Europa lo coccola. Perché lui è il legame col passato, il segno della continuità tra varie epopee calcistiche. E soprattutto l'esempio da seguire. Segreti? Pochi ma buoni. Serietà nel lavoro quotidiano, voglia di migliorarsi, stimoli e fame di vittorie. Uniti all'amore per la Roma, che lo porta a non volersi accontentare di quanto già raccolto in carriera. Lui, che ha già realizzato i sogni di una vita (scudetto con la propria squadra del cuore e titolo mondiale con l'Italia), ne ha altri da inseguire. Da Boskov a Garcia, dall'incubo Ciarrapico al sogno americano. Nel mezzo soltanto emozioni. Con l'impressione nitida, l'idea più o meno chiara, la speranza quasi fanciullesca che il bello debba ancora venire. Che il giorno maledetto dell'addio sia ancora un puntino lontanissimo all'orizzonte. E' bello pensarlo, perché è Totti stesso a ringiovanirsi e rinfrescarsi di giorno in giorno. Dando a noi, che con la sua classe e le sue esultanze siamo cresciuti, la sensazione di essere ancora bambini.
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