Non si vive solo di Instant Team. Josè Mourinho l’ha sempre saputo e approfondirà il tema ancora di più in tempi di crisi da Covid. Nella prima uscita “pubblica” della sua Roma, infatti, a brillare non sono stati Zaniolo o Dzeko. Big di una squadra che necessita ancora di tanto mercato per diventare davvero grande. A far brillare gli occhi allo Special One sono stati ancora i giovanissimi. Nell’ordine: Zalewski, Bove, Ciervo e Tripi. Con speciale menzione per i primi due che da tempo hanno convinto sia Bruno Conti che Tiago Pinto. Avvertenza per gli scettici: non si tratta del solito pezzo di fine luglio in cui bisogna per forza trovare uno spunto per far sorridere la piazza. Perché il talento di Nicola Zalewski era nascosto finora solo a chi non aveva avuto possibilità di vederlo. Da quando è sbarcato nella capitale da Lisbona (terra di giovani fenomeni) Tiago Pinto va in estasi appena gli viene nominato. Privatamente lo paragona addirittura a un baby Lewandowski. Ma prima di lui ad aver notato le enormi potenzialità del polacco di Tivoli erano stati pure Petrachi e Fienga che avevano rifiutato offerte di prestito dalla serie B. “Questo vale già la serie A, ci dispiace”, la risposta garbata. E infatti verranno prese (forse) in considerazione solo proposte serie per far crescere l’attaccante. Subito dietro ecco la faccia seria di Edoardo Bove, studente di Economia e il paragone già pesante di nuovo Barella. Anche in questo caso la sorpresa è relativa perché il centrocampista è stato tra i migliori dell’ultima Primavera e ha attirato gli occhi già di diversi club di serie A. Ottimo anche l’impatto nel finale di Ciervo, lui sì destinato a un prestito. Al loro fianco, idealmente, a Trieste c’erano due che la serie A l’hanno già gustata da tempo e che al momento sono out per problemi fisici: Riccardo Calafiori ed Ebrima Darboe.
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Roma, Zalewski e i suoi fratelli: la categoria giovani intriga Mou
A far brillare gli occhi allo Special One contro la Triestina sono stati ancora i giovanissimi
MOURINHO SCOPRITORE DI TALENTI
Una Roma giovane quindi? No. Lo dimostra il mercato che propone e porta nomi ben più esperti come Rui Patricio e Xhaka. Però la carriera di Mourinho parla anche di grande valorizzazione di giovani promesse. Josè nei suoi illuminanti viaggi per mezza Europa ha fatto esordire 47 under 21 e valorizzato talenti o pseudo-tali che altrimenti si sarebbero persi. A partire dal Porto dove non ha mai guardato all'età, ma solo alla qualità e all'adattamento. Nel 2004, ha vinto la Champions League schierando titolare Carlos Alberto, trequartista all'epoca diciannovenne appena arrivato dal Brasile. E non era il solo: Ricardo Costa e Hugo Luz. Al Chelsea ha fatto di meglio. Un esempio? Ha lanciato Cech fra i pali, il resto della carriera del portiere parla da solo. All’Inter ha creduto in Santon, all’epoca ancora brillante. E le ha provate tutte con Balotelli. Al Real Madrid un tris di esordi e scoperte: Casemiro, Nacho e Morata, ancora oggi a dieci anni di distanza protagonisti in Europa. Luci ed ombre al suo ritorno al Chelsea dove non ha dato spazio a Kevin De Bruyne e Mohamed Salah, ma il tecnico si è difeso spesso dicendo di non aver mandato via l’egiziano ma anzi di averlo voluto con forza. A Manchester affidò la mediana a McTominay facendo arrabbiare Pogba. Insomma, se i mezzi ci sono la carta d’identità non serve. A patto di essere sulla sua stessa lunghezza d’onda. E questo riguarda pure chi grande (di fama) già lo è come Zaniolo.
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