Un imperatore, un clima da Colosseo e alla fine le braccia alzate: Roma ha vinto. E scomodiamola questa storia romana, scomodiamo quei clichè che qualcuno riteneva da “cesaroni". Con l’aria tra lo schifato e il divertito con pashmina al collo e la spilla col nuovo logo che non è mai piaciuto a nessuno. L’Olimpico ieri è stato commovente, come non lo era da una marea di tempo. Non la Sud, quella è guidata da tempo da tifosi che vanno oltre gli ostacoli del cuore. Quelli messi qui e là in questi anni di spalti semivuoti e leoni da tastiera. E non per colpa del Covid. C’è stato un tentativo di alterare geneticamente il Dna di questa tifoseria e di questa squadra. Tentativo fallito. Sono tornati tutti: i tifosi di ieri, quelli di oggi, quelli di domani. E’ tornato Totti, sono tornate le coreografie senza censure, è tornata la voglia di andare allo stadio con 2-3 ore di anticipo. Roma si è divincolata e liberata dopo essere stata annegata nel cashmere, oppressa dai profumi dei salotti per bene. Ci hanno provato anche ultimamente criticando l’atteggiamento troppo partecipativo della panchina romanista che di certo non indossa giacche bianche da aperitivo al Singita. Ora chi lavora nella Roma lo fa per la Roma, e non solo per se stesso. Con modi rudi? Ben vengano, è calcio. Chiedete all’Atletico Madrid. I tifosi lo hanno capito e sono tornati a soffiare tutti dalla stessa parte, uniti come non si vedeva dal 2000. Merito dei Friedkin che hanno adottato una politica di ricompattezza.
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Roma, una notte vecchie maniere per cancellare la propaganda delle bugie
C’è stato un tentativo di alterare geneticamente il Dna di questa tifoseria e di questa squadra. Tentativo fallito. Sono tornati tutti: i tifosi di ieri, quelli di oggi, quelli di domani
Una scelta di cuore ma anche di cervello. Perché rinunciare a qualche soldino in più al botteghino vuol dire avere un ritorno di immagine enorme che attrae sponsor, giocatori, marketing. La scelta migliore, a paletti, resta quella di Josè Mourinho. Un Cesare come lo erano Liedholm e Capello. Un personaggio che trascende, un capopopolo da seguire senza dubitare mai. Chi ne dubita è miope. La storia a Roma l’hanno scritta uomini come lui. Per mettere l’alloro del vincente servirà un mercato migliore, ma già quest’anno lo Special One potrebbe portare un trofeo che manca da 14 stagioni. Un lasso di tempo infinito che ha quasi distrutto una generazione sommersa da plusvalenze, bilanci e addii “necessari” come quelli a Totti e De Rossi. Roma è tornata quello che è sempre stata: la squadra del popolo. In quel coro a fine partita ieri c’era tutta quella voglia di urlare: guardatece, semo i più belli. Alla Marchese del Grillo. Anche se è solo Conference. La storia siete voi, e se qualcuno si sente offeso chi se ne frega.
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