(asroma.it)Roma, 14 settembre 1997, allo stadio Olimpico è in programma una “classica” del calcio italiano: Roma-Juventus. Sul terreno verde scende in campo un ragazzo biondo, romano di San Giovanni, di quasi ventuno anni, con la divisa giallorossa.
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Roma-Torino: Totti raggiunge le 550 presenze con la maglia n.10 della Roma
(asroma.it) Roma, 14 settembre 1997, allo stadio Olimpico è in programma una “classica” del calcio italiano: Roma-Juventus.
Quel ragazzo è un talento puro del vivaio di Trigoria, come non se ne vedevano da anni. Un enfant prodige, tanto da esordire in Serie A a sedici anni e mezzo, grazie a Vujadin Boskov in un Brescia-Roma del ‘93. Il mister serbo è solo il primo che incontra per la strada. Con Carlo Mazzone, gli anni successivi, trova una figura paterna, prima ancora che un allenatore, che lo coccola e lo protegge dalle troppe attenzioni della stampa.
Con Carlos Bianchi non si prende molto: il tecnico argentino, che nel suo paese aveva fatto incetta di trofei, ad un certo punto della sua esperienza romana avalla la cessione in prestito alla Sampdoria per ottenere in cambio il finlandese Litmanen dall’Ajax. Arriva, poi, il torneo “Città di Roma” in cui il ragazzo biondo in questione – sul piede di partenza – sfodera una prestazione da fuoriclasse autentico, tanto da convincere il presidente Sensi a stracciare il contratto di vendita e ad accantonare l’idea Litmanen.
A lasciare la Roma è invece Carlos Bianchi e, l’anno successivo – ‘97-‘98 – viene ingaggiato per la panchina Zdenek Zeman che nel ragazzo biondo confida parecchio per rilanciare la Roma ad alti livelli dopo la parentesi “Carlitos”. Ci conta il boemo, ma anche i compagni di squadra, i “veterani” Di Biagio, Delvecchio e Totti che nel ritiro austriaco di Kapfenberg gratificano il giovane con il numero 10, quello che fino a due anni prima indossava il suo idolo, Giuseppe Giannini. Zeman lascia l’assegnazione delle maglie ai suoi giocatori, ma quando lo mettono al corrente, annuisce dicendo: “Bravi, decisione giusta. La 10 lo stimolerà e lo responsabilizzerà sensibilmente”.
Lui, il biondo, aveva avuto il 17 nella stagione Bianchi e il 20 nelle annate precedenti “perché mi porta bene”. Il 10, però, è un’altra cosa. Maradona, Pelè, Baggio, Platini, in una parola: è il calcio. Inizia il campionato della riscossa e la prima giornata si gioca a Firenze, contro l’Empoli allenato dall’esordiente Spalletti. Il ragazzo non è in campo, ma la Roma vince comunque senza problemi. L’esordio con il 10 è solo rimandato alla gara successiva in casa, contro la Juventus di Lippi. Al novantesimo il risultato è come quello dell’inizio, 0-0, ma la prestazione del talento è super e molti tifoso vedono in lui un campione da amare. La prima rete da numero 10 la realizza la settimana dopo, sempre all’Olimpico, contro il Lecce.
Da quel momento, il ragazzo inizia una scalata inesorabile, gol dopo gol, presenza dopo presenza, anno dopo anno. Nel 2001 è il capitano e numero dieci della Roma campione d’Italia. Ma non si ferma lì, da ragazzo diventa uomo e, via via, si afferma come il giocatore più importante della storia romanista per gol e presenze. Ieri, contro il Torino, l’ennesimo primato: 550 apparizioni ufficiali – tra campionato (428) e coppe varie (122) – da numero dieci. 550, che poi sommando le cifre il risultato è sempre lo stesso: 10. Francesco Totti.
Tiziano Riccardi
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