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Roma-Slavia Praga: il dramma dei Millennials va vendicato. E c’è Carletto che vi guarda

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Ogni generazione ha avuto un dramma sportivo, quella dei Millenials ha avuto Vavra e quel maledetto 19 marzo. Proprio 10 giorni dopo la scomparsa di Carletto torna lo Slavia. Non può essere un caso
Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 

Ogni generazione ha il suo tempo, i suoi miti, i suoi ricordi. Ma pure i suoi drammi. Anche quelli sportivi. Per la cosiddetta Generazione X di tifosi romanisti è stata la lotteria dei rigori in finale di coppa Campioni col Liverpool del 1984. C’è stato Grobbelaar, Falcao che non tira il rigore, l’Olimpico ammutolito. Ce lo ricordano i nostri genitori, anche se non ne vogliono parlare più di tanto. Per quella Z o anche per l’Alpha pure se un po’ piccolini c’è stata la doccia gelata di Budapest. E quindi Taylor, il Siviglia e altri rigori maledetti. Roba di ieri, che fa male. In mezzo ci sono i Millennials che erano troppo piccoli nel 1991 quando la Roma perse in finale di coppa Uefa con l’Inter, ma abbastanza grandi per ricordare un gelo enorme. Quel gelo ha un doppio nome: Slavia Praga. Ecco, è proprio quello che scese sull'Olimpico più o meno intorno alle 23 del 19 marzo 1996 quando tale Vavra, superò Cervone a 5’ dalla fine dei supplementari e dopo 2 ore e mezza di battaglia che stava garantendo a una Roma stremata le semifinali della Coppa Uefa. La doppietta di Moriero, il gol di Giannini, la corsa sotto la curva Sud abbracciato a Totti con lo sfondo dello striscione del Commando Ultrà. Una foto iconica, un poster che è entrato nella storia perché figlio di una sconfitta. Chi era quel giorno allo stadio (alzo la mano) ricorda l’enfasi, l’orgoglio, la catarsi. C’era la convinzione di avercela fatta.

In panchina c’era Carletto, in campo Francesco e Peppe, in Sud il Commando e sul trespolo tanti laziali caduti. La Roma era a un passo dalle semifinali e avrebbe trovato il non irresistibile Bordeaux. Niente di brutto poteva accadere. All’andata a Praga era finita 2-0 per i cechi su un campo indegno. Al ritorno un Olimpico da brividi aveva portato la Roma a segnare 3 gol, uno più bello dell’altro. Poi, appunto, quello sconosciuto di Vavra. Come Taylor, come Grobbelaar. Un tunnel degli orrori, un mostro per generazione. Quel gol portò alla fine dell’esperienza di Mazzone con la Roma, e per rivivere le emozioni di sfiorare una semifinale europea bisognerà aspettare 10 anni. “Erano gli ultimi minuti, Aldair salta e gli vengono i crampi. Invece di rinviare, appoggia all’avversario che controlla e tira, il pallone passa in mezzo alle gambe di Lanna. E Cervone…”. Poi, durante quella vecchia intervista, Carletto sospira, alza gli occhi, scuote la testa e rimane in silenzio. Quasi rivive tutto, e non ne parlerà mai più. Qualche settimana dopo Franco Sensi farà altre scelte. Il destino ha voluto che proprio 10 giorni dopo la morte di Mazzone l’urna di Nyon abbia tirato fuori di nuovo quel maledetto Slavia Praga nel girone della Roma. Er Sor Magara l’avrà presa a ridere, magari proprio abbracciato a Franco. “Mo’ se vendicamo”. Speriamo. 

 

Roma-Slavia Praga: il dramma dei Millenials va vendicato. E c'è Carletto che vi guarda

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