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Roma, Pallotta vuole vendere: ecco perché si può ancora convincere Friedkin

Il presidente è disposto anche a una minusvalenza, ma sarà difficile trovare una quadra. Marco Scioli, presidente di Starting Finance: "Stadio e interessi secondari possono essere decisivi"

Marco Prestisimone

Il paradosso è che la critica più aspra che gli abbiano rivolto i romanisti, le plusvalenze, rischia di tornargli indietro come un boomerang. Perché se c'è ancora una speranza per James Pallotta di vendere la Roma a Dan Friedkin è quella di cedere sul prezzo, anche a costo di realizzare una minusvalenza. Gli oltre 700 milioni su cui si era trovato un accordo sul finire del 2019 sono ormai un ricordo e ora potrebbero bastarne meno di 600: i soci spingono per disimpegnarsi definitivamente mentre il numero uno di Boston ha assicurato la continuità economica e aziendale al club. Intanto però prosegue il lavoro ai fianchi per convincere Friedkin a riallacciare i fili del "deal". Non sarà facile, eppure qualche flebile possibilità di natura strategica c'è.

La strategia di Pallotta: prezzo più basso e nuovo monte ingaggi

Che i contatti siano ancora vivi l'ha confermato in un comunicato ufficiale la Roma. Ma con che prospettive? La società nelle scorse settimane ha provato a varare un nuovo piano. Al di là del prezzo della cessione che sarà necessariamente ritoccato sensibilmente al ribasso, il club ha in mente di snellire i costi che lo affliggono. E oltre l'80% di questo totale riguarda quello del personale. Per questo è stato imposto un tetto ingaggi che non superi i tre milioni per i nuovi acquisti, cercando allo stesso tempo di piazzare chi ha gli stipendi più pesanti: è il caso dei vari Pastore, Perotti, Juan Jesus, Fazio... Questo sarà compito di Petrachi, che dovrà garantire anche una solida plusvalenza, magari cedendo Under e piazzando Cristante. I nuovi acquisti? Meglio se giovani e senza eccessive pretese dal punto di vista economico, oppure a parametro zero.

Stadio e turismo: ecco cosa può ancora convincere Friedkin

I dati dell'Institute for Policy Studies raccontano come negli Stati Uniti il virus non abbia toccato i grandi miliardari americani, anzi. Il loro patrimonio nell'ultimo mese è aumentato di 300 miliardi grazie ai guadagni in borsa dei colossi dell'economia digitale come Amazon, Tesla, Microsoft o Zoom, società nelle quali quali si concentrano i pacchetti azionari dei più ricchi. In più, se c'è ancora un piccolo tarlo nella testa di Friedkin che gli consiglia di acquistare la Roma anche dopo l'emergenza coronavirus, è legato a tutta una serie di interessi secondari che fanno parte del suo business e portafoglio. "Quando si va a fare un'operazione di questa portata si lavora sui multipli dei fatturati prospettici e dei margini prospettici - ha detto a Forzaroma.info Marco Scioli, fondatore e presidente di Starting Finance, la prima startup in Italia in materia di finanza dedicata ai millennials -. Ma tutti questi numeri che Friedkin e i suoi soci hanno sicuramente fatto, sono andati in fumo dopo il virus. Comprare la società a un prezzo più basso potrebbe aiutarlo: pagherebbe di meno, coscio di non avere riscontri a breve termine visto che il fatturato dei prossimi due anni è destinato ad essere più basso". Già, ma allora è possibile investire in Italia anche in un momento delicato come questo: "Il tema è complesso e non c'è una risposta esatta - continua Scioli -, l'operazione sarebbe sicuramente meno vantaggiosa. Ma d'altra parte Friedkin chiuderebbe un accordo di portata più bassa che si porterebbe dietro alcuni interessi secondari, come quelli del cinema, del settore alberghiero e del turismo. E anche su questi potrà in futuro sviluppare nuovi business. Senza tralasciare l'aspetto più personale, che ha sempre un peso importante in decisioni di questo tipo: la moglie è un'esperta archeologa e il figlio nella Roma potrebbe finalmente farsi strada tra i grandi". Non c'è dubbio che la vera svolta, per il texano e per tutto il gruppo d'investimento, sarebbe l'ok definitivo allo stadio di Tor di Valle: "Se dovesse guardare all'intero iter, sicuramente sceglierebbe di non investire in Italia. Ma se scegliesse di correre il rischio e comprare la Roma a un prezzo più basso, avrebbe più guadagni potenziali dalla costruzione dell'impianto".

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