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FLORENCE, ITALY - OCTOBER 27: Stefano Okaka Chuka of Istanbul Basaksehir FK gestures during the UEFA Europa Conference League group A match between ACF Fiorentina and Istanbul Basaksehir at Stadio Artemio Franchi on October 27, 2022 in Florence, Italy. (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)
Stefano Okaka, in un'intervista rilasciata a Cronache di Spogliatoio, ha parlato della sua avventura a Roma e del celebre gol di tacco contro il Siena. Queste le sue parole:
Sul gol di tacco. "Un gol promozione di tacco? Li ho già fatti, sono finiti i bonus. Ma andrebbe bene anche un calcio di rigore. Istinto puro, nient’altro. Il contesto ha reso storico quel gol: io che sono cresciuto a Roma, De Rossi che esulta rincorrendomi e urlandomi "Ma che hai fatto?"… e poi l’Olimpico: raramente l’ho visto così. A distanza di 16 anni la gente ancora me lo fa rivedere. Il giorno dopo sono partito per il Fulham. Era tutto fatto già prima della partita, ma il mister una volta rientrati nello spogliatoio mi disse: “Ora faccio qualsiasi cosa per non farti andare”. I documenti però erano già partiti".
Sul rapporto con Cassano. "Era l’anno in cui abbiamo perso lo Scudetto contro la Sampdoria di Cassano. Ad Antonio lo dico sempre: Tutta colpa tua. A Parma avevo discusso con la società ed ero finito fuori rosa. Ricordo che Cassano una sera mi chiamò per sapere qualcosa di più e il giorno dopo andò a parlarci. Gli sarò riconoscente per tutta la vita: il giorno dopo mi reintegrarono in squadra. Antonio è stato un genio del calcio mondiale. Dovevate vederlo in allenamento. È nato per il calcio: uno dei migliori di sempre".
Sul mancato trasferimento al Milan. "Io ero praticamente del Milan. Non avevamo stampato il cartellino perché mancavano le fototessere, ma mi avevano detto: Quando torni la prossima settimana completiamo tutto. Non sono più tornato".
L’arrivo alla Roma. "Il primo giorno ci accolse Bruno Conti. Ci mostrò tutto il centro sportivo: una volta visti bar e ristorante ho capito fosse il posto giusto per me. E poi avrebbero permesso alla mia famiglia di vivere lì dentro: cosa che oggi sarebbe impossibile. Mio padre ogni giorno si fermava a fare colazione con Totti, De Rossi, Cassano e Montella. Era la normalità per tutti. E poi spesso incontrava Spalletti: “Mister, come si comporta Stefano? È bravo”. Per me è come se fosse stato un secondo padre".
L’esperienza alla Roma. "A 18 anni arrivai a Trigoria con un’auto molto costosa. Parcheggiai davanti all’ufficio di Spalletti. Mi vide: “Se ti presenti un’altra volta con questa, non giochi più”. Una volta contro l’Atalanta mi mise in campo a pochi minuti dalla fine. Diciamo che non entrai col piglio giusto… ma il controllo antidoping e Vito Scala mi salvarono. Mi disse: “Non uscire da questa porta, se ti prende ti stritola”. Ancora oggi ci scherziamo".
Su Spalletti. "Nessuno lo dice, ma ha creato un modulo che è passato alla storia. Ha reinventato Totti centravanti facendogli vincere la Scarpa d’Oro".
La prima convocazione contro l’Udinese. "Fossi entrato sarei diventato il più giovane di sempre nella storia del calcio italiano. A 15, 16 anni ero visto come uno dei migliori al mondo. Convivere con quell’etichetta è stato molto complicato. Dovevo sempre dimostrare di essere il migliore. Ho sentito il peso ad un certo punto".
Sul 7-1 di Manchester. "Quella partita non la dimenticherò mai. Lì però ho capito la personalità e la leadership di certi campioni: in hotel ci siamo chiusi in camera di Totti o De Rossi. Ci dicevamo: “Ma che è successo?”. Senza fare drammi, ma eravamo tristi".
La vittoria della Coppa Italia. "Eravamo 7-8 del settore giovanile. Una situazione che non si ripeterà più. C’erano ovviamente De Rossi e anche Chivu: non pensavo facessero gli allenatori, ma per la personalità che hanno sono destinati ad arrivare al top. Sono ossessionati dal calcio".
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