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Roma nel caos, in settimana arriva Pallotta. Domani tutti a rapporto dai dirigenti

(di Daniele Scasseddu) – L’umiliante sconfitta di sabato a Torino ha aperto la crisi in casa della Roma, otto punti dopo sei turni di campionato considerati i tre di Cagliari.

Redazione

(di Daniele Scasseddu) - L’umiliante sconfitta di sabato a Torino ha aperto la crisi in casa della Roma, otto punti dopo sei turni di campionato considerati i tre di Cagliari.

Nessuno tra dirigenti, tecnico e squadra può sentirsi esente da responsabilità: la dirigenza ha sbagliato il mercato, l’allenatore fatica a insegnare il suo calcio e troppi giocatori non sono all’altezza del loro costo o giocano fuori ruolo. E i tifosi hanno cominciato a contestare. In settimana arriva il presidente James Pallotta per dare una scossa all’ambiente.

LE DIFFICOLTA’ DI ZEMAN -Tre mesi di lavoro e nessuna traccia, a parte qualche spezzone di partita, del gioco di Zeman. I numeri cominciano a testimoniare che l’inizio della nuova Roma non è stato all’altezza delle aspettative dei tifosi, che con il ritorno dell’allenatore di Praga avevano ripreso a sognare dopo le delusioni avute con Luis Enrique. La Roma ha 8 punti in classifica, di cui 3 ottenuti a tavolino dal giudice sportivo: sul campo in pratica ha vinto una sola volta su cinque partite giocate. E tutte le sensazioni negative sono riemerse con forza dopo la catastrofica prestazione di Torino. La partenza della sua seconda Roma è in media con gli altri 25 avvii di stagione avuti in Italia. Ma ora i tifosi chiedono di poter riprendere a sognare, mentre invece si sono svegliati sotto la forza degli schiaffi presi dal Bologna in poi. Con 11 gol subiti la Roma oggi si ritrova con la seconda peggiore difesa di serie A, come il Cagliari, il Pescara e il Catania.

Sulla creazione dell’organico giallorosso c’è anche la firma di Zeman, che ha avallato le scelte della società. Le sue iniziali richieste erano state altre: a centrocampo, per esempio, aveva chiesto l’acquisto di Verratti, poi però si è accontentato di avere Tachtsidis, il suo unico desiderio esaudito. Ma quando il club gli ha proposto le altre soluzioni per comporre la rosa, Zeman ha detto sì. Da sabato sera però alcune scelte sembrano più o meno definitive. E allora torna in discussione il mercato messo in atto dalla Roma da un anno a questa parte: gli oltre 60 milioni di euro investiti sono stati spesi bene? Zeman, nel momento della sostituzione di Balzaretti ha mandato in campo Marquinhos, preso come difensore centrale, e nello stesso tempo ha in pratica bocciato quasi definitivamente Piris, non apparso adatto al suo calcio almeno in questo avvio di stagione. Per quel che riguarda gli esterni va ricordato che la Roma ha puntato molto anche su Dodò, non ancora pronto e chissà a questo punto quando potrà essere a disposizione. Anche Bradley non ha ancora avuto più di un’occasione per mettersi in mostra. Della campagna acquisti dello scorso anno poi, sono rimasti Stekelenburg, Pjanic e Lamela, che per motivi diversi sono tutti e tre in grande difficoltà.

ARRIVA IL PRESIDENTE: TUTTI A RAPPORTO - A metà settimana, come da programma, James Pallotta sarà nella capitale. Per la prima volta da presidente, assisterà a Roma-Atalanta, con la speranza di vedere finalmente i giallorossi vincere all’Olimpico, anche perché il successo casalingo manca dall’11 aprile. Di solito, rispetto a Thomas DiBenedetto, a mister Jim è andata sempre bene e si augura di non interrompere la serie positiva.

Pallotta viene per posare metaforicamente la prima pietra del nuovo stadio. Fa bene, perché la Roma, come tanti altri club di serie A, ne ha bisogno. Non è, però, il primo intervento che serve in questi giorni. Il presidente rappresenta la proprietà che, però, è troppo distante. Il quartier generale è a Boston e non a Trigoria. Oggi più che in passato la voce, forte e decisa, del padrone si deve sentire negli uffici della sede e negli spogliatoi del centro sportivo Bernardini. Invece di Pallotta, parlano altri. Per ripetere che prima era peggio, per ricordare gli errori dell’ultima gestione societaria e per dire che finalmente c’è un progetto serio. E’, invece, il momento di voltare davvero pagina. Di guardare avanti e non dietro. Perché poi sono i dirigenti giallorossi a rimproverare a Zeman di tirar fuori i rancori sulla Juve del passato e alla fine anche loro si comportano alla stessa maniera. Criticando chi non c’è più e mettendo in secondo piano il futuro che è poi l’unica cosa che interessa alla gente. 

Pallotta deve subito risolvere il primo problema. Che non è il nuovo stadio, lo ripetiamo. Subito una riunione con il management italiano, con il dg Baldini, il ds Sabatini e l’adFenucci. Solo quest’ultimo ha responsabilità meno evidenti sulla falsa partenza di quest’anno dopo il fallimento nella scorsa stagione. Fenucci ha lo stipendio e la carica di amministratore delegato, ma tutti sanno che il vero ad è Pannes, pure lui distaccato negli Usa.

Baldini e Sabatini, invece, sono al centro della discussione. Il direttore generale continua a ripetere frasi che di giorno in giorno lo allontanano sempre più dalla capitale. Anche lui dipende da Pannes. Per Baldini questo è un affronto, perché era stato chiamato per essere punto di riferimento degli americani e invece non lo è più. Presto dirà a Pallotta di scegliere uno tra lui e l’ad statunitense. Il dg, dopo aver sbagliato a ingaggiare Luis Enrique l’anno scorso, è nel mirino dei bostoniani perché troppo spesso lo vedono fuori dal coro. Sia a parole che nei fatti. In più gli cominciano a rimproverare pure la scelta di Zeman, fuori dal podio dopo l’addio dell’asturiano e ripresentato più per accontentare la piazza e fare subito un discreto numero di tessere che per convinzione.

RIVOLUZIONE CONTRO L’ATALANTA –Una cosa è certa: Zeman dovrà parlare con i suoi calciatori. Troppe cose, al boemo, non sono piaciute dell’atteggiamento dei suoi. E al di là dell’impietoso 4-1 subito dalla Juventus che, al primo giorno di ottobre, sembra aver già messo una lapide sulla stagione della Roma. A deludere il tecnico è stata una evidente anarchia tattica. In campo prima Taddei, poi anche Totti e Osvaldo, hanno assunto iniziative autonome: l’esterno ha scelto di non staccarsi per provare a proteggere in difesa dopo il 3-0 nonostante le indicazioni dell’allenatore, i due attaccanti hanno deciso di invertirsi la posizione prima di essere richiamati ai ruoli originari. E poi Burdisso, che da tempo ha manifestato al tecnico scetticismo sulla linea di difesa alta, o De Rossi, forse il centrocampista che meno ha digerito la idee tattiche del boemo.

E allora, già con l’Atalanta Zeman potrebbe scegliere di cambiare, senza guardare in faccia nessuno: persino alcuni “big” rischiano il posto. Perché Zeman vuole in campo soltanto giocatori convinti di seguire al cento per cento la sua idea di calcio, perché la macchina romanista torni a produrre gioco.