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Roma, la Coppa Italia: da trofeo di casa a competizione Usa e getta

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Nove vittorie tra il 1964 e il 2008. Con l'arrivo degli americani solo figuracce e un digiuno da record

Francesco Balzani

La stella d’argento, se ne è parlato così tanto che sembrava quasi leggenda. Sembrava una formalità nel 2008 quando la Roma alzava al cielo la sua nona coppa Italia della storia. All’epoca nessuno aveva fatto meglio dei giallorossi in serie A. Un vanto, a volte anche un’ancora di salvezza in annate storte. Tante maglie giallorosse erano impreziosite da quella coccarda cucita da gente come Totti, Voeller, Losi, Pruzzo o De Rossi. Anche quando la Roma partiva battuta poi aveva la meglio. E’ il caso del 2-0 nel 1993 al Milan invincibile di Capello, delle vittorie in finale contro la Samp di Vialli e Mancini o del 6-2 storico della squadra di Spalletti all’Inter. Nei momenti di sconforto i tifosi sapevano dove andarsi a riparare, e dove cogliere l’occasione di giocarsi pure la Supercoppa. Oggi, invece, la coppa Italia è diventata motivo di scherno, a volte purtroppo di imbarazzo come il ko di ieri a San Siro che certifica l’inferiorità tecnica e umana della squadra di Mourinho.  Saranno passati 15 anni nel 2023 dall’ultimo trofeo alzato al cielo da Totti e Rosella Sensi nel 2008. Mai digiuno fu più lungo visto che la forbice temporale più ampia finora era stata quella tra il 1991 e il 2007

 

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I sei con lo Spezia, i sette di Firenze e quel maledetto 26 maggio 

Da quando gli americano sono sbarcati nella capitale la coppa Italia è diventata un incubo. Con particolare tracollo nelle ultime 5 stagioni. Con Luis Enrique la prima figuraccia: 3-0 allo Juventus Stadium. Ma i gol potevano essere molti di più. L’anno successivo è l’unico in cui la Roma riesce ad arrivare in finale sui 14 a disposizione. Zeman batte l’Inter in semifinale, poi in finale ecco Andreazzoli che sbatte in panca tra gli altri Osvaldo e Pjanic. Sappiamo tutti come andò a finire quel 26 maggio. Purtroppo in pochi immaginavo che sarebbe andata anche peggio negli anni successivi. Nell’anno di grazia di Garcia (quello delle 10 vittorie) la Roma sembra pronta per scucire la coccarda. Ma sul più bello arriva la caduta rovinosa al San Paolo in semifinale: 3-0 del Napoli e addio occasione d’oro contro la Fiorentina. La stagione successiva l’avventura finisce subito in casa contro i viola: 0-2, e segna pure Mario Gomez. Passiamo avanti, ma sarebbe meglio di no. Nel 2015, agli ottavi, il piccolo Spezia (all’epoca nemmeno tra i primi 10 in serie B) costringe la Roma ai rigori e poi la elimina decretando di fatto la fine della storia d’amore tra Garcia e i giallorossi. Arriva Spalletti, che quella coppa a Roma l’ha alzata due volte. E’ l’uomo giusto e ci sta pure la semifinale con la Lazio. Occasione ghiotta di vendetta. E invece i giallorossi all’andata perdono 2-0. Il 3-2 al ritorno non basta, e tornano gli incubi. Sarà migliore, come canta Vasco. E invece no. L’anno dopo con Di Francesco la Roma esce agli ottavi in casa contro le riserve del Torino. Ma il peggio deve ancora arrivare. Trenta gennaio 2019 la Roma prende il treno per Firenze (Kolarov insulta pure un tifoso alla stazione). Il risultato finale dice 7-1 per la Fiorentina. Un disastro. Con Fonseca si tocca il paradosso. Al primo anno perde con la Juve nei quarti mentre l’anno dopo ecco la sconfitta interna con lo Spezia con tanto di ko a tavolino (oltre che sul campo) per le famigerate sei sostituzioni. Una figuraccia a livello mondiale. Quella di ieri con l’Inter di Dzeko è già storia. La nostra, di storia, non merita di essere Usa e getta…