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Roma, il vero sold out è quello dell’empatia

Roma, il vero sold out è quello dell’empatia - immagine 1
C’è un legame tra questo gruppo e i suoi tifosi che fatichiamo a ricordare. Non importa se sei Lukaku o Kristensen, se sei Dybala o Pagano
Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 

La Roma non gioca bene, la Roma non lotta per lo scudetto, la Roma non è quella di qualche anno fa. Eppure l’Olimpico è sold out. Sempre. A prezzi bassi, a prezzi alti. Contro la Juve e contro il Lecce. Di giorno, di sera, di domenica o giovedì. Eppure questo pubblico non fischia, non mormora, non si deprime. Mai. Perché? Lo sa chi almeno una volta nella gestione Mourinho si è seduto su quei seggiolini, ancor meglio chi ci sale sopra. Lo sa ma non lo sa spiegare a parole. C’è un’empatia illogica, irrazionale. Come i sentimenti forti. C’è un legame tra questo gruppo e i suoi tifosi che fatichiamo a ricordare. Non importa se sei Lukaku o Kristensen, se sei Dybala o Pagano. Indossi quella maglia, sudi per quella maglia, piangi e gioisci su quella maglia. E allora sei uno di noi, e uno di noi non si abbandona nemmeno nei momenti brutti. L’Olimpico ieri non ha abbandonato la sua Roma, nemmeno sullo 0-1 per il Lecce che condannava la squadra all’undicesimo posto in classifica a una settimana dal derby. E’ rimasto lì, su quei seggiolini (tranne chi ha i biglietti omaggio). A tifare, a sospirare, a incitare. Poteva finire male, anzi sarebbe finita male probabilmente senza quell’empatia che è più forte dei nostri giudizi, delle analisi settimanali, di uno stato su Facebook o di un commento per radio. E’ qualcosa che ha portato la Roma a Tirana, poi a Budapest. Che se ne fotte se il gioco non è brillante e il mercato lo è ancora di meno. E in fondo anche chi va al cinema vuole vedere un finale a sorpresa, diverso da ciò che si vede magari nel primo tempo.

Roma, il vero sold out è quello dell’empatia- immagine 2

C’è quella sensazione, entrando all’Olimpico, che si entra in un metaverso intoccabile, nel mondo di Mou in cui tutto può accadere. In un regno dove conta solo quel che accade tra quelle mura e dove può accadere di tutto fino all’ultimo sospiro. Tutto il resto scompare. E non riguarda solo i tifosi. Perché Mourinho è rimasto? Perché Dybala non se ne è andato? Perché possiamo sperare che resti anche Lukaku? Perché anche loro sono rapiti da questo incantesimo, da questa sorta di attrazione magnetica che ti incolla lì, che ti obbliga a voler bene a tutto ciò che è intorno a te. Sembra un trattato di retorica romanista, ma in fondo se almeno una volta ci sei stato sai che non è così.“È meglio essere sempre un po' improbabili”, scriveva Oscar Wilde. E’ forse questo.

 

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