Il gigante dorme, ma alla grande. Russa, un po’ digrigna i denti. Ha smesso anche di sognare stadi di proprietà e una Champions che non si raggiunge con le chiacchiere, figuriamoci con un silenzio ostinato e frustrante. Si è svegliato due-tre volte quel gigante, ma era solo per affacciarsi un po’ in balcone per poi richiudere le tapparelle. Troppa luce no, disturba. E oggi disturba criticare Dan Friedkin che ha parlato solo per raccontarcela la storia di quel gigante: “La Roma è un po’ come un gigante addormentato ma non c’è motivo per cui, con il tempo, questo club non possa competere seriamente a tutti i livelli”. Il termine “tempo” comincia a scarseggiare. Ha messo tanti soldi è vero, ha ereditato un disastro economico, è vero. Ma lo stesso non era accaduto ad altri presidenti del passato criticati aspramente già dopo un paio di stagioni? Oggi con un mercato apertissimo e una rosa decimata da infortuni ed errori del recentissimo passato (basta tirare in ballo Monchi o Petrachi) si rinuncia anche a trovare una soluzione, in fondo sembrano bastare i miseri (si fa per dire) 14 milioni spesi negli ultimi 18 mesi.
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Roma, il gigante russa e nemmeno sogna più
Tasto play e solita solfa: “Prima si cede, poi si compra”. Che poi vuol dire “Non si può, quindi non si fa”. Senza troppe altre spiegazioni o voglia di cercare una soluzione che contempli anche il pagamento di una multa. Alla faccia di chi come Napoleone diceva che “Impossibile è una parola che si trova solo nel vocabolario degli stupidi.” Spallucce, atteggiamenti da commercialisti consumati e ripiego di critiche su tutto ciò che conviene criticare. Come se rimuovere Mourinho o togliere la fascia a Pellegrini possa bastare per rimettere quel gigante in piedi. Sarebbe facile, saremmo felici fosse così. Qualcuno sarebbe contento a prescindere, in fondo oggi basta vincere le proprie battaglie personali e ignorare per esempio quanto dice uno navigato come Panucci: “La Roma non è stata costruita per il quarto posto, lo hanno voluto far credere”. Appunto. In realtà il gigante di Trigoria è tutt’altro che Promoteo, il titano imprigionato da Zeus e liberato da Eracle dopo aver donato il dono del fuoco agli uomini. Qui c’è solo freddo, gelo e tristezza. Anzi ancora peggio: rassegnazione. Al volere dell’Uefa, ai problemi di bilancio, ai capricci di giocatori come Smalling, a un vuoto strutturale che fa paura. La Roma è senza un direttore sportivo, senza un direttore generale e con un allenatore più di là che di qua. Invocare Totti diventa quasi fastidioso, troppo semplice. Ma andrebbe bene chiunque, a questo punto. Alla fine della gara di San Siro - che certifica la peggiore classifica degli ultimi 21 anni di storia - a parlare è Belotti, attaccante di riserva. Anche questo non si può? Dare spiegazione a una tifoseria che ha portato soldi e passioni è troppo? Lo limita l’Uefa o chissà quale paletto morale? I Friedkin vengono dagli Stati Uniti, terra che si vanta di essere portatrice di democrazia e dialogo. Ma il silenzio perpetrato in questi anni somiglia a qualcos’altro. Ora se volete continuate con gli hashtag. Se pensate possa bastare questo.
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