Allenamenti ripresi ma la quarantena si continua a portare dietro qualche strascico, almeno su Paulo Fonseca. Un allenatore inedito, quello che ha voluto scrivere ad A Bola una lettera sul lockdown vissuto in Italia. Nelle sue parole c'è tutta la nostalgia del periodo per la lontananza dai propri cari: "Quasi sessanta giorni di isolamento. Inimmaginabile una separazione del genere con il mondo, soprattutto con il mio mondo. Devo confessare, egoisticamente, che questa separazione mi ha donato alcuni momenti di felicità che la mia professione, di solito, non mi permette di avere. Il tempo mi ha abbracciato con calore, regalandomi semplici momenti trascorsi a casa, con mia moglie e mio figlio. Ma il tempo ha anche alimentato un sentimento di enorme mancanza nei confronti del resto della mia famiglia, un incredibile desiderio di riabbracciare i miei altri due figli, che sono in Portogallo, i miei genitori e gli altri familiari".
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Roma, Fonseca e la sua poesia al calcio: “Tornerà presto ad essere uno spettacolo emozionante”
Il mister portoghese: "Il tempo mi ha costretto a pensare e riflettere in modo diverso"
Oltre alla nostalgia, Fonseca ha voluto sviscerare anche le paure per il futuro derivate dal periodo di isolamento: "E poi il tempo mi ha costretto a pensare e riflettere in modo diverso, ha anche generato dubbi e incertezze. Non sono uno di quelli che sostengono con forza che il mondo cambierà completamente, ma sono convinto che ci saranno perdite a tutti i livelli, che non potremo recuperare mai".
Spazio poi alla sua sfera, quella calcistica: "Torniamo al mio mondo, il mondo del calcio. Anche qui si percepiscono gli immensi cambiamenti in arrivo. Durante questo periodo di quarantena ho cercato di scacciare pessimismo e paura: credo che il mio mondo diventerà più forte e unito che mai. Fino al nostro ritorno è necessario prendere decisioni immediate e prenderle ora è quasi come arbitrare una partita senza fischietto e senza cartellini. Presto ci tornerò, nel mio mondo. Finalmente. Ma, da quanto si intravede, so già che tornerò in un mondo che sarà comprensibilmente diverso".
Il mister dela Roma offre poi una chiave di lettura sulle misure adottate dal Governo per arginare la pandemia: "Protocolli rigidi e necessari stanno trasformando la nostra quotidianità: allenamenti individuali, equipaggiamento dei giocatori a casa o nelle loro stanze dei centri di allenamento, divieto di incontri e tutto il resto. E, quando si tornerà a giocare, bisogna rispettare una serie di altre misure. Tutti quanti, in modo da poter vivere in sicurezza. Sono misure indispensabili, che trovano il mio sostegno".
La più grande mancanza, però, una volta rientrati, arriverà dallo stravolgimento di quel calcio conosciuto da tutti gli appassionati, che Fonseca riassume così: "Ma è difficile per me immaginare... Immaginare di giocare senza la passione dei tifosi e soprattutto di giocare senza quell'abbraccio. Sì, quell'abbraccio con cui celebriamo il momento più alto del calcio, il gol. Il momento in cui il giocatore che segna viene schiacciato in mezzo a tanti abbracci, il momento in cui corre nella direzione di colui che lo ha sostenuto per abbracciarlo e dedicargli il gol. Io come festeggerò? Non abbraccerò più i miei assistenti come faccio di solito? Quanto è stata emozionante la mia carriera nel celebrare questa magia. E che momenti ho avuto quando quell'abbraccio ha deciso il mio destino".
Così la mente del portoghese ritorna sui suoi anni passati in Ucraina: "Nel mio primo anno di Shakhtar, e in una partita in cui siamo passati da 0-2 a 3-2 negli ultimi minuti di gioco, tutti i giocatori sono venuti ad abbracciarmi per festeggiare l'ultimo gol. Non lo dimenticherò mai. E a Braga, con il gol di Marcelo che ci ha regalato la Coppa nazionale. Non lo dimenticherò mai. O a Paços (de Ferreira), con il gol di Manuel José che ci ha qualificato per i playoff di Champions".
L'occhio del mister si sposta poi alla sua attuale esperienza, alla gioia di allenare ed esultare per la sua Roma: "O ora a Roma, con il gol all'ultimo minuto di Dzeko a Bologna. Sono così tanti i gol che finiscono con quell'abbraccio che non dimenticherò mai. Come sarà senza quell'abbraccio all'inizio o alla fine della partita all'allenatore avversario? Qui in Italia ci sono molte persone che mi piace abbracciare, per vari motivi. E come sarà confortare i nostri giocatori, nei momenti difficili, senza quell'abbraccio? E come sarà quando vinceremo titoli e trofei senza quell'abbraccio? E come sarà guardare gli spalti senza intravedere quell'abbraccio tra i tifosi?".
Infine, il suo ultimo pensiero va allo spogliatoio, da sempre fulcro dell'unità di una squadra: "Ma devo confessare che la cosa più difficile da immaginare è lo spogliatoio senza quell'abbraccio. Forse per chi non ha mai condiviso questo spazio sacro è difficile da capire. Ma immaginate le tonnellate di energia presenti in quell'abbraccio. Soprattutto prima della partita. Quel semplice gesto che trasmette ciò che le parole non possono trasmettere. Questi sono momenti di grande importanza per me. E la maggior parte dei giocatori lo capisce. Oggi ho con me un calciatore che capisce e vive quel momento come nessun altro, Fazio. Che abbraccio! Che emozione! Che energia! Incredibile! Il calcio, ne sono sicuro, non sarà lo stesso senza quell'abbraccio. Ci sono tantissimi abbracci con molta più importanza degli abbracci nel calcio in questo momento, lo so. E so anche che presto torneranno tutti quegli abbracci che hanno molta più forza e significato nella nostra vita. E poi con tutti gli altri abbracci tornerà quell'abbraccio. E il calcio continuerà ad essere lo spettacolo più emozionante del paese, come è sempre stato".
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