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Roma femminile, Soffia: “Alla ripresa si vedrà il vero gruppo. Tifosi? Mai visto niente di simile”

LaPresse

La giocatrice giallorossa classe 2000 racconta: "Mentre scaldavamo contro la Fiorentina c’era l’inno della Roma e tutte le mie compagne lo stavano cantando"

Redazione

Angelica Soffia è la protagonista dell'intervista sui canali ufficiali del club. La centrocampista della Roma femminile si è raccontata tra sensazioni ed emozioni legate a questo periodo, ma anche aspirazioni e modelli. Ecco le parole della giocatrice classe 2000:

Come stai?

Tutto bene grazie.

Come stai vivendo la quarantena?

Mi tengo impegnata studiando e allenandomi, seguo il programma che ci ha dato la Roma una o due volte al giorno. Poi studio perché tra qualche tempo avrò gli esami all’università. Non abbiamo troppe sicurezze, è meglio studiare anche, cerco di tenermi impegnata. Inoltre guardo le serie tv finché non le finirò, per ora la sto vivendo bene.

Serie tv preferita?

La Casa di Carta, anche se è una risposta semplice, credo sia assolutamente da vedere.

Siete un gruppo unito e divertente.

Sì, non ci annoiamo mai. Se mi chiudo in camera con lo studio c’è chi mi aiuta a essere più aperta al divertimento. Elisa Bartoli in primis, ma anche Tecla Pettenuzzo e Pipitone. Abbiamo un bel gruppo che ci aiuta a non annoiarci mai nonostante dobbiamo stare in casa.

Com’è stato il tuo arrivo a Roma?

Premetto che è stata una cosa dell’ultimo minuto. Non me l’aspettavo. La prima sensazione me l’ha data il fatto che siamo andati subito a Piazza di Spagna, avevo visto Roma, ma non troppo bene. Quando l’ho saputo ero molto emozionata. Mi avevano detto che i tifosi erano unici, ma finché non lo senti non sai com’è realmente, e quando sono stata allo stadio ho capito che non ci sono paragoni. I tifosi ormai ci riconoscono e non fanno differenze tra gli uomini e le donne, sono molto appassionati.

Come hai affrontato i primi giorni lontano da casa?

Sono tanti anni, ovvero dalla seconda superiore. Sono sempre stata abituata a vederli in questo modo, anche quando ero a Verona, ma l’ho sempre gestito bene perché vivo bene da sola. Ma ho sempre avuto bisogno di un consiglio da parte dei miei genitori, a livello scolastico ho avuto delle difficoltà, ma poi sono riuscita ad andare avanti anche con l’aiuto delle compagne di squadra. A Roma non conoscevo nessuno, ma poi mi sono trovata benissimo, e la prima domanda che mi hanno fatto a scuola è stata per che squadra tifavo.

Come ti trovi a Roma?

Mi trovo benissimo, siamo vicini al centro della città. La sera con le compagne usciamo per andare a visitare i monumenti, ci mettiamo 10 minuti. Roma è pazzesca, non è paragonabile alle altre città.

Hai esordito in Champions League a 16 anni.

Ho esordito in Kazakhistan, un viaggio della speranza per arrivarci. Ancora ero piccola per realizzare cosa stava succedendo, ho pensato solo a dare il massimo per vincere la partita. Lì per lì non me ne sono resa conto, poi parlando con la mamma mi sono resa conto di aver esordito in Champions League: tanta roba.

Dove prendi la tranquillità?

Me lo chiedono in tanti, credo sia una cosa mia. Sono sempre molto tranquilla e ragiono tanto, anche in campo questo si riflette. Spesso mi dico che devo fare di più, sarà per come sono cresciuta, papà è molto simile a me, quindi penso che sia un atteggiamento che ho ereditato da lui, essere molto tranquilla in molte situazioni.

Nonostante questo sei la terza con più cartellini gialli.

Mi è sempre stato detto che mi faccio picchiare, allora ho deciso di prendermi un po’ di cartellini. Inoltre nel mio ruolo devo sacrificarmi per la squadra.

Ci spieghi l’evoluzione della tua posizione in campo?

Quando giocavo con i ragazzi ero attaccante centrale/esterno. Con le ragazze ho sempre fatto la centrocampista, poi per esigenze ho iniziato a fare l’esterno, e poi sono diventata terzino perché in Nazionale, sempre per esigenze, a Bari con la Repubblica Ceca ho fatto per sbaglio una bella partita da terzino, e da lì è diventato il mio ruolo.

Ti senti terzino?

Penso che sia uno dei ruoli che posso fare, ma posso farne anche altri. È anche il mio ruolo ma non il solo.

Ti senti un jolly?

Mi è sempre capitato, l’ho sempre fatto, quindi sì mi sento un jolly”.

La cosa più importante per un gruppo?

Sono tante, innanzitutto l’umiltà, se non c’è nessuno disposto a sacrificarsi per l’altro... Noi ne abbiamo tanta, a partire da Bartoli ad Andressa, settima al mondo, ma se la incontri sembra mia sorella. Inoltre, per poter puntare a qualcosa serve la cattiveria agonistica, tante cose che non puoi raggiungere con i mezzi tecnici lo trovi con questo.

E questo si è visto nell’ultimo periodo...

Infatti è stato bloccato il campionato visto che stavamo andando bene (ride, ndc). Sì, stavamo andando bene, noi siamo unite, ci videochiamiamo sempre.

Cosa ti manca maggiormente?

Mi mancano tanto le compagne di squadra, non l’avrei mai detto. Manca tanto vedersi, le risate in palestra. Mancano anche i mister e coach Bavagnoli, che ci fanno stare bene in campo. Manca tutto l’ambiente, sono tanti tasselli che se non riesci a metterli insieme per fare il puzzle Roma non è lo stesso.

Non ti era mai capitato di stare così tanto fuori dai campi…

In vacanza la situazione è diversa, sei più in compagnia di ora. La cosa che manca di più è il gruppo e tutto quello che facciamo insieme. Dalle cose più piccole alle più grandi.

Sulle nuove arrivate.

Si sono inserite bene. Quando arrivano delle straniere non è facile per loro, ma si sono inserite molto bene e si impegnano molto per imparare l’italiano. Amalie e Andrine che sento spesso sono sempre a studiare l’italiano, si vede che ci tengono molto. Inoltre tengono molto alla maglia, cosa che non è molto trasmessa all’estero.

Cosa vuol dire indossare la maglia della Roma?

Ho una bella scena per rispondere. La partita contro la Fiorentina, mentre ci stavamo riscaldando c’era l’inno della Roma. Ho alzato la testa e tutte le compagne stavano cantando mentre si scaldavano. Non ho mai visto una cosa simile, vedere delle ragazze che prima di una partita così importante cantano l’inno della Roma.

Di questo Roma-Fiorentina ne hanno parlato anche le tue compagne, ognuna per un motivo diverso. Potrebbe essere una partita spartiacque?

Credo che le partite al vertice, come quella, ci mettano a volte quell’adrenalina in più e a volte paura in più, a seconda della squadra che abbiamo di fronte ci facciamo prendere più da una cosa o dall’altra. In quel momento capiamo se andiamo a vincere o ci condanniamo alla sconfitta.

Lo capite già da prima della partita?

In parte sì, almeno vale per me. Ad esempio con la Juve c’è l’occasione del cross-gol. Quello ti fa prendere paura e perdere consapevolezza. Contro la Fiorentina nonostante il gol subito ci siamo sentite comunque forti. Sta negli episodi. Non abbiamo ancora quella forza che ha la Juventus.

Hai fatto un gol simile col San Marino.

Sì è stata una partita simile, ma un episodio fortunato. Credo comunque che non vengano a caso. Contro la Juventus ci è successo per farci capire che dovevamo svegliarci.

Ti alleni anche da sola oltre agli allenamenti in campo?

Sono in via di sviluppo, sono sempre stata molto fortunata. Quando ero con i ragazzi il mister era il compagno di mia mamma e mi ha inserito anche se mamma non voleva. A Verona invece era un ambiente professionistico, quindi facevamo 5 allenamenti a settimana. In Nazionale però mi hanno detto che se se ne facevano meno di 4 non era abbastanza. A volte quindi cercavo di allenarmi anche da sola.

Hai praticato anche altri sport?

Ho fatto di tutto e di più, a partire dalla danza classica. Ho fatto 4 anni di danza, poi pattinaggio, tennis, nuoto e anche equitazione, se avessi continuato non avrei fatto la calciatrice. Mia madre lo praticava, ma era spaventata e ho deciso di fare calcio. Andavo di nascosto col compagno di mia mamma ad allenarmi. Il mio sogno era avere una borsa tutta mia. I miei primi scarpini sono stati quelli di Del Piero bianco e oro, stupendi.

A che età hai iniziato a dare i primi calci?

Tardi, 11 anni.

Cosa ne pensi delle bambine che seguono il calcio?

Sensazioni strane, io alla loro età non sapevo l’esistenza del calcio femminile. È importante avere qualcuno da seguire come esempio. Sapere che posso influenzare qualcuno in modo positivo è bello. Alla scuola calcio ci sono i bambini che mi chiamano e mi chiedono il “cinque” ed è molto bello.

Il legame squadra-città.

Lo abbiamo visto in questi giorni. La società ha fatto diverse iniziative per le persone, è stato molto bello. L’idea non è comune, pensare che possono aiutare tanti anziani è molto bello. La Roma ha creato un network per aiutare, credo sia molto utile perché sono i soggetti più a rischio.

Che finale di stagione ti aspetti se si ricominciasse a giocare?

Sarà una bella sorpresa. Questa sosta farà vedere il gruppo, sento che il nostro gruppo sia diverso dagli altri. La distanza ci ha aiutato a fare ancora più gruppo e spero invece che abbia fatto allontanare le altre. Quando torneremo spero che lo stare in gruppo ci possa dare quel qualcosa per fare ancora meglio, anche perché siamo in semifinale di Coppa. Speriamo che ci porti qualcosa di bello.