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Roma Femminile, Giugliano rinnova: “Qui mi sento a casa, ora alziamo l’asticella”

LaPresse

Queste le parole della centrocampista dopo l'ufficialità: ''Da subito in sintonia con Betty Bavagnoli e con le compagne di squadra''

Redazione

Continua il matrimonio tra la Roma e Manuela Giugliano. L'asso della squadra femminile di Betty Bavagnoli ha infatti rinnovato fino al 2023 il proprio contratto, come comunicato dal club tramite una nota ufficiale sul proprio portale. La centrocampista ha poi rilasciato una lunga intervista sempre al sito giallorosso. Queste le sue parole:

Chi era Manuela da bambina?

Da bambina ero una piccola peste. Già calciavo nella pancia di mamma, credo che già all'epoca era chiaro che fossi portata per il pallone. Sono cresciuta a Istrana, in provincia di Treviso ma tutta la mia famiglia è di Napoli. Ho un carattere tosto, duro, permaloso, soprattutto quando ho ragione. Però riesco anche a immedesimarmi molto nelle altre persone.

Quando hai avuto i primi contatti con il calcio?

Li ho avuti nel campetto sotto casa. Mio padre lavora nell’aeronautica e quindi vivevamo in un villaggio militare. Lì c’era un campetto e insieme a lui e a mio fratello, che sono molto appassionati di calcio, ho iniziato a tirare i primi calci. Mi hanno trasmesso questa passione, anche se sono convinta di averla dentro da sempre. Loro però mi hanno dato una spinta più per proseguire.

A scuola giocavi a calcio a ricreazione?

Sì, insieme alla mia migliore amica Sofia andavamo sempre a giocare con i maschietti. Il pallone non mancava mai, non vedevamo l’ora che arrivasse la ricreazione.

I compagni maschi come vi accoglievano?

Da piccola mi sono spesso sentita un po’ discriminata, una bambina che giocava a calcio era vista come una cosa non normale. Piano piano si sono resi conto che qualche qualità ce l’avevo, anzi ero anche più forte di loro. Davo il massimo per farmi accettare e alla fine ci sono riuscita.

Anche la tua amica era brava come te?

No, diciamo che mi assecondava. Non era una grande amante del pallone ma eravamo talmente amiche che mi accompagnava sempre a giocare con i maschi.

Quando hai iniziato a giocare in una scuola calcio?

Ho iniziato a 6 anni nell’Istrana e ho proseguito fino al massimo dell’età in cui potevo giocare con i maschi. Poi a 14 anni sono passata a una squadra femminile in Serie C a Barcon, vicino a Istrana.

Com’era il rapporto con compagni, avversari e genitori?

Quegli anni li ricordo molto bene. All’inizio ci sono state delle difficoltà, dal fatto che dovessi fare la doccia per prima facendo attendere il resto della squadra fino a qualche genitore che pensava che non dovessi far parte di una squadra maschile. Ma ho fatto il massimo per far cambiare idea a tutti. Da piccola non era facile convivere con questo tipo di disagi. Alla fine però la passione ha sempre prevalso, poi ero brava e tutti mi volevano avere in squadra. Quando ho dovuto lasciare la squadra erano tutti molto dispiaciuti.

Com’è stato il passaggio al calcio femminile?

Non è stato facile, all’epoca c’era grande differenza tra le strutture e i centri sportivi del calcio maschile e quelle del femminile. Ci sono tuttora, ma prima era ancora più marcata anche la differenza nelle metodologie di allenamento. Però continuavo a divertirmi. Nel primo anno praticamente non avevamo nemmeno uno spogliatoio che si potesse definire tale, non avevamo i fisioterapisti mentre oggi ne ho tre a disposizione.

Chi era il tuo idolo da bambina? E qual è la calciatrice che ammiri di più?

I miei idoli erano Del Piero per le sue punizioni e Pirlo per la sua serenità nel gestire i palloni in mezzo al campo. Tra le calciatrici mi piace tanto Rose Lavelle, centrocampista degli Stati Uniti. Ho potuto ammirarla anche nel Mondiale. È una calciatrice completa, in fase offensiva, difensiva e a livello di mentalità. Ogni volta che la vedo giocare cerco di rubare qualcosa dei suoi movimenti e delle sue giocate.

La tua famiglia ti ha sempre appoggiato in questa tua passione?

Sì, sempre. Inizialmente mia madre non era totalmente convinta. Lei era appassionata di pallavolo e ha provato a iscrivermi ma l’allenatrice, visto che giocavo più con i piedi che con le mani, ha detto che forse era il caso di tornare al calcio. Mia madre allora si è convinta. Ma mi sono sempre stati vicini, in ogni mia decisione.

Si può dire che quell’allenatrice di pallavolo sia stata una persona importantissima per la tua carriera…

In un certo senso sì, quel giorno lì è stata una fortuna per me. Magari io non avrei avuto la forza da sola di impormi per tornare al calcio. In generale le persone più importanti sono stati i miei familiari perché nonostante le difficoltà e le discriminazioni mi hanno sempre ripetuto di continuare a giocare serenamente perché era la cosa che mi piaceva fare. In più un’altra persona fondamentale è stata ed è Ambra, che mi è sempre stata vicina, in ogni scelta, soprattutto in un periodo difficile della mia carriera quando sono andata a Madrid e lei per me è stata fondamentale.

Nella tua carriera hai cambiato squadre ogni anno. Alla Roma hai deciso di legarti per più anni: cosa ha influenzato la tua decisione di stabilirti qui?

Ho cambiato tante squadre, ma non sono mai riuscita a trovare una stabilità mia in tutte le squadre dove sono stata. La Roma mi ha voluta fortemente e quando sono scesa dal treno e ho parlato con la Società mi sono sentita subito a casa. Per come sono fatta, sentirmi parte di una di una famiglia è fondamentale. Ho subito pensato che stavo facendo la scelta giusta, pensiero confermato da tutto quello che è accaduto l’anno scorso. Ho trovato una squadra che mi ha accolta facendomi sentire parte integrante del gruppo. Avere un buon rapporto con tutte le compagne è sempre un punto in più per esprimersi al meglio in campo. Ho deciso di rinnovare fino al 2023 perché sto bene, ho trovato una famiglia e spero di restare qui il più a lungo possibile e di portare a casa qualche trofeo con questa maglia.

Cambiare tante città come ha influito sulla tua crescita personale e professionale?

Non è stato facile ambientarsi in città diverse, società diverse e gruppi diversi. Ciò che mi ha dato forza in tanti momenti, sia negativi, sia positivi è stata la mia passione per questo sport. Però mi sono accorta che per un calciatore è fondamentale trovare la stabilità ed è per questo che spero di rimanere qui il più a lungo possibile.

Tra i momenti negativi il periodo a Madrid è stato quello più duro?

Sì, a posteriori posso dire che è stata una scelta un po’ forzata. Mi sono fatta prendere dalla voglia di prendere e partire. Ricevere l’interesse dell’Atletico Madrid non è da tutti i giorni ma una volta arrivata lì mi sono accorta che quel mondo era ancora troppo grande per me. Avevo 17 anni e non era il momento giusto per compiere quel passo. Quindi ho deciso di tornare in Italia e di ripartire.

E sei ripartita benissimo…

Sono ripartita bene a Verona. È stata la stagione in cui ho segnato di più, giocavo da trequartista e a volte da attaccante e ho realizzato 14 reti. È stata una ripartenza sul campo e anche fuori. Non è stato facile lasciare Madrid e tornare da sola. Quell’anno lì mi ha fatto crescere molto.

Qual è l’emozione di indossare la maglia della Nazionale?

È il coronamento di un sogno che avevo da piccola. Rappresentare la propria nazione penso sia la cosa più bella da fare e da onorare. Significa sacrificio, determinazione, coraggio, è un’emozione che ogni bambina che gioca a calcio punta a provare. Ho esordito quando ero alla Torres, il CT era Antonio Cabrini. Da lì è partita una serie di emozioni indescrivibili.

E del Mondiale del 2019 qual è il ricordo più bello che hai?

Ho avuto la fortuna di poterlo vivere al 100%, giocando tutte le partite. Ogni sfida ha rappresentato un’emozione diversa, dalla prima contro l’Australia a quella dei quarti di finale contro l’Olanda. Forse il momento più bello è stato all’esordio: entrando in campo mi è scesa una lacrima, poi dopo l’inno è partito il countdown con tutto lo stadio che urlava e io avevo il cuore a mille. Dal calcio d’inizio poi mi sono liberata e mi sono concentrata sulla partita.

Come hai vissuto il periodo di stop dovuto al Covid-19?

In maniera abbastanza serena, l’ho vissuto insieme alla mia famiglia appena tornate dall’Algarve Cup con la Nazionale. La Società è stata sempre presente, ci ha accompagnato sia a livello fisico sia psicologico, dandoci la tranquillità indispensabile per vivere un periodo come questo. Il campo mi è mancato tantissimo, cercavo sempre modi per giocare a calcio anche in casa ma non avevo spazi sufficienti.

Ripensando al campionato, pensi mai a come sarebbe potuto cambiare l’inizio di stagione se quella tua punizione contro il Milan alla prima giornata fosse entrata invece di finire sulla traversa?

Sono sincera: è tutto l’anno che ci ripenso. Non è detto che quel gol ci avrebbe portato a vincere la partita ma di certo avrebbe potuto cambiare l’inizio della nostra stagione. Quella è davvero l’unica partita che avrei voluto giocare di nuovo e che ho ancora in testa. Ora però c’è la nuova stagione alle porte e bisogna pensare a quella.

Quanto sei stata felice di tornare in campo con le compagne di squadra?

Tanto, rivedere le mie compagne è stata un’emozione davvero unica. Dopo cinque mesi di inattività c’era una voglia pazzesca di tornare a divertirci senza pensare ad altro. È stato così per tutte noi, siamo ripartite subito forte e tutte unite.

Cosa ti aspetti dalla stagione che sta per iniziare?

Dobbiamo alzare l’asticella rispetto allo scorso anno e fare quel qualcosa in più per arrivare a portare un trofeo a casa. È quello che ci meritiamo visto tutto il lavoro che facciamo durante l’anno e quello che fa il Club per noi.

Ti piace la novità del formato della Supercoppa?

È stata una bella idea, sarà una competizione importante in più da affrontare con voglia di portarla a casa. Saranno partite secche, dovremo dare più del 100% per riuscire a vincerla.

Com’è lavorare con Betty Bavagnoli?

L’ho conosciuta l’anno scorso. È una persona splendida, che riesce a gestire bene tutte le situazioni del campo e che è bravissima a immedesimarsi in noi per capire i nostri momenti positivi, quelli negativi e per trovare soluzioni insieme ai problemi. In allenamento utilizziamo tanto il pallone e per me questo è il massimo, mi sono trovata da subito molto bene e spero che come me, anche lei possa rimanere alla Roma a lungo.