Negli anni 90’ c’erano derby che non potevi perdere. E infatti non li vinceva nessuno. Prevaleva lo spirito modesto e umile incarnato ieri dalla Lazio che ha fatto davvero poco per portare a casa i 3 punti. Ci ha pensato la Roma con una prestazione da perdente. Nei singoli, ma anche di squadra. Non c’entrano schemi, bel gioco o sovrapposizioni. C’entra la qualità. Quella delle intenzioni e quella tecnica. Ieri la formazione della Roma presentava solo un nuovo acquisto (Camara) rispetto a quella che è finita sesta un anno fa. Un segnale della sfiga certo, ma anche di un mercato esaltato troppo presto un po’ da tutti. Addetti ai lavori (e quindi anche chi scrive) compreso. La Roma non ha una rosa da Champions, non ha nemmeno una rosa per fare tre competizioni. O almeno per farle bene. Ibanez non è Marquinhos, figuriamoci Aldair. Cristante non è il regista che Mou chiede da un anno e passa e davanti Pellegrini, Zaniolo e Abraham stanno tradendo.
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Roma, è una questione di qualità. La rosa non è da Champions
Ci siamo tutti sbagliati quindi? No, a gennaio inizia un altro campionato e la Roma riavrà Dybala e Wijnaldum. Ma non basta. Servono altri acquisti, e serve non sbagliarli. Questo fanno i grandi dirigenti quando hanno pochi soldi nel portafoglio. L’esempio attuale è Giuntoli che con due spicci si è portato a casa uno come Kvara. Nessuno si aspettava fosse così forte, se lo devono aspettare solo i grandi dirigenti. Troppo facile utilizzare la carta Mou per convincere Dybala o Matic. Servono idee e prontezza di riflessi. Quella che Pinto non ha avuto al momento di prendere Xhaka, Anguissa, Frattesi o Koopmeiners. A centrocampo hanno giocato Cristante e Camara, che in una squadra da Champions possono stare comodamente in panchina. Quella che hanno scaldato i giocatori presi (e pagati oltre 35 milioni) nelle ultime due stagioni dal gm portoghese: Vina, Celik, El Shaarawy e Shomurodov. Ora c’è un mercato lungo, con tanti parametri zero e le occasioni per ridare linfa a una rosa stremata. I Friedkin hanno speso tanto, in altri settori per tappare i buchi lasciati da dirigenti decisamente peggiori di Pinto. E’ il momento delle idee, è una questione di qualità. Come cantavano i CCCP. Perché i sold-out contano, ma conta anche l'entusiasmo che va alimentato. A suon di vittorie, o almeno di grandi prestazioni.
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