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Roma-Di Francesco, l’ennesimo amore di una notte

LaPresse

Eusebio ieri non ci è piaciuto, è diventato impaurito e arrogante ed è vicino a diventare un'altra cotta fugace. Forse sarebbe il caso di diventare adulti, e mettere su famiglia. Magari con Antonio Conte

Francesco Balzani

Cotte più o meno estive, tutt’al più innamoramenti. Finiti male, naufragati tra polemiche, frecciate ed esaurimenti nervosi. La Roma da dieci anni vive il rapporto con i propri allenatori in maniera adolescenziale. L’ultima storia, quella con Di Francesco, rischia di non vedere la fine del 2018. Eusebio ieri non ci è piaciuto. Prima, durante e dopo la partita. L’umile ma brillante allenatore del Sassuolo è diventato impaurito e arrogante. I cambi a conservare il vantaggio su un Cagliari orfano di Barella, Pavoletti e Castro. E poi quelle dichiarazioni dove la responsabilità dei propri errori diventa esercizio troppo complicato. Sembrava Garcia in quel 2015 finito male. Pallotta ha messo il suo futuro nelle mani di Monchi, ma anche se dovesse scavallare l’anno il rapporto tra la Roma e Di Fra sembra ormai agli sgoccioli. Si tratterebbe del nono cambio in panchina dal 2010 ad oggi. Una ecatombe degna del miglior Zamparini o del primo Moratti. Ovviamente a naufragare non è solo il rapporto tra l’allenatore e la Roma, ma tutto il progetto costruito da direttore sportivo e consulenti esterni.

E’ già accaduto e le dinamiche sembrano sempre le stesse.  Nell’era americana il primo a consumarsi è stato Luis Enrique. In estate tutti pazzi per il Proyecto, il mental coach, i tablet, il calcio totale e l’aria affascinante della calda Catalogna mista alla fresca Asturia. Sembrava l’inizio di un lungo amore figlio di una rivoluzione tecnica che aveva portato a Trigoria più di 10 volti nuovi. Dopo 6 mesi il rapporto si è incrinato, nessuno può dimenticare le figuracce con Lecce o Atalanta. O le sconfitte nei derby. Così ad aprile inoltrato Luis Enrique deciderà di dire addio. Il suo volto una volta sorridente diventò emaciato, stanco, esaurito. Ancora meno è durata la storia con Zeman. L’iter è stato ancora più drammatico: coccolato, poi lasciato solo, accerchiato e infine scaricato. Su Andreazzoli sorvoliamo, è stato un semplice chiodo schiaccia chiodo. Poi c’è stato Garcia, fin qui la storia più lunga. Il primo anno è stato tutto cuore e amore: le 10 vittorie di fila, la praticità che finalmente ha preso il posto dell’utopia, il ritorno in Champions. Finalmente si era riuscito a scavallare il primo anniversario, poi ecco la prima crisi: Garcia alla fine della seconda stagione si lamenta. Del mercato, delle ambizioni. Storia già vista. La Roma, per non interrompere l’abitudine, trascina un amore stanco che vede la sua fine a fine 2015. E quel Garcia ci ha ricordato molto il Di Francesco visto in queste settimane: stanco, incattivito, nervoso, scarica barile. Insomma sull’orlo della crisi di nervi. L’iter rischia di essere lo stesso. Non ci dimentichiamo di Spalletti, il ritorno dell’ex durato appena un anno e mezzo ma molto intenso visto quello che è successo con Totti. Anche lui è scappato, e non per Totti.  E ora che si fa? Sousa, Montella, Donadoni? L’ennesimo amore fugace? Forse sarebbe il caso di diventare adulti, e mettere su famiglia. Magari con Antonio Conte.