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Roma, addio vecchi problemi: da Abraham a Pellegrini, l’attacco è da record

Getty Images

Dopo l'addio di Dzeko, davanti si divertono: il capitano è già a 5 gol, Tammy ha trovato la prima gioia sotto la Sud. E 19 reti in 6 partite entrano nella storia

Redazione

Contenti contenti sì, tranquilli tranquilli no. Perché se sei un attaccante e il tuo mestiere-ossessione è quello di far gol, sotto porta non puoi essere tranquillo né gentile. Ma la Roma di Mourinho in attacco è prepotente, non chiede il permesso e spesso non ha bisogno di due o tre grandi occasioni per trovare il gol, un difetto che qualcuno invece accollava a Dzeko. A Milano sponda Inter alcuni mini mugugni dopo la partita con il Real Madrid ci sono stati mentre 570 chilometri più a sud Mourinho si gode la verve di Abraham, Shomurodov, El Shaarawy e Pellegrini ma anche Mkhitaryan, Zaniolo e Carles Perez. C'è una mano Special nell'inizio super dell'attacco giallorosso: 19 gol nelle prime sei partite stagionali è un dato che nella storia della Roma solo Alfredo Foni (con 25 reti a cavallo dei primi anni '60) era riuscito a superare. Superati invece con la manita al CSKA in un colpo solo Rudi Garcia e Gunnar Nordahl (17 entrambi).

 

Roma, attacco super: tredici gol dalla trequarti in su

Chi credeva che Mourinho avrebbe dato solo un'impronta difensiva è stato smentito: Pellegrini è quello che più di tutti ha beneficiato della cura, con 5 gol in 6 partite tra campionato e Conference League. L'anno scorso è arrivato a 11 e di questo passo non avrà problemi a superare il suo record personale. Abraham ha fatto già dimenticare Dzeko: gol a Salerno e ieri sera la prima gioia all'Olimpico sotto la Sud, ma soprattutto un'intesa con i compagni di reparto che ha messo a tacere anche i pessimisti cronici. La tiritera del "se non segna Dzeko non lo fa nessuno" è già un ricordo lontano. Perché davanti, nella Roma di Mou, tutti si divertono e segnano: Shomurodov lo ha fatto contro il Trabzonspor, Zaniolo contro la Fiorentina, Mkhitaryan contro la Salernitana. E poi c'è un El Shaarawy (arrivato già a 3) trasformato rispetto a quello in versione cinese della seconda parte della scorsa stagione. Anche Carles Perez sembra un altro, anche se è ancora a caccia della prima gioia. L'unico volto triste è quello di Mayoral, anche ieri tutta la gara in panchina senza neanche subentrare nella ripresa.

Il confronto con le altre big di Serie A 

Nessuno in Serie A ha lo stesso numero di partite disputate dalla Roma, che è dovuta passare dai preliminari di Conference, ma una piccola riga di paragone già si può tracciare. L'Inter e il Milan viaggiano sulla stessa lunghezza d'onda, lontani comunque da quella dei giallorossi: nove centri in quattro partite, con una media oltre il 2 a gara, specialmente con gli attaccanti. Tra i nerazzurri Dzeko è a uno, Lautaro e Correa a due. Nella squadra di Pioli due gol già per Giroud, Brahim Diaz e Leao, Ibra - ora di nuovo infortunato - e Rebic a uno. Difficile che nelle prossime due partite arrivino a 19 come la Roma. Otto reti in quattro partite per il Napoli di Spalletti, solo sei (di cui tre nell'ultima al Malmoe) per la Juve. Sarri e la Lazio sono a 9 ma grazie ai sei rifilati allo Spezia e ora arrivano da due gare senza segnare, l'Atalanta è ferma a cinque. Se è vero che in Italia lo scudetto va quasi sempre a chi ha la miglior difesa, la Roma per il momento si gode il miglior attacco. E per quel conto di Mourinho siamo a sei partite, che non saranno 50 ma qualcosa vorranno pur dire. Ma per i sogni veri, quelli da far girare la testa, c'è ancora tempo.