(di Alessio Nardo) Chiamatelo fantasma, incubo, puntuale sortilegio. Per i tifosi laziali, ormai, incontrare Claudio Ranieri equivale ad un fatale verdetto anticipato. Quattro su quattro, percorso netto. Da quando il mister testaccino ha preso possesso della panchina romanista ha centrato dodici punti su dodici nelle stracittadine. Mai un successo ‘facile’, mai una scampagnata. Quattro storie diverse, belle, affascinanti e unite dallo stesso finale: non c’è verso, vince la Roma. Di riffa o di raffa, con fortuna o bravura, la vittoria giunge sempre all’indirizzo giallorosso.
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Ranieri, il mago del derby
(di Alessio Nardo) Chiamatelo fantasma, incubo, puntuale sortilegio. Per i tifosi laziali, ormai, incontrare Claudio Ranieri equivale ad un fatale verdetto anticipato.
6/12/2009, Roma-Lazio 1-0: il primo derby romanista di Ranieri è un tuffo nel gelido freddo di dicembre. Sotto natale son permessi regali, ma non alla Lazio di Ballardini. Totti e compagni stanno pian piano risalendo posizioni in classifica dopo un turbolento avvio stagionale (che portò proprio alle dimissioni di Spalletti e all’ingaggio del Sor Claudio). Vincere vuol dire lanciarsi definitivamente verso i posti Champions, ma come sempre la stracittadina nasconde insidie e veleni. Il ricordo dei quattro schiaffi firmati Pandev, Zarate, Lichtsteiner e Kolarov fa ancora male, serve una nitida affermazione per ristabilire le gerarchie cittadine. Ranieri sceglie Burdisso terzino destro lasciando in panchina il malconcio Cassetti. La scelta non paga. La Roma, con il trio delle meraviglie in avanti (Ménez-Totti-Vucinic) gioca male e crea pochissimo. Ad inizio ripresa la mossa chiave: fuori l’infortunato Mexés, dentro Cassetti con Burdisso spostato al centro. La Lazio sfiora il gol: palo di Zarate e miracolo di Julio Sergio su botta sicura di Mauri. Il preludio all’estasi romanista: al 79? Vucinic crossa da destra, Cassetti impatta in diagonale e batte Muslera per l’1-0. Finisce in gloria e in festa il primo derby di Ranieri, entusiasta e raggiante sotto la Sud assieme agli altri due emblemi cittadini, De Rossi e Totti (e si intravedono i famosi pollici…). Ma il bello, come dicono a Roma, ha da venì.
18/4/2010, Lazio-Roma 1-2: non è un derby come tutti gli altri. Non può esserlo. Lazio-Roma del 18 aprile 2010 è un appuntamento unico nel suo genere, senza ritorno. Sette giorni prima, battendo l’Atalanta, i giallorossi hanno concretizzato una rimonta da record issandosi in testa alla classifica, davanti all’Inter e a tutte le altre. Cinque giornate alla fine, uno scudetto pressoché a portata di mano. La Lazio non ha più l’inconcludente Ballardini in panchina, sostituito dal più pragmatico Edy Reja. La salvezza, tuttavia, è ancora lontana ed ottenerla nel derby avrebbe un sapore speciale. Si scende in campo alle ore 18.00, orario insolito in un caldo pomeriggio primaverile. La storia è la stessa di sempre: Roma intimidita, Lazio presente e viva. Al primo vero affondo i padroni di casa vanno a segno: Ledesma coglie Rocchi sul filo del fuorigioco e il capitano trafigge imparabilmente Julio Sergio. Roma al tappeto, con De Rossi e Totti opachi e Luca Toni ben braccato. Ranieri viene colto da un’illuminazione: fuori i due totem giallorossi, dentro Taddei e Ménez. La perfidia del Dio futbol sembra voler consegnare Claudio alle grinfie dei critici quando dopo 2? della ripresa Kolarov asfalta la fascia sinistra costringendo Cassetti (proprio lui) al fallo da rigore. Dal dischetto Julio Sergio ipnotizza Floccari, la platea giallorossa si rianima e ruggisce: la Roma deve vincere. Si ribalta il fronte, stavolta è Kolarov a stendere Taddei in area: penalty. Vucinic non è Floccari e la piazza alle spalle di Muslera, per poi ripetersi su calcio di punizione e scatenare l’orgia festante sotto la Sud. Finale d’assedio, il fortino romanista resiste e il triplice fischio è il pretesto per la rabbia di una Lazio frustrata e furiosa. Il sostituito Totti si diverte ed esibisce i pollici. Sette giorni più tardi la Samp e Pazzini annienteranno i sogni tricolori della Roma, ma in fatto di derby Ranieri incamera la seconda gemma.
7/11/2010, Lazio-Roma 0-2: l’oh nooo ironico dei tifosi biancocelesti esposto sottoforma di striscione nel famoso Lazio-Inter della vergogna è un ricordo vivo e presente nella mente di giocatori e tifosi romanisti. Soprattutto nella mente di Claudio Ranieri, a caccia del magico tris. Non è un derby facile, stavolta. Gli uomini di Reja si presentano con dieci punti di vantaggio e con un dolce primato in classifica, mentre la Roma è ancora impegnata a sguazzare a metà graduatoria nel tentativo di rimediare ad un inizio shock. Sembra non esserci storia. Per la prima volta dopo anni e anni l’Aquila (rappresentata dalla splendida Olimpia) parte favorita sulla Lupa. Hernanes è il beniamino della Nord nonché il migliore dei suoi in un primo tempo scialbo. Fa meglio la piccola Roma, sorretta dalla sostanza offensiva di Borriello e dalla vena talentuosa di Vucinic e Ménez. Al 40? il francesino è costretto ad uscire, al suo posto debutta in campionato Leandro Greco tre giorni dopo il fondamentale gol in Champions a Basilea. Il ‘canterano’ giallorosso fa subito bis su assist di Borriello, ma per la terna arbitrale è fuorigioco. Altra musica nella ripresa: Lichtsteiner inaugura il suo percorso pallavolistico intercettando con il braccio in area una botta ravvicinata di Simplicio. Rigore: va Borriello, Muslera papereggia e la sfera termina in fondo al sacco. La Lazio non ci sta, non tollera il terzo ko di fila. A 15? dalla fine i ragazzi di Reja chiedono l’assegnazione del penalty per un evidente fallo di Riise su Mauri in area. Si procede. All’88? Julio Baptista regala un’ultima cartolina alla Sud, guadagnandosi il rigore del 2-0 tra le proteste degli increduli laziali. Vucinic segna e il walzer finale è più o meno lo stesso: festa grande da una parte, proteste rabbiose e grida ‘al ladro al ladro’ sull’opposto versante.
19/1/2011, Roma-Lazio 2-1: per la legge dei grandi numeri sembra esser arrivato il momento della Lazio. C’è la Coppa Italia, c’è un’affascinante finale all’Olimpico di Roma da conquistare. C’è un inatteso derby agli ottavi, ignobile scherzetto del calendario fatto a Reja e Ranieri, già impegnati in una difficile gestione delle risorse in campionato. Come detto, stavolta la Lazio ci spera, se non altro per questioni di logica alternanza. La Roma tuttavia vuol difendere un’imbattibilità casalinga nelle stracittadine che dura ormai dal 1998, ben tredici anni. L’imbattuto e imbattibile Ranieri fa tutto per regalare una soddisfazione ai dirimpettai, proponendo dal 1? un undici pressoché impresentabile: poca spinta sulle fasce (Burdisso e Riise bloccati), poco costrutto in mediana e zero dinamismo in attacco con i due panzer Adriano e Borriello. La Lazio potrebbe aggredire e far suo il derby, ma Zarate e compagni sonnecchiano. Si sveglia Ranieri che al 46? getta nella mischia i ‘gioielloni’ Jeremy Ménez e Mirko Vucinic. Il fantasma del 7 novembre si ripropone agli occhi dei supporters biancocelesti: è il 52? quando Riise crossa in area trovando il braccio di Lichtsteiner. E’ rigore, lo svizzero non ci crede. “Di nuovo? Sempre io?”, sembra dire. E’ così. Ed è ancora una volta Marco Borriello a prender palla e sbloccare il risultato: 1-0. Nuovo trionfo? La Lazio non è d’accordo e quattro minuti più tardi Juan affossa Zarate in area. Bergonzi lestissimo indica il dischetto ed Hernanes fa esplodere la Nord. Un incubo sembra svanire, una fatale maledizione pare interrompersi. Macché. C’è un omino col numero 30, fra i peggiori in campo, pronto a confezionare il ‘colpo derby’: al 77? Fabio Simplicio si fa beffe dell’incerta difesa avversaria, incuneandosi in area e appoggiando di piatto destro in rete. Ciao ciao Berni, ciao ciao Lazio. E’ ancora Roma. Altra vittoria sofferta e fortunata. Il segreto? Lui, Claudio Ranieri. Un amuleto magico, uno scoglio invincibile e inaffondabile per la nave laziale.
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