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Quella mancanza di rispetto per chi ha scritto la Storia

(Il Messaggero – Calcio&Pepe – R.Renga) Ci sono analogie tra i casi Del Piero e Totti. Del Neri a Napoli ha utilizzato dall’inizio Toni, appena arrivato e ancora in crisi esistenziale (chi sono? Dove mi trovo?) e non Del Piero,...

Redazione

(Il Messaggero - Calcio&Pepe - R.Renga) Ci sono analogie tra i casi Del Piero e Totti. Del Neri a Napoli ha utilizzato dall’inizio Toni, appena arrivato e ancora in crisi esistenziale (chi sono? Dove mi trovo?) e non Del Piero, che nella Juve ha sempre giocato, pure in serie B quando altri scapparono. L’ex capitano è poi entrato al posto di Amauri.

Risultato: scontento del Piero, scontento Amauri, contento e a secco Toni. Un errore del tecnico, non una mancanza di rispetto. Ranieri ha chiesto al suo (ex) capitano di risolvergli con una giocata la partita nel momento in cui scattava il recupero: quattro minuti, solo un paio effettivi. Errore e mancanza di rispetto nei confronti di chi bene o male (bene) ha scritto le pagine più belle della storia romanista. Alla vigilia Ranieri aveva detto: Totti fa parte del progetto della Roma. Poi quattro minuti. Tra un anno, trenta secondi? Ranieri ha il diritto di fare le scelte che vuole. Anche di utilizzare De Rossi per un tempo il giovedì e di metterlo in panchina nella gara successiva. Ha il diritto, ma questo non significa che altri, critici o tifosi che siano, debbano essere d’accordo con lui.

Se De Rossi non andava bene domenica, perché era buono per il Catania? Liberissimo, il tecnico, anche di mandare in panchina Totti. Nessuno dice niente se al posto di Francesco ci sono calciatori in grado di giocare, come Borriello, Menez e Vucinic. Si sollevarono obiezioni solo a Milano, quando a Totti venne preferito Adriano, che ha poi ringraziato Ranieri allenandosi tra Copacabana e Ipanema. E si risollevano adesso, nel momento in cui si tocca il punto di non ritorno. Perché i quattro minuti non rappresentano più una scelta tecnica. Qui si scende sul personale e non lo seguiamo più. Totti, che è il classico bravo ragazzo romano, l’ha messa sulla battuta, ma in cuor suo pensa di essere stato trattato come peggio non si poteva. Da qui la richiesta di conoscere esattamente che cosa voglia fare di lui la Roma e non più Ranieri. E’ di troppo? Alza la mano e lascia, come aveva sempre detto: il contratto non sarà mai un problema. Totti in sostanza chiede chiarezza. E’ il minimo che possa pretendere.

Alla Roma ha dato e dalla Roma ha ottenuto: giocatore e società sono nella condizione di dividersi senza rancore. Una lacrima e via, altrove, più lontano possibile. Una decisione, una decisione qualunque, obiettivamente non è più rinviabile. Capiamo perfettamente lo stato d’animo di Rosella Sensi, che vorrebbe urlare, ma si sente bloccata da un cassiere di banca. Sino a quando può, intervenga. Non per far giocare Totti, questo sarebbe sbagliato, bensì per farsi dire da Ranieri quali siano le sue reali intenzioni. E subito dopo stabilire il piano della società: tenere o liberare il giocatore. Adesso, a cose fatte, sarebbe facile dire che con De Rossi, Totti e Pizarro a Genova le cose sarebbero andate diversamente. Vogliamo solo ricordare che, quando si fa calcio italianista, gli episodi sono sempre decisivi. A favore (Catania e Milano) e a sfavore (Genova). Più delle giocate dei singoli, a parere nostro, conta il gioco. Che nella Roma non si vede. Buttare questa stagione in cui le altre grandi fanno pena resta un incomprensibile suicidio.