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Subito quattro gol: Borriello riconquista la Roma

(di Alessio Nardo) La mancanza di memoria storica. Uno degli eterni difetti della nostra città (e del popolo romanista in particolare). Ci si scorda tutto, e anche alla svelta.

Redazione

(di Alessio Nardo) La mancanza di memoria storica. Uno degli eterni difetti della nostra città (e del popolo romanista in particolare). Ci si scorda tutto, e anche alla svelta.

Si dimentica, ad esempio, di come fu accolto lo scorso 31 agosto l'arrivo di Marco Borriello in prestito dal Milan. Un trionfo, un terremoto di positività vibrante e contagiosa, neanche fosse giunto a Trigoria il Batistuta dei tempi d'oro. E ci si scorda anche di quel che ha saputo fare nel corso dei mesi il centravanti napoletano: 17 gol, adeguatamente suddivisi tra campionato, Champions League e Coppa Italia. Miglior marcatore stagionale della Roma, al pari di Francesco Totti (mica uno qualsiasi...). Eppure, sino a pochi giorni fa l'ex rossonero veniva dipinto dai più come un esubero maleodorante in seno all'organico. Snobbato, abbandonato e inserito nel pacchetto di 'appestati' comprendente anche Ménez, Vucinic e altri protagonisti minori.

Perché? Non si sa. Di casi del genere, d'altronde, ne è piena la storia giallorossa. Potremmo citare anche Julio Sergio, 'eroe dei dieci mondi' un anno fa, oggi alla stregua di un desaparecido da sbolognare altrove al più presto. Ma torniamo a Borriello e al suo strano percorso. Salvatore giallorosso del girone d'andata con Ranieri alla guida (fu lui a tenere in piedi la Roma a suon di gol), spedito in panchina per scelta tecnica da Vincenzo Montella nella seconda parte di campionato. A costargli carissimo, probabilmente, son stati un paio di episodi antipatici: la polemica frase (rivolta a Ranieri) "ho fatto 25.000 gol e non mi fa giocare" colta da un suo labiale in panchina durante Roma-Shakhtar di Champions, e il rigore 'sottratto' di forza a Pizarro e sciaguratamente fallito in quel di Donetsk nel ritorno degli ottavi. Due errori, due gravi macchie. Ma accomunare tali atteggiamenti alla costante indolenza di un Vucinic o di un Ménez è del tutto paradossale.

Borriello, pur non essendo immune da comportamenti sbagliati, si è sempre dimostrato un professionista inappuntabile. Allenamenti precisi e mai svogliati, grande impegno in campo unito ad una feroce carica agonistica, rendimento agli atti della statistica: 17 reti, in una stagione così difficile e buia per la Roma, non possono definirsi 'robetta'. In più, mettiamoci l'ottimo lavoro fin qui svolto a Riscone di Brunico agli ordini di Luis Enrique. Marco sta bene, è in piena forma e ha raccolto solo opinioni positive da parte del nuovo staff. Nelle due prime uscite stagionali è stato il solito cecchino infallibile: quattro gol (tre alla Val Pusteria, di cui uno splendido in rovesciata, uno al Sudtirol), pur partendo da posizione leggermente decentrata nel tridente offensivo. Luis ne è rimasto folgorato, ordinando alla dirigenza di togliere il suo nome dal mercato. Decisione sacrosanta. Dagli anni di Bati e Montella abbiamo 'sopportato' prime punte scadenti o bollite (Marazzina, Carew, Corvia, Nonda, Mido, Okaka). Ora che vantiamo un 'puntero' d'oro, faremmo bene a tenercelo stretto.