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Primo anno di Roma americana. Fenucci: “Il futuro sarà nostro, prima di quanto pensiamo”

(di Marco Cruciani) Nuova stagione alle porte, e gia’ tempo di bilanci. A Roma si “festeggia” il primo anno della gestione americana con la consapevolezza di avere davanti ancora tanto lavoro da fare.

Redazione

(di Marco Cruciani) Nuova stagione alle porte, e gia' tempo di bilanci. A Roma si "festeggia" il primo anno della gestione americana con la consapevolezza di avere davanti ancora tanto lavoro da fare.

Il 18 agosto 2011, col passaggio di mano dai Sensi alla cordata capeggiata allora da Di Benedetto e oggi da Pallotta (presto il passaggio di consegne alla presidenza del club), si apriva di fatto il corso della Roma made in Usa. Un avvicendamento che finora, però, ha prodotto risultati soprattutto fuori dal rettangolo di gioco. Se in campo, infatti, l'esperienza con Luis Enrique e' già stata archiviata come fallimentare, tanto da convincere/costringere la dirigenza di Trigoria a riportare Zdenek Zeman nella Capitale per riaccendere entusiasmo e ambizioni della piazza, diverso e' il discorso riguardante la gestione della società.

Con lo sbarco degli americani, sottolinea l'ad Claudio Fenucci, si e' avviata "a progressiva costruzione di una squadra (rivoluzionata rispetto al 2011), in grado di assicurare competitività immediata e futura al club; l'avvio di un processo di ristrutturazione finanziaria (sensibile abbassamento del monte ingaggi), non facendo mancare comunque risorse per gli investimenti sportivi (rinnovo del contratto di De Rossi); un diverso approccio per tutte le attività di marketing (partnership con la Disney), orientate sempre di più alla soddisfazione delle esigenze dei tifosi (abbonamenti svincolati dalla 'tessera del tifoso' e creazione della Hall of Fame)''.

Per fare della 'Magica' un club di dimensioni internazionali, obiettivo finale dichiarato dalla proprieta' statunitense, c'e' pero' ancora molto da fare. Ma i prossimi traguardi da tagliare sono gia' stati individuati: "Essere stabilmente al vertice, sviluppare adeguatamente il brand, progettare e costruire la nostra nuova casa". Il business legato allo stadio di proprieta' e' uno dei motivi principali che hanno spinto gli americani ad investire nella Roma assieme al partner UniCredit. A settembre si conoscerà la zona che dovra' ospitare il nuovo impianto (in pole Tor di Valle), ma dopo un anno dalle parti di Trigoria c'e' la convinzione che se si riuscira' a costruire un club "strutturalmente e autonomamente forte, organizzato, moderno e aperto al mondo, non ce ne sara' piu' per nessuno".

"Il futuro sara' nostro, forse molto prima di quanto pensiamo" la considerazione di Fenucci, sposata dal consigliere d'amministrazione Mauro Baldissoni (''quanto avviato in questo primo anno molto presto traccera' un percorso ben identificabile, marcando una differenza tra la Roma e il resto del contesto calcistico''), dal responsabile marketing Christoph Winterling (''possiamo costruire con una nuova proprieta' un futuro che sara' diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad ora in Italia''), e ovviamente da Franco Baldini.

Il direttore generale e' stato forse il piu' criticato tra i dirigenti, per il suo ritardato arrivo nella Capitale (provocato dall'impegno con la Federcalcio inglese), per le iniziali frizioni con capitan Totti, per la difesa a spada tratta del lavoro di Luis Enrique. Insomma, un anno intenso.

"Ma per me non e' nemmeno un anno, anche se a volte mi sembrano dieci, perchè in realtà sono arrivato soltanto a meta' ottobre - ricorda Baldini - Non so dire le cose che abbiamo fatto, se siano state buone o meno, se saranno servite oppure inutili. Qualcuno che avrà titolo per farlo, oltre al tempo, lo dirà. Posso dire di come le abbiamo fatte, ed e' stato dedicandovici tutto. Abbiamo avuto ed abbiamo tutta la libertà del mondo nell'operare ed in cambio assumiamo un'enorme responsabilità - conclude - ma qualsiasi cosa sara' successa lo sarà solo perchè le nostre scelte alla fine l'avranno determinata''.