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Primavera, De Rossi: “Abbiamo sempre creduto in Florenzi. Il trasferimento di Daniele ha stravolto tutto”

LaPresse

Il tecnico giallorosso aggiunge: "Ricordo benissimo il primo giorno a Trigoria, è stata una grande emozione"

Redazione

Alberto De Rossi ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Roma Tv. L’allenatore della Primavera giallorossa ha risposto ad alcune domande durante il programma “Roma next generation” , toccando numerosi argomenti: dal primo giorno a Trigoria ai nuovi obiettivi da raggiungere nel 2020. Ecco le sue parole:

Il primo giorno a Trigoria?

"Ricordo benissimo il primo giorno che sono entrato qui, è stata una grande emozione. Il primo giorno che sono entrato a Trigoria è un ricordo indelebile, non pensavo di rimanerci così tanto e di fare così bene. La mia avventura è stata una cavalcata trionfale e sono contento di aver ottenuto dei risultati nel fare crescere i ragazzi e portarli in prima squadra".

Meglio uno scudetto o un giocatore che debutta in prima squadra?

"Non c'è paragone, il nostro obiettivo è che i giocatori entrino in prima squadra. Sicuramente per l'aspetto economico, ma soprattutto per creare quel senso di appartenenza superiore che si plasma dalle giovanili".

Gli ultimi esempi sono Pellegrini e Florenzi, ma c'è qualche storia più particolare?

"La storia di Florenzi secondo me racchiude tutto ciò per cui lavoriamo. Il ragazzo che sta in difficoltà, che non ha grande potere fisico, che non si mette subito in orbita prima squadra. Ma ci abbiamo lavorato e abbiamo avuto ragione".

Qual è stato il suo miglior successo?

"La vittoria nella Supercoppa contro l'Inter a busto Arsizio, quando vincemmo ma eravamo nettamente inferiori, anche per età".

Qual è il segreto per lavorare con i ragazzi così a lungo?

"È un lavoro che mi piace sempre di più, la passione è fondamentale. Poi devi avere tanta pazienza, tanta attenzione, lavorare molto sul piano psicologico. I rapporti con i calciatori sono diversi rispetto alla prima squadra, qui c'è un rapporto più intimo, come fosse tra padre e figlio.

Hai mai pensato di diventare un allenatore professionista?

"Si, grazie alla Roma che mi ha dato le luci della ribalta. Ci sono stati momenti di incertezza, più per i progetti che per i soldi, ma ho sempre scelto di non sacrificare la famiglia, visto che l'ho fatto da giocatore, e perché sto bene nel mio ruolo".

Lei si sente un vanto per la Roma visto che ha dedicato tutta la carriera alla Roma?

"La gente mi riconosce questo vanto, mi fa felice".

Quanto le mancano i nipoti?

"I nipoti mancano sempre a tutti, poi il trasferimento di Daniele ha stravolto tutto. Io non sono mai potuto andare lì, ma lui è tornato, ho rivisto i miei nipoti e abbiamo recuperato il tempo perduto".

Cosa ti aspetti dal 2020?

"Vogliamo completare la rosa, renderla più competitiva e coinvolgere ancora di più i ragazzi. Quest'anno abbiamo avuto troppo alti e bassi e se vogliono diventare calciatori professionisti devono dare qualcosa in più. Serve più sacrifico e a volte manca ai ragazzi".