Il giorno successivo a Roma-Torino, è intervenuto ai microfoni di TvPlay Gianluca Petrachi, il direttore sportivo doppio ex sia dei giallorossi che dei granata e ha inquadrato a 360 gradi il momento che sta vivendo il calcio italiano. Di seguito le parole del direttore sportivo:
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Petrachi: “La stoffa di De Rossi si intuiva già alla Spal. Si merita il meglio”
Su Roma-Torino: "Roma-Torino è stata una partita che ho guardato con grande attenzione perché ha rappresentato il mio passato. In granata sono stato per dieci anni ed è evidente che, rispetto ai giallorossi, ci sia un legame molto forte dettato da una sproporzione di anni passati lì, ma anche la parentesi nella capitale è stata molto intensa, piena di emozioni e sentimenti. Ho cercato di dare tutto me stesso per la causa e non rinnego nulla di ciò che ho fatto”.
Su De Rossi: “Io ho iniziato a seguire De Rossi quando era andato alla SPAL e già si intuiva che avesse la stoffa dell’allenatore. Nella sua esperienza da calciatore ha avuto due tecnici di riferimento come Spalletti e Conte che gli hanno dato dei dettami nuovi, a mio avviso. Lui è un ragazzo estremamente intelligente e credo che abbia preso molto da loro due, ma non solo. In questo avvio della sua carriera sta cercando di portare il suo credo calcistico e le sue idee, ma in prospettiva penso che abbia tutta l’umiltà necessaria per fare una grande carriera. Ci sono stati tanti calciatori che in campo dettavano calcio, ma una volta passati dall’altra sponda, ovvero quella dell’allenatore, non hanno avuto l’umiltà di calarsi nel nuovo ruolo. Negli ultimi giorni ho letto la sua intervista in cui ha rivelato di aver preso appunti da De Zerbi: questa è la sua forza. Ho parlato anche con Giacomazzi (il secondo di De Rossi) e anche a lui gli aveva detto che Daniele ha tutte le stimmate dell’allenatore che può arrivare. Ora non ha ancora una sua identità tattica precisa, ma un domani ci arriverà. Mi auguro che lui possa tenersi stretta la panchina della Roma, che è sempre abbastanza ambita, perché so cosa sa regalare la piazza giallorossa”.
Sul suo futuro: “Ho avuto dei corteggiamenti e delle chiacchierate con alcuni club, ma oltre a questo non c’è altro di troppo concreto. Questo, in ogni caso, è il periodo ideale in cui iniziare a programmare. Io mi auguro di legarmi ad un club perché io amo fare calcio. A me interessa relativamente la categoria, poi è innegabile che mi piacerebbe rientrare dalla porta principale. Ho vinto dei campionati a Pisa, ho portato delle plusvalenze a Torino e fatto bene a Roma: mi auguro che qualcuno si voglia affidare alle mie competenze. Serie B? Non mi interessa la categoria, io voglio fare calcio e avere la possibilità di lasciare una traccia di quello che ho fatto con il mio lavoro, non ho mai fatto catastrofi”.
Sulla corsa per il quarto posto: "Io mi auguro che la Roma possa arrivare tra le prime quattro posizioni. Se De Rossi farà bene io sono contento, fa un calcio coraggioso e si merita il meglio. L’Atalanta darà fino alla fine filo da torcere a tutti: nonostante i tanti addii sono arrivati giocatori che hanno garantito nuova linfa per puntare alle prime quattro. Il Bologna gioca molto bene, è una scheggia impazzita, e Thiago Motta è un valore aggiunto perché sta valorizzando tanti ragazzi. Napoli? Lo vedo in grande difficoltà perché mancano delle figure di riferimento, ed è difficile pensare ad una ripresa”.
Sul futuro di Conte: “Conte mi auguro che vada all’estero così non mi associano più lui. Scherzi a parte, io non posso spostarmi fuori dall’Italia per scelte personali, ho avuto varie offerte anche dall’Inghilterra ma non le ho mai prese in considerazione. Conte è una persona molto ambiziosa e prima di scegliere la sua prossima meta analizzerà ogni minimo dettaglio. Secondo me tornerà in Premier, è il campionato in cui si può esprimere totalmente perché in Italia c’è poco calcio e troppo salotto. Poi chiaramente l’Italia potrebbe essere la scelta prioritaria in caso di progetto importante, ma faccio fatica ora a vedere un club italiano che possa andare su Conte”.
Su Mkhitaryan alla Roma: "Darmian lo presi dal Palermo poi lo vendemmo allo United per oltre 20 milioni di euro. E’ un ragazzo strepitoso, è il classico giocatore che tutti vorrebbero perché sa fare tutto e anche quando sta fuori incita i compagni. Mkhitaryan sono orgoglioso di averlo portato in Italia quando tutti lo davano per finito. L’avevo preso a parametro zero e per me fu un grande colpo, infatti ora sta facendo benissimo all’Inter: è il giocatore più intelligente del centrocampo nerazzurro, infatti Inzaghi non lo toglie mai. Capisce prima la giocata, poi ora sa giocare con grande efficacia anche senza palla, ne recupera una marea e sulle seconde palle arriva sempre prima”.
Su Dzeko: “Il giocatore che arriva a certi livelli vuole anche capire che tipo di progetto la dirigenza vuole allestire alle sue spalle. E’ questo il caso di Osimhen che, al Napoli, si è creato la sua comfort zone perché è amato dai tifosi e dalla società. Io credo che i calciatori a volte vengano anche tenuti in virtù delle scelte fatte dalla società per il resto della rosa. Quando sono arrivato alla Roma era già quasi chiusa la cessione di Dzeko all’Inter e io provai a fargli capire che con me sarebbe stato un punto di riferimento per far crescere i giovani, tanto da avergli pareggiato l’offerta economica proposta dai nerazzurri. Alla fine rimase molto volentieri e fece un ottimo campionato quell’anno”.
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