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Perinetti: “La cessione di Ancelotti al Milan il mio imprimatur da giganti”

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L'ex ds giallorosso ricorda la missione affidatagli da Dino Viola e la trattativa con Galliani e Berlusconi, ma anche l'arrivo di Dybala a Palermo
Redazione

Giorgio Perinetti a cuore aperto. Lo storico direttore sportivo, tra le altre anche della Roma, ha raccontato la sua visione del mercato del passato e di quello presente e futuro in una intervista a 'Il Foglio': "C'erano molti più incontri fra dirigenti, più fiducia e conoscenza diretta. Con la prassi odierna si mandano avanti i procuratori. Se questo non basta viene chiamato in causa un intermediario. Poi spuntano padri, fratelli, un fiume di personaggi invadenti. Tante trattative sono saltate proprio per questo. In certi casi le commissioni superano le richieste di trasferimento: si pensi a Dybala quest'estate”.

“Il mercato sta andando fuori controllo per due ragioni - continua Perinetti -. La legge di compensazione: in Italia c’è l'obbligo

di fideiussione, che aumenta i costi e terrorizza i proprietari. Dunque si cercano sempre più calciatori all’estero. L’altro aspetto è la debolezza di un meccanismo che fatica a regolamentarsi da sé e ha smesso di autotutelarsi. Il calcio italiano - e non solo - ha bisogno di fare sistema: le nostre assemblee sembrano liti condominiali. Manca ogni visione d’insieme. Ciascuno guarda al proprio orticello. Ma senza una politica organica che effettui riforme strutturali e affronti le problematiche della modernità, dai diritti tv alle commissioni, continueremo a ristagnare”.

Perinetti apre il cassetto dei ricordi della sua lunga carriera: “Beh, non scorderò mai il giorno in cui Dino Viola m’incaricò di trattare la cessione di Ancelotti dalla Roma al Milan. Ero alle primissime armi, eppure con potere di firma: mi sono ritrovato tra Galliani e Berlusconi, affiancato dal figlio di Viola, con Gaucci e il padre di Malagò nel cda giallorosso. Un imprimatur da giganti. Ma anche una trattativa record: vendemmo Carletto per 5,8 miliardi di lire. Poi Cafu dal Palmeiras alla Capitale: che gran colpo. Ma voglio menzionare anche un affare mancato: Weah dal Monaco al Napoli. Ce l’avevo in pugno. Svanì per piccoli dettagli. Forse ero troppo giovane, chissà”. Porte girevoli. “Andò bene invece con Dybala al Palermo. E checché se ne dica, Zamparini era un generoso”. Qual è l’attimo più adrenalinico per un ds? “Le compartecipazioni erano molto intriganti. E un istituto determinante per i club: risolveva problemi economici e di organico. Così metà giugno diventava un periodo cruciale per capire quanto denaro avevamo a disposizione per il mercato. Risolverla alle buste significava riscattare, perdere, vincere, nascondere le proprie intenzioni. Nemmeno questo esiste più”. E quei 5,8 miliardi per Ancelotti, anche a parità di potere d’acquisto, oggi non varrebbero manco l’attenzione degli intermediari.