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Pellegrini, la colpa di essere capitano tra troppi alibi e insulti esagerati

Pellegrini, la colpa di essere capitano tra troppi alibi e insulti esagerati - immagine 1
Una fascia pesante, soprattutto in questa città. Uno stipendio forse esagerato e alcuni alibi che stonano. Ma Pellegrini è sempre al centro delle polemiche, anche quando è decisivo
Francesco Balzani
Francesco Balzani Collaboratore 

L’eredità, un concetto che fa venire in mente subito aspetti positivi. Ma non sempre è così. Perché ereditare spesso vuol dire dover essere responsabili, all’altezza delle aspettative di chi lascia. Lorenzo Pellegrini ha ereditato qualcosa che peserebbe su qualsiasi braccio, su qualsiasi cuore. La fascia da capitano della Roma che, a parte brevi passaggi tra Dzeko e Florenzi, arriva direttamente da Daniele De Rossi. Prima di lui c’era stato Francesco Totti. Prima ancora Giannini, Di Bartolomei, Ancelotti, Santarini, Losi, Bernardini. La storia della Roma insomma. Arriviamo al punto: Lorenzo ha quella personalità e quelle doti tecniche. No, non le ha. Ma non è una colpa. Sbaglia chi gliela accolla, sbaglia altrettanto chi pensa le possa avere per discendenza divina. Qualcun altro le ha in rosa? Sì, ma probabilmente è di passaggio (vedi Lukaku o Dybala). E allora quella responsabilità ereditata diventa un macigno così come lo è uno stipendio alto, forse troppo considerato il rendimento di altri colleghi della serie A. Ma anche questa non è una colpa di Pellegrini. È colpa semmai di chi elogiandolo e sopravvalutandolo lo ha messo sotto una luce forte difficile da sopportare e che lo ha reso “antipatico” a una buona fetta della tifoseria. Così ogni volta che gioca male c’è l’alibi: “Ha stretto i denti”. Quando gioca una gara normalissima come domenica scorsa diventa “il grande capitano”. E quando gioca bene i suoi detrattori provano comunque sminuirlo.

C’è un mix di opinioni che sui social diventano spesso insulti e motivo di divisione, che allo stadio hanno fatto uscire qualche fischio. C’è quasi una ossessiva ricerca nel saziare il nostro ego in merito al giudizio di Pellegrini. Positivo o negativo che sia. Ormai si parla di Lorenzo più che della Roma stessa e dei suoi limiti evidenti, e questo è un errore. Lo è stato con Giannini negli anni in cui non gli veniva perdonato nemmeno un rigore sbagliato, lo è stato con Totti e De Rossi costantemente sotto la lente d’ingrandimento anche nelle vita privata. Perché la fascia della Roma pesa più di quella di altre squadre. Ma ripetiamolo ancora: questa non è una colpa di Pellegrini. Il metodo migliore per rivedere il giocatore che due anni rappresentava un valore aggiunto è quello del silenzio, e del lavoro. In silenzio il giocatore (non eccezionale la difesa forzata dopo il 4-1 di Marassi), in silenzio chi gli sta vicino, in silenzio chi lo ama e chi lo odia a prescindere. “Ma come ne state parlando voi”, obbietterete. La critica esiste e sempre esisterà. Fa parte di questo mondo, e non deve spaventare ragazzi privilegiati che ricoprono un ruolo magari pesante da sopportare ma che tutti vorrebbero rivestire. L’importante è che sia scevra da pregiudizi. Di qualsiasi genere.

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