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Pastore: “Di Francesco non mi voleva, poi Fonseca mi ha chiesto di restare”

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L'argentino si racconta in un'intervista, in cui torna sull'avventura in giallorosso: "Per Fonseca ero uno dei più forti, ma mi sono dovuto operare"

Redazione

Sei mesi fa, credevo di essere esausto. Continuavo a sentirmi bloccato durante gli allenamenti, riflettevo su cosa fare dopo il ritiro. Ho lavorato sodo, non ho mollato, alla fine sono riuscito a migliorare ed esprimermi bene sul campo. Adesso sono al top: è bello rivedere il calcio giocato al centro della mia vita”. Javier Pastore torna a raccontarsi dopo l'addio alla Roma e soprattutto l'inizio dell'avventura con l'Elche con cui ha appena conquistato la salvezza: “Il mio contratto scadrà a giugno, cerco una squadra che mi offra spazio in un campionato importante. L’Italia? Magari…” Il Flaco ha parlato a 'gazzetta.it' in una lunga intervista:

Al Psg ha giocato con i migliori campioni dell’ultimo decennio, ma i ricordi più belli sono ancora, in effetti, quelli di Palermo. E la Roma? “Non è andata come speravo, ma ci sono tante cose da spiegare…”

Come si è trovato nell’ultimo anno in Spagna? “Bene. Sono contento, venivo da un periodo complicato. Avevo bisogno di un'esperienza come questa: l’Elche è una squadra tranquilla, che gioca una volta a settimana e mi ha dato l’opportunità di allenarmi con continuità".

Ha già ricevuto qualche offerta in vista della prossima stagione? “Sto valutando il da farsi: il mio contratto con l’Elche scadrà a fine mese. Vorrei restare in Europa per dimostrare che ho ancora forza e qualità per fare la differenza. Rispetto ai tempi in cui dovevo lasciare la Roma, oggi il campo parla per me: nell’ultimo periodo ho giocato e sono migliorato tanto. Tornare in Serie A? Chissà… Di sicuro, adoro il modo in cui si vive il calcio in Italia”.

Alla Roma invece la sua avventura non è stata indimenticabile. Perché? “Per tanti motivi. In primis, con Di Francesco non c’è mai stato feeling. Ero arrivato a Roma per fare la differenza, dopo aver rinunciato a un quinquennale con il Psg dove avevo davanti Di Maria, Neymar, Mbappé, Cavani… La società mi voleva fortemente, il mister no. Provò a schierarmi mezzala, poi mi lasciò fuori e cominciò a dire cose sbagliate su di me. Con Fonseca invece c’era un bel rapporto. Purtroppo però dopo il suo arrivo ho dovuto fare i conti con i problemi all’anca. A dicembre mi sono fatto male, per sei mesi mi sono allenato soffrendo e prendendo antinfiammatori. Tornavo a casa e passavo 4-5 ore sul divano, non ero in grado neppure di giocare con i miei figli. In estate decisi di operarmi, quella non era la mia vita”.

Avrebbe potuto lasciare prima la Capitale? “Sì, ma mi fu chiesto di rimanere. Dopo il primo anno con Di Francesco la società voleva cedermi. Fonseca stoppò tutto per valutarmi in ritiro e, alla fine, decise di trattenermi. Mi disse che secondo lui ero uno dei più forti in squadra, che avrei fatto la differenza e mi avrebbe riportato al top. Ero entusiasta, però a dicembre mi sono infortunato e non sono riuscito a dargli quello che speravo. Nell’estate 2020 decisi di operarmi per rimettermi in forma, sei mesi dopo ero a disposizione ma la società aveva scelto di tagliarmi. E così l’anno scorso non mi hanno mai dato l’opportunità di mostrare che stavo bene”.

I suoi ex compagni, quest’anno, hanno vinto la Conference League. Ha continuato a seguirli anche dopo il suo trasferimento? “Certo. Sono contentissimo per quello che hanno fatto: nella Capitale ho tanti amici, romani e romanisti, che meritavano di vincere. La Roma è una grande squadra, ha una tifoseria caldissima. E, al contrario di quello che può sembrare da certi commenti sui social, mi sono sempre sentito apprezzato. Per strada, nei negozi, ho sempre ricevuto supporto dalle persone che incontravo”.