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Niente da fare, la Roma non decolla

(di Alessio Nardo) Per settantaquattro minuti abbondanti ha sperato e sognato di volare per la seconda volta consecutiva.

Redazione

(di Alessio Nardo) Per settantaquattro minuti abbondanti ha sperato e sognato di volare per la seconda volta consecutiva. Gliene sono serviti cinque in più per capire che non era aria. La Roma, in pochi attimi, ha vissuto l’ennesimo incubo di una lunga stagione regalando alla concorrenza altri punti preziosi. Come non fosse bastata la rimonta subìta otto giorni fa a Genova, De Rossi e compagni donano la resurrezione improvvisa anche al Parma di Pasquale Marino e si trovano a vivere l’ennesimo day after di un suicidio. E’ una stagione tosta, dura, di quelle che nascono male e finiscono peggio. Ma Vincenzino non intende già mollare, anzi. Il 4° posto è a soli cinque punti, l’obiettivo può esser raggiunto. Bisognerà risolvere i problemi e fare in fretta, perché il tempo non sarà più galantuomo con questa Roma molle, fifona e spaventosamente ‘femmina’ nell’animo.

BLOCCO PSICOLOGICO – Fu il primo argomento trattato dall’Aeroplanino nella sua conferenza stampa inaugurale da allenatore giallorosso. Questa squadra ha e continua ad avere soprattutto problemi psicologici. Non è tosta, non è arcigna, non sa andare oltre la difficoltà del momento. Un’ora e più di gara gestita discretamente può essere gettata al vento in un minuto. Basta un episodio, nella fattispecie l’eurogol di tacco di Amauri, per spedire l’undici romanista all’inferno mentale. Tutti nel pallone, spaesati, impauriti, quasi rassegnati ed impotenti all’idea di consegnare all’avversario la restante posta in palio. Non a caso, il Parma ha impiegato la miseria di cinque minuti per realizzare il 2-2, ancora con Amauri. Roma? Assente ingiustificata, persino in un finale disputato in superiorità numerica senza il briciolo di un tiro in porta. Al triplice fischio di Brighi, lo stadio ha tributato il solito concerto unanime di fischi e sdegno. Atto d’amore, mai d’odio. Atto volto allo spronare, allo stimolare, al rendere più forti dinanzi alle avversità. Ma questa Roma non ne vuol proprio sapere di farsi venire due attributi da squadra vera. Montella, in tal senso, non può certo far miracoli.

ASPETTI ATLETICI E TECNICI – Le idee fin qui adottate da Vincenzino son piaciute e piacciono ancora. La semplicità nello schierare la Roma con il ‘pilota automatico’, ovvero con il 4-2-3-1 conosciuto dai giocatori e agevolmente interpretabile, è buona cosa ma non è la risoluzione di tutti i mali. Alla base, purtroppo, c’è un problema atletico evidentissimo. La squadra, oltre ad esser vittima di crolli mentali, arriva all’ultimo spezzone di gara senza forza nelle gambe. Gli avversari ancora trottano, la Roma rantola. Non a caso il Parma, pur ridotto in dieci, ha avuto le migliori occasioni per vincere sfuggendo in contropiede ad una Roma ferma e imbambolata. Torna alla luce il problema preparazione. Montella sta intensificando gli allenamenti, ma anche qui ci vorrà del tempo prima di rivedere una performance di squadra duratura e valida per novanta minuti. Inoltre va analizzata la situazione di alcuni giocatori. Primo fra tutti, Pizarro. Indispensabile amuleto, visti i risultati. Uscito lui per infortunio, la squadra ha perso l’unica vera fonte di gioco, ritrovandosi a improvvisare calcio come nell’ultima fase dell’era ranieriana. Altre pedine, per svariati motivi, stanno dimostrando di non essere all’altezza. I vari Riise, Taddei, Simplicio, in parte anche Ménez (indolente, incostante e inconcludente) non stanno più dando un contributo accettabile. In una fase delicata come questa, Montella ha bisogno di certezze. Anche a discapito di qualche rinuncia, almeno sulla carta, particolarmente dolorosa.