“Restiamo insieme finché dura, prendi bene la misura”, cantano Colapesce e Di Martino. Senza accento portoghese. Quello lo mettono Mourinho e Tiago Pinto, forse mai così vicini in un destino che galleggia tra attesa, protezione del proprio operato e proseguimento di una stagione senza certezze. Sette mesi mancano alla scadenza dei loro contratti, meno di una gravidanza. Ma nel calcio possono essere una eternità. In cui cambiare idea, in cui maturare scelte che oggi sembrano lontane. Le ultime due interviste di Josè da Setubal e di Tiago da Oporto sembrano messaggi di addio. Entrambi non parlano del rinnovo, entrambi sembrano stilare un bilancio tra finali giocate (vinte o rubate), bilanci messi in regola e una rosa che francamente non riusciamo a capire davvero se sia migliorata oppure no. Questo perché non si capisce cosa ci sia di reale e virtuale nel mondo Roma messo in piedi dai Friedkin. Un metaverso di emozioni che ha imprigionato migliaia di tifosi ansimanti sull’orlo di un fiume che prosegue lento con qualche accelerata a ridosso dei torrenti: l’arrivo di Dybala e Lukaku, le due finali. Poco altro, anche se non è poco.
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Mourinho e Pinto: il Porto a galla. I Friedkin chiariscano il futuro
Ma dove finisce questo fiume? Non lo sanno Mourinho e Pinto, sanno che devono galleggiare tra problemi di rosa (migliorata o no manca sempre qualcosa), impossibilità di investire e incertezze sul futuro. Aspettano, perché questo metaverso gli piace, perché come ha detto Josè “entra nella pelle”. Ma fino a quando? Mou sembra Morgan. Sa di portare un bagaglio di talento ed esperienza inusuale da queste parti, ma anche di non essere supportato nelle battaglie che intraprende. Sa che può saltare, sa che può farsi rimpiangere, sa che non può cambiare la sua natura. Ed è giusto così. Pinto è diverso, quello di ieri all’Olimpico sembrava lo spot per un lavoro futuro. Lui che a poco più di 30 anni si è ritrovato a gestire quasi da solo una squadra così importante come la Roma. Sul come lo ha fatto lasciamo a voi i giudizi. “Água mole, pedra dura, tanto bate até que fura”, recita un famoso detto portoghese. Che poi vuol dire: “Acqua morbida, pietra dura, continua a colpire finché non fa un buco”. Ciò che conta ora però non è il Portogallo che vacilla (ci mettiamo pure Sanches) o che colpisce, è la Roma che verrà. Con o senza bandiere lusitane. I Friedkin devono scegliere, senza improvvisare. E senza aspettare la fine della gravidanza.
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