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Mirante: “Ho detto sì alla Roma in pochi secondi. Questo gruppo è attaccato all’ambiente”

LaPresse

Le parole del portiere giallorosso dal ritiro di San Diego: "Potevo arrivare già nella scorsa sessione di mercato. Arrivare in un club con questo blasone è un grande stimolo"

Redazione

La Roma è al lavoro negli States per la seconda parte della preparazione estiva. Durante il primo giorno di allenamenti a San Diego, il portiere giallorosso Antonio Mirante ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Roma TV. Ecco le sue parole:

Il fatto di avere un allenatore nuovo, un ambiente nuovo, un blasone diverso, ovviamente mi dà uno stimolo maggiore e, vista soprattutto la mia età, mi impone di farlo con la massima dedizione. Cerco di affrontare questa esperienza con la massima tranquillità e con un approccio giovane, perché comunque me lo impone il mio ruolo e l’importanza della società in cui sono. Ovviamente devo fare i conti con la mia età, ma credo che per quello che è il mio ruolo 35 anni sono un'età abbastanza buona per continuare a pensare di essere nel pieno della carriera”.

Nel momento in cui le hanno prospettato la possibilità di venire a Roma, che ha detto? Ha detto subito di sì oppure magari ci ha pensato un po'?

Ho pensato a quali potevano essere i pro e i contro, e dopo pochi secondi i pro erano nettamente superiori ai contro, indipendentemente dal mio ruolo, da quello che farò qua e anche perché comunque era una cosa che volevo. Questa è una cosa che sarebbe potuta succedere nella sessione di mercato precedente, e comunque sia è una cosa che mi ha soddisfatto subito e che ho spinto affinché andasse a buon fine.

Mi fa una scheda tecnica di Antonio Mirante? Che portiere è? Quali sono i suoi pregi e difetti?

Sicuramente non sono un portiere molto appariscente, sono un portiere essenziale. Credo di avere delle buone caratteristiche fisiche nonostante i miei anni, come dicevo prima. Ma cerco di mantenermi bene perché credo che col calcio di oggi il portiere debba essere un atleta completo, forse il migliore della squadra. Per questo credo che la cura dei dettagli sia fondamentale. Difetti? Con Savorani ne sto scoprendo più di quelli che pensavo di avere! (ride, ndr) Però mi piace, perché non sono un ragazzo e un portiere permaloso, e questo secondo me è un vantaggio quando ti approcci con un preparatore diverso. Magari ti fa scoprire anche che fino ad adesso avevi dei punti di vista che erano sbagliati, e farlo alla mia età a volte può un po' infastidire. Invece devo dire che l’approccio che mi dà lui su queste cose non me la fa pesare e mi fa aprire a nuove cose.

È buffo perché l’allenamento dei ragazzi in campo varia a seconda di quello che decide mister Di Francesco, mentre per voi portieri non cambia mai. Siete sempre oltre le due ore di allenamento, sembra un po' il massacro di Fort Apache. Ma è così duro e tiranno Savorani? È vera questa cosa?

È un allenatore esigente che, come ho detto prima, cura tanto i particolari e quindi vuole che si perfezioni quello su cui va a lavorare. Ci possono volere 2 ore, magari 3, ma è giusto che lui ci lavori tanto sopra, soprattutto all’inizio dove devi inculcare dei concetti ben precisi che poi ti andrai a portare dietro per tutto l'anno. È un allenatore che cura tanto la tecnica, ed è per questo che noi lavoriamo tanto sul campo. Bisogna adattarsi, ma se capisci che può avere tanti benefici sicuramente lo fai con un approccio diverso.

La figura del portiere negli ultimi anni è cambiata. Prima era un po' matto e aveva un carattere un po' particolare, invece lei rientra già in un'immagine nuova di portieri più quadrati, più 'normali'. C'è stata anche un'evoluzione nel gioco, perché vi si chiede tanta partecipazione, soprattutto con i piedi. Molto spesso il portiere diventa quasi un regista difensivo. Come ha vissuto questo passaggio generazionale?

Sì, inizialmente c’era questa convinzione che per fare il portiere dovevi essere matto, ma credo che la pazzia sia nello scegliere questo ruolo, perché comunque ti porta a fare tante cose che sono comunque diverse rispetto al resto della squadra. La pazzia è magari affrontare tante situazioni con coraggio, che magari uno che fa un altro ruolo non farebbe, ma fa parte del carattere di una persona e di come vivi fuori dal campo. Io penso di essere una persona abbastanza serena, equilibrata, e questo credo che aiuti. Ovviamente si compensa anche col fatto che ho un po' di esperienza alle spalle, questo mi fa assopire meglio quei momenti in cui quella pazzia dovrebbe venir fuori, invece magari qualche respiro in più lo faccio. L’evoluzione del portiere? I portieri della mia generazione giocavano molto meno con i piedi, ed è una cosa che va affrontata assolutamente, perché oggi anche da parte degli allenatori c’è l'esigenza che il portiere debba essere preparato anche a livello tattico e tecnico. Tanti vogliono che la palla si giochi da dietro e si giochi in un certo modo, soprattutto nel nostro caso. Quindi c’è da allenarsi e da mettersi al pari con i tuoi compagni di squadra, perché una palla data bene può veramente significare tanto.

La Roma è una società un po' atipica, perché ha il direttore sportivo che è un ex portiere, stessa cosa il team manager, che ha giocato fino a poco tempo fa. È un aiuto, magari anche per quanto riguarda l'inserimento?

Il portiere si sente sotto osservazione sempre! (ride, ndr) Sicuramente c’è anche un modo di confrontarsi, credo che il confronto sia un grande allenamento. Il fatto di avere in società tante persone che hanno fatto il mio ruolo può essere un vantaggio. Sono persone che comunque non sono invadenti, rispettano ognuno il proprio ruolo, però secondo me possono anche essere un valore aggiunto sotto questo punto di vista, quindi ben venga.

Più o meno ogni squadra si vanta un po' della bellezza del proprio gruppo. Ovviamente anche noi a Roma abbiamo un po' la presunzione di avere un gruppo un po' particolare, sui generis. Normalmente quelli che arrivano da fuori dicono che hanno avuto un facile inserimento perché sono molto bravi a far sentire a casa propria anche i nuovi. Me lo può confermare? È così importante questo gruppo?

Sicuramente è così attaccato a quello che è l’ambiente, in questo gruppo ti inserisci facilmente perché quelli che sono qua da più tempo ti fanno subito capire e vedere quanto ci tengono a quest'ambiente e quanto stiano bene qua. Questo è significativo. L’attaccamento è una cosa che sicuramente giova a tutti, e si vede anche in campo, perché tu puoi stare bene in un posto e puoi stare bene in una città, ma se non vuoi bene alla tua società non vai tanto avanti. Qua invece c’è quella spina dorsale che è fondamentale e che ci tiene tanto a questa società e al posto in cui dov’è, che sicuramente dà beneficio a tutti e a tutto.

Siccome da bambini si è sempre detto che il portiere era quello che sapeva giocare di meno e che quindi veniva messo in porta, a un bambino che sente la vocazione e che sceglie di fare il portiere, che consiglio può dare?

Di provare prima a giocare fuori e poi dopo vedere se magari può fare altro. Sicuramente il consiglio che do ad un ragazzo che vuole approcciarsi a questo ruolo è quello di prepararsi al sacrificio, e di prepararsi a dedicarsi alla propria professione al 100% e di dedicargli tanto tempo, perché è un ruolo in cui tutti i dettagli sono fondamentali, non va lasciato nulla al caso, quindi sicuramente è importante voler bene al proprio ruolo.