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Manfredonia: “Ho sbagliato a venire alla Roma, è un ricordo doloroso”

L'ex difensore ha raccontato il rimpianto di aver vestito la maglia giallorossa dopo quella della Lazio: "Non ho rispettato il sentimento popolare, la curva era spaccata"

Redazione

Nella storia di Lazio e Roma non sono molti i calciatori che hanno vestito entrambe le maglie, l'ultimo dei quali è stato Aleksandar Kolarov, ora all'Inter. Tra questi c'è anche Lionello Manfredonia, ex difensore anche della Juventus, che ha ripercorso la sua carriera. Tra i suoi rimpianti c'è proprio la scelta di arrivare in giallorosso: "Stavo benissimo a Torino, avevo fatto un grandissimo campionato, purtroppo non mi misi d'accordo con Boniperti per il nuovo contratto. Volevo tornare a casa, a Roma, ho accettato l'offerta dei giallorossi e ho sbagliato. Si spaccò addirittura la Curva Sud. Sicuramente ho un ricordo doloroso", racconta Manfredonia - che ha cominciato la sua carriera con la Lazio - ai microfoni di 'Rai Radio 2'.

"Io pensavo - continua l'ex difensore classe '56 - che essendo un professionista le cose andassero bene, il tifo invece ha avuto una reazione negativa, si è scissa la curva, anche se poi le cose sono migliorate. Era difficile vivere la città, ho scontentato entrambe le tifoserie e di questo me ne pento, i laziali ce l'avevano con me e i tifosi della Roma anche. Non ho rispettato il sentimento popolare e me ne pento. Ma il professionista deve giocare dove viene chiamato. Sotto casa non mi hanno mai aspettato, mi contestavano agli allenamenti, sia quando si vinceva che quando si perdeva. Una volta feci gol all'Inter e non andai sotto la curva per esultare, mi avevano detto di che non sarei dovuto andare sotto la curva. A Torino c'è un approccio diverso al calcio. Se perdevamo una partita alla Roma o alla Lazio avevamo i tifosi che ci tiravano le pietre, a Torino c'era solo un gruppo di pensionati che guardavano gli allenamenti".

La Lazio?

Era il mio sogno da ragazzino. Giocavo al Don Orione, dall'alto vedevo l'Olimpico e sognavo di esordire in quello stadio, con la Lazio. Ho avuto la fortuna di esordire in A a diciotto anni e in Nazionale a 21 anni, sempre all'Olimpico. Ringrazio Dio per avermi concesso quella fortuna.

La Juventus?

L''avvocato' mi voleva alla Juventus già quando avevo 20 anni, nel 1978, quando feci i Mondiali in Argentina. Io scelsi di restare alla Lazio, a casa, viziato dalla città. Ho preferito rimanere a Roma ma ho sbagliato. Sono arrivato alla Juventus a 28 anni e mi sono tolto la soddisfazione di vincere una Coppa del Mondo e un campionato.

Cosa fai ora?

Vivo a Vicenza e ho aperto un'accademia in cui insegno ai ragazzi la metodologia della tecnica individuale. Ora si lavora molto sulla tattica e poco sulla tecnica, prima erano apprezzati i giocatori abili nell'uno contro uno, ora invece si fa molto poco nei settori giovanili. I ragazzini devono tornare a imparare il gesto tecnico in maniera ripetuta, si fanno giochi collettivi a discapito della tecnica individuale.

Il malore in campo

Ho avuto un arresto cardiaco, dovuto forse alla temperatura molto fredda di quella giornata, e allo stress che avevo dentro. Era morta mia madre da poco, si giocava Bologna-Roma. Ho esordito contro il Bologna all'Olimpico con la Lazio e ho finito a Bologna con la maglia della Roma. Ho somatizzato la morte di mia madre, troppo. Per me fu una tragedia inaspettata. Ma dopo ho fatto tutti gli esami e non è emerso nulla. Ero perfettamente sano. Ho avuto uno svenimento, sono stato giorni in coma in ospedale, quando mi sono risvegliato la mia vita era cambiata completamente. Poi mi sono creato un'altra professione.

Il calcioscommesse

Secondo me la pena è stata eccessiva, siamo stati tre anni squalificati, io e Giordano, che eravamo inseparabili, potevamo avere una condanna per omessa denuncia. Non ci andava di denunciare certe persone, frequentavamo questo locale, era un ristorante, abbiamo commesso questo errore di superficialità. Ma partite in cui non ci siamo impegnati non ci sono state. Il mio rapporto con Bruno? Eravamo fratelli, io venivo da Don Orione, lui da Trastevere, ci incontrammo alla Lazio da ragazzini e da lì abbiamo giocato sempre insieme, esordendo insieme anche in Nazionale. Siamo tutt'ora in ottimi rapporti.

Sulla sudditanza psicologica degli arbitri

Se cambia qualcosa quando giochi con la maglia della Juve? Secondo me no. Quando andai alla Juve il primo anno pensavo che gli arbitri non mi avrebbero mai ammonito, invece saltai otto partite per somma di ammonizioni. La casacca che indossi non c'entra niente, gli arbitri cercano sempre di essere equilibrati.